UNA PREGHIERA PER IL CONGO
L’Angelus domenicale di Francesco

"Porteremo San Pietro e celebreremo con tutti i congolesi romani, che sono tanti". Esordisce con queste parole il pontefice, vista la sua impossibilità di recarsi nella Repubblica democratica del Congo. Un viaggio preparato da tempo, rimandato a causa della sua salute precaria. Bergoglio ci ha tenuto a far sentire comunque la sua presenza sul territorio inviando a Kinshasa il Segretario di Stato Parolin.
L’importanza e la centralità di questa terra martoriata da svariati anni sta proprio nel voler rifondare un risveglio delle coscienze. Il cristiano odierno prova una pietà momentanea, non capendo che quella gente sofferente appartiene alla sua stessa famiglia di fede. Il passo da compiere è complicato in primis per la pace, nonché per le precarie condizioni di vita in cui versano queste popolazioni.
Francesco non cerca alibi ed esclama: "Cari fratelli e sorelle, preghiamo per la pace nella vostra terra. Preghiamo affinché i cristiani siano testimoni capaci di superare ogni astio, ogni sentimento di vendetta".
Nessuna missione può nascere se non esiste la comunione. Gesù nel Vangelo è stato chiaro, esaltando la forza dello stare insieme. L’annuncio della buona novella non può passare attraverso una sola persona, bensì deve incontrare il coinvolgimento di una comunità attiva che ruota dalla stessa parte. Ognuno di noi è chiamato a collaborare, mettendo da parte la vanità e ogni sogno di gloria. Questa è l’essenza del cristianesimo, un atto d’amore che ha come comune denominatore la fratellanza. "Andate e annunciate la buona novella", esclamava Gesù.
Un noi che sa di amore, un noi che lo stesso Dio Padre prova quotidianamente con la trinità. A tal proposito, Bergoglio ricorda le origini del cristianesimo: "Più siamo liberi e semplici, piccoli e umili, più lo Spirito Santo guida la missione. Lasciamo spazio allo Spirito Santo, perché Dio non è un campo di battaglia".
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