UNA CASA DI PAZZI IN SCENA A ROMA
Intervista esclusiva a Enzo Casertano

Al Teatro Manzoni di Roma, fino al 13 giugno “Una casa di pazzi” scritto e diretto da Roberto D’Alessandro con Maria Cristina Gionta (Maria Alberta), Enzo Casertano (Attanasio), Maria Lauria (Gina) e Roberto D’Alessandro (Remigio).
Una commedia molto divertente ma allo stesso tempo con molti risvolti amari. Cosa succede se in un appartamento convive una coppia e il fratello di lui che è un malato di mente? La coppia scoppia? Il tema è difficile e chissà quante famiglie hanno vissuto lo stesso dramma quando nel 1978 Basaglia fece la legge 180 che chiuse definitivamente i manicomi ma non furono create strutture apposite per ospitare i malati e farli seguire da personale specializzato. L’incombenza passò sulle famiglie dei pazienti.
In una casa di pazzi ricade tutto sul fratello di Remigio, Attanasio che un po’ per affetto e un po’ per sensi di colpa cerca di occuparsene ma con molte difficoltà e mettendo a repentaglio il rapporto di coppia. Come finirà? Vi invito a vedere lo spettacolo perchè tratta un tema importante senza appesantirlo. Gli attori sono bravissimi ed una regia curata e attenta fa il resto.
Chi è Attanasio?
E’ un uomo che appartiene ad una borghesia decaduta quando iniziò la crisi economica nel 2008. L’autore Roberto d’Alessandro ha scritto questa commedia otto anni fa e fu rappresentata al Teatro dei Servi. E’ molto legato a Remigio il fratello disabile, un po’ per un senso di colpa perché lo ha abbandonato quando si è sposato. Dopo la morte del padre comincia a prendersene cura.
E’ un personaggio che mi piace molto perché ha una grande umanità ma si porta dietro anche una grande amarezza riguardo al rapporto con la moglie Tutti abbiamo vissuto separazioni, innamoramenti e quant’altro. Mi è sempre piaciuto trasportare questo grande calore al pubblico che spero arrivi.
Certo che arriva ma c’è un duello tra umanità e fragilità! Cosa prevale?
Mi assomiglia molto perché la fragilità va di pari passo con l’umanità. E’ molto empatico con le persone. Spendendosi spesso per gli altri spesso si trova in difficoltà a dover conciliare invece di lasciar perdere.Le fragilità si accumulano perché una persona che si dedica molto agli altri dimentica i suoi problemi.
Il triangolo no, non l’avevo considerato! Chi è il terzo incomodo?
Il titolo di questa commedia all’inizio avrebbe dovuto essere “Un grande amore”. Era ambivalente perché poteva riferirsi o alla moglie o al fratello. In questo caso per il pubblico, il terzo incomodo è Remigio, nella storia d’amore tra Attanasio e la moglie.
Inconsapevolmente e non perché lo faccia di proposito!
Non si rende conto perché lui vuole stare con me in quanto membro della famiglia e mia moglie invece lo vede come un terzo incomodo che ci impedisce di vivere la vita di coppia.Di fatto siamo noi a turbare la vita di Remigio perché alla morte di mio padre andiamo a vivere a casa sua per accudirlo.Lei è considerata un’intrusa. Per altri il terzo incomodo potrebbe essere mia moglie.
Una bellissima battuta è “la faceva facile Basaglia” che giustamente chiuse i manicomi ma lasciò la patata bollente alle famiglie! Il testo è molto attinente alla realtà.
Come spesso succede in Italia, si fanno le leggi ma non vengono prese le contromisure. L’autore voleva raccontare le difficoltà di una famiglia che si ritrova un malato psichico in casa e non sanno come gestirlo a livello medico. I fatti di cronaca raccontano di violenze domestiche,difficoltà se i genitori sono anziani. Altre famiglie che li lasciano per strada, pensiamo ai tanti clochard a Roma che provengono da queste situazioni. Si stima che siano il 70%.Purtroppo non sono mai state create delle strutture atte ad ospitarli.
Nella storia ci sono anche tua moglie Maria Alberta e la vicina di casa che è innamorata di te. Secondo te sono tutti martiri o qualcuno si salva?
Il personaggio più limpido ed ottimista è la vicina di casa che appartiene ad un altro ceto sociale, ha altre aspettative. Attanasio ha molti debiti, la moglie lo vuole lasciare, deve occuparsi del fratello. Ha un’escalation di guai che portano a sfociare in qualcosa.
In scena c’è un quadro di San Sebastiano che un po’ rappresenta il vostro martirio!
Un po’ rappresenta Attanasio e le frecce rappresentano gli altri personaggi che tentano di colpirlo da vari lati. Sul finale Attanasio, rivolgendosi alla moglie dice”intorno a me vedo solo macerie, non riesco ad immaginare la vita senza di te”. Ha raggiunto il punto estremo e le chiede “Che cosa devo fare? Non ce la faccio più”!Il bilanciamento poteva essere anche un po’ più fluido come i siparietti che ha Gina quando accudisce Remigio che alleggeriscono un po’ lo spettacolo! Alcune cose sono state limate mentre nella prima edizione c’era più comicità, in questa c’è molto più equilibrio. Il finale era molto diverso e lo abbiamo edulcorato.
Com’è stato dopo tanto tempo tornare a teatro?
E’ stato molto emozionante sentire l’applauso quando siamo entrati in scena. I teatri chiusi ci hanno portato non solo difficoltà economica ma soprattutto psicologica.
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