UNA MANO SUL COLLO
Pillole di vita

Ciascuna storia merita di essere raccontata con la voce di chi l’ha vissuta.
Riceviamo e ben volentieri pubblichiamo lo scritto di una nostra lettrice, Alessandra SABATI di Ancona (Regione Marche), che arricchisce questa nostra rubrica "Pillole di Vita", di cui ciascun lettore potrà farsi protagonista raccontando l’aneddoto più significativo della propria vita.
UNA MANO SUL COLLO
Siamo negli anni 90. La mia vita da ribelle in tutto e per tutto mi aveva condotto, per amore, a vivere ad Asolo, un paesino in provicia di Treviso di circa novemila abitanti che fa parte del club dei borghi più belli d’Italia. Celebrato dal Carducci che lo denomino’ “la città dei cento orizzonti” e cara anche ad Eleonora Duse, che lì aveva una casa, detta “casa dell’Arco”
Asolo (foto dal Web)
Vivevo felice. Amavo questo paesino ed ho ancora tanti ricordi di oggetti e vestiti comprati al mercatino dell’antiquariato che era davvero interessante. inoltre seguivo il mio fidanzato nel suo lavoro di architetto e ne ero veramente entusiasta.
Un giorno ricevetti una triste telefonata: mio padre non stava bene ed era ricoverato all’ospedale Forlanini di Roma. Feci velocemente la valigia e corsi a Roma. Apena arrivata, chiamai una mia carissima amica, Laura, e le chiesi se l’indomani avrebbe potuto accompagnarmi. Lei accettò.
La mattina successiva, mentre mi preparavo per uscire, o meglio allacciavo al collo la mia catenina d’oro, molto bella e molto pesante, ereditata da mia nonna, mia madre mi consigliò di non metterla, perchè era pericoloso in una città come Roma girare con oggetti d’oro bene in vista..ecc. ecc. (era estate)
Ospedale Forlanini , Roma
Sorrisi e pensai che mia madre stesse invecchiando , oppure era in un momento di depressione…
Arrivammo nei pressi del Forlanini, trovammo subito un parcheggio, e una volta scese dalla macchina, iniziammo a camminare fianco a fianco parlando del più e del meno e dirigendoci verso l’ingresso principale dell’ospedale.
Improvvisamente sentii una mano sul mio collo e contemporaneamente una stretta così forte da rischiare uno svenimento: non riuscivo a parlare, le forze mi stavano abbandonando, lui, il maleintenzionato, continuava a tirare, ma la catenina non si spezzava. Avrei voluto dirgli: aspetta un attimo, te la regalo questa catenina…
Nel frattempo Laura all’oscuro di tutto, aveva fatto diversi passi avanti, ma quando si voltò e vide questo tizio con le mani sul mio collo, restò paralizzata, ferma, muta, dire scioccata è dire poco. In compenso mi trovai circondata da gente che mi abbracciava, che mi diceva che ero stata fortunava, che “poteva andarmi peggio”.
Al Commissariato: Lei riconoscerebbe il soggetto? Si sicuramente: durante “l’operazione” la mia testa era girata verso di lui… Allora se riusciremo a prenderlo la chiameremo per il riconoscimento. La catenina può dimenticarla, ovviamente!
Andare a riconoscerlo? Per carità! Mai e poi MAI!
Alessandra SABATI di Ancona (Regione Marche)
Lascia un commento
NB: I commenti vengono approvati dalla redazione e in seguito pubblicati sul giornale, la tua email non verrà pubblicata.