TRUMP VUOLE LA ROTTAMAZIONE DEL “ROADLESS RULE”

A rischio la Tongass National Forest, la più grande foresta degli USA

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Nelle ultime settimane abbiamo assistito ai devastanti incendi in Amazzonia, in Africa e Siberia, luoghi che rappresentano difese naturali contro i cambiamenti climatici provocati dall’attività umana. Uno degli ultimi alleati in questa guerra a somma zero si trova negli Stati Uniti d’America. La Tongass National Forest non solo è la più grande foresta degli Stati Uniti – si estende per circa 70mila chilometri quadrati -, ma è anche una delle più vaste, incontaminate e importanti foreste pluviali temperate dell’intero Pianeta. Al suo interno si trovano maestosi alberi secolari, isole, molteplici biomi – compresi fiordi glaciali – e una biodiversità ricchissima, caratterizzata anche da specie endemiche e minacciate di estinzione. Grazie alla sua estensione la Tongass National Forest è considerata uno dei pilastri contro i cambiamenti climatici, grazie alla capacità di assorbire enormi quantitativi di anidride carbonica (CO2), il più diffuso dei gas serra prodotto dalle attività umane e principale catalizzatore del riscaldamento globale.

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Attraverso il Forest Service, l’Amministrazione Trump sta valutando la rottamazione del Roadless Rule, una delle leggi più importanti per la tutela del territorio statunitense. Varato sotto la presidenza Clinton, non solo vieta la costruzione di strade nella foresta, limitando così i progetti di disboscamento commerciale, ma anche i progetti energetici e minerari, mentre consente solo alcuni progetti stradali approvati dal Forest Service. A rottamare questa legge ci hanno provato in molti, compreso l’ex presidente repubblicano George W. Bush, ma senza successo. Ora il governatore repubblicano dell’Alaska, Mike Dunleavy, e la senatrice repubblicana Lisa Murkowski hanno chiesto a Trump di esentare lo Stato dal rispetto del Roadless Rule. Secondo la Murkowski, «Non avrebbe mai dovuto essere applicata nel nostro Stato e sta danneggiando la nostra capacità di sviluppare un’economia sostenibile per tutto l’anno per la regione sud-orientale». Nell’ultimo periodo dell’Amministrazione di Barack Obama, il segretario all’Agricoltura Tom Vilsack aveva pianificato di eliminare gradualmente il disboscamento degli alberi secolari nel Tongass; per di più, nel 2016 il Congresso ha stabilito un massimo di 568.000 acri per lo sfruttamento commerciale delle risorse, imponendo poi il divieto assoluto di disboscamento per ben 5,7 milioni di acri. Con l’arrivo di Trump alla Casa Bianca il Forest Service ha cestinato quella decisione e ha approvato piani per il più grande progetto di disboscamento da decenni. In base a quanto riportato dal Washington Post e dalla CNN il 27 agosto Donald Trump avrebbe dato mandato al segretario dell’agricoltura Sonny Perdue di far ripartire le concessioni – e dunque il disboscamento – nella Tongass National Forest che si estende per 16,7 milioni di acri. Più di metà della foresta potrebbe essere interessata dal progetto del 45esimo presidente degli Stati Uniti, che vorrebbe avere accesso a 9,5 milioni di acri. Da decenni la Women’s Earth and Climate Action Network (Wecan) ed Earthjustice lottano per impedire il disboscamento di questa antica foresta e ora quella lotta sta assumendo un’importanza globale.

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Il 7 maggio di quest’anno gli avvocati di Earthjustice Alaska hanno presentato una causa contro la potentissima industria del legname, accusando il National Service di violare il National Environmental Policy Act e di non rispettare il piano di gestione dell’agenzia per il Tongass. Si pensa che nel Tongass siano stoccati centinaia di milioni, forse oltre un miliardo, di tonnellate di carbonio e Dominick DellaSala del Geos Institute, fa un semplice esempio della sua importanza nella lotta ai cambiamenti climatici: «Se abbracci un grande albero, stai in realtà abbracciando un grosso bastone di carbonio che ha assorbito e immagazzinato carbonio per secoli» aggiungendo che «il Togass è il campione nazionale, dato che stocca l’8% di tutto il carbonio immagazzinato nelle foreste degli Stati Uniti. Abbattere i vecchi alberi trasforma le antiche foreste in emettitori di carbonio». DellaSala è autore di un rapporto che analizza un piano del Forest Service per dare licenze di abbattimento di 43.000 acri dell’antica foresta di Tongass e quasi 262.000 acri di quella più giovane e ha dimostrato che questo avrebbe lo stesso effetto che far circolare per le strade dell’Alaska altri 4 milioni di veicoli per un secolo di fila. E i nuovi alberi che ricrescono non sono di grande aiuto a breve termine: possono essere necessari più di 200 anni perché le foreste rigenerate stocchino la stessa quantità di carbonio delle emissioni prodotte dal disboscamento.

Lorenzo Pisicoli

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