TERRORE IN AFGHANISTAN: L’AVANZATA DEI TALEBANI NON SI ARRESTA

Corsa contro il tempo per mettere in salvo i collaboratori Nato: “Più passa il tempo e più siamo a rischio di venire sgozzati”

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L’avanzata talebana in Afghanistan continua a far paura. In 31 province su 34 - escluse Kabul, la valle del Panjsher (roccaforte degli anti talebani) e la provincia di Nangarhar - è stato disposto il coprifuoco dalle 22 alle 4 per tentare di arginarla. Sono sempre più numerose le città espugnate e le vie di comunicazione bloccate, tanto da rendere difficile la messa in salvo dei collaboratori Nato. “Più passa il tempo e più siamo a rischio di venire sgozzati come collaborazionisti degli infedeli” hanno comunicato via WhatsApp al Giornale.

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Siamo terrorizzati, come il resto della popolazione. Se il governo italiano non accelera l’evacuazione di noi interpreti rimasti in Afghanistan, i talebani potrebbero entrare a Herat e il nostro destino sarebbe terribile” ha fatto sapere Mohammad Ali Safdari, portavoce di un gruppo di 58 ex interpreti al servizio delle truppe italiane. Colpita dalla disperazione di questi lavoratori, a dare l’allerta è stata l’ex ministro della Difesa Elisabetta Trenta, oggi esponente del partito Italia dei valori: “Lancio un appello a tutte le forze politiche perché si impegnino a velocizzare le procedure d’accoglienza. Coloro che restano nel paese dopo aver lavorato con le forze straniere subiscono e subiranno persecuzioni e vendette”.

Il generale Giorgio Battisti, che non presta più servizio ma conosce bene il territorio afghano, ha dichiarato con apprensione: “L’apparente inarrestabile avanzata dei talebani rende sempre più difficile per i nostri collaboratori e relativi nuclei familiari, poter raggiungere i punti di raccolta per la successiva evacuazione in Italia. Il fattore tempo costituisce l’elemento decisivo per organizzare le operazioni di recupero dei rimanenti collaboratori ed evitare che possano essere vittime di vendette degli insorti, come sta già avvenendo in questi giorni”.

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I prossimi aerei per l’evacuazione partiranno da Herat, diametralmente opposta in linea d’aria rispetto alla capitale Kabul. È una corsa contro il tempo, poiché i talebani potrebbero bloccare l’aeroporto. D’altro canto, i collaboratori - accompagnati dalle loro famiglie - non possono far altro che aspettare. Spostarsi via terra sarebbe troppo rischioso: per le strade imperversano proteste e scontri.

Anna Maria Stanca

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