TORINO E MILANO LE CITTÀ ITALIANE PIÙ INQUINATE
Grandi metropoli, ma non solo: la situazione italiana è critica, secondo il report di Legambiente

Le città italiane, a causa dell’inquinamento atmosferico, non godono di buona salute. E, con le nuove norme europee più stringenti, in vigore dal 2030, la situazione sarà ancora più critica, stimando che allora, se non saranno intraprese azioni mirate, quasi tre città su quattro saranno fuori legge. Non si tratta di meri numeri, quelli che emergono dall’ultimo rapporto di Legambiente denominato “Mal’Aria di città. Cambio di passo cercasi”, ma di fatti che si ripercuotono sulla salute umana. “L’inquinamento atmosferico non è solo un problema ambientale, ma anche un problema sanitario di grande importanza. In Europa è la prima causa di morte prematura e l’Italia registra un triste primato con più di 52mila decessi all’anno da PM2.5, il 20% di quelli registrati in tutto il continente”, ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente di Legambiente.
Il parametro da tenere in considerazione, per le misurazioni in tema ambientale, è infatti il particolato, o PM, ovvero una gamma di particelle di polvere, sporco e liquidi, che rimangono sospese nell’aria. Alcune di queste sono abbastanza grandi da poter essere viste, come fumo, smog o fuliggine, ma quelle più dannose sono le particelle più piccole e invisibili. Queste infatti possono penetrare nei polmoni e anche nel flusso sanguigno. In altre parole, più l’aria è sana e minore è il contenuto di PM (Cit. www.airthings.com).
“Le città italiane dovranno lavorare duramente per adeguarsi ai nuovi limiti entro i prossimi sette anni, soprattutto considerando che i trend di riduzione dell’inquinamento finora registrati non sono incoraggianti”, ha spiegato Andrea Minutolo, responsabile scientifico di Legambiente. Attualmente, in media, in Italia la percentuale di riduzione delle concentrazioni è pari al 2% per il PM10 e il 3% per l’NO2. Procedendo di questo passo, le città più critiche raggiungeranno i livelli previsti non nel 2030, ma nel 2040, con ben 10 anni di ritardo, cosa che non ci possiamo permettere. “Città come Modena, Treviso, Vercelli potrebbero metterci oltre 30 anni. Anche per l’NO2 la situazione è analoga e, ad esempio, la città di Catania potrebbe impiegare più di 40 anni”, si legge nel report.
Quest’ultimo, il biossido di azoto (NO2), è uno degli inquinanti atmosferici maggiormente pericolosi: lo si legge proprio sul sito di InformAmbiente, redatto dal Comune di Torino.
I centri più inquinati non si identificano necessariamente con le grandi metropoli. Rientrano infatti nel triste elenco anche quelli di media-piccola entità, per i quali non ci si aspetterebbero simili risultati. Ecco quindi che, accanto a Torino e Milano, si annoverano Modena, Asti, Padova e Venezia: tutte hanno registrato valori di PM10 oltre il doppio rispetto a quello consentito. Quelle che maggiormente devono rimboccarsi le maniche, per conseguire gli obiettivi del 2030, sono Torino, Milano, ma anche Cremona, Andria ed Alessandria, per quanto attiene il PM10. Monza, Milano, Cremona, Padova, Vicenza, Bergamo, Piacenza, Alessandria, Torino, Como, Brescia, Asti e Mantova per quel che attiene il PM2.5. Milano, Torino, Palermo, Como, Catania, Roma, Monza, Genova e persino Trento e Bolzano, per quanto concerne l’NO2.
Legambiente, ancora un volta, ha messo in atto una campagna informativa itinerante, denominata “Clean Cities Campaign”, condivisa a livello europeo da oltre 70 ONG e associazioni ambientaliste, che dal 1 febbraio al 2 marzo farà tappa in 17 capoluoghi, “per promuovere con forza una mobilità urbana più efficiente, sicura e pulita”. Si parte proprio da Torino, si chiude a Firenze. Lo slogan coniato è “Ci siamo rotti…i polmoni”, trasformato in vera e propria petizione online, con la quale si chiedeno all’attuale governo “risposte urgenti nella lotta allo smog, a partire dagli interventi sulla mobilità e l’uso dello spazio pubblico e della strada” (www.legambiente.it)
Insomma, una strada tutta in salita.
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