UNA VITA PER IL PROSSIMO

La testimonianza di Chiara nelle carceri

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Quando si parla di vocazione, spesso ci si focalizza su qualcosa di astratto non percependo la realtà che questa missione chiede ogni giorno ai suoi fedeli. Nella storia della chiesa, si è cercato di definire più volte il concetto di vocazione, collegandolo spesso ad una semplice chiamata del Signore. Questa può essere una definizione semplificata di un concetto così vasto, ma le parole di Giovanni Polo II che definivano il tutto come “dono e mistero” ci aiutano a percepire la vastità di questo dono prezioso. Per prima cosa, tutti noi, in quanto fedeli, siamo chiamati a testimoniare la buona novella. Per fare questo non occorre essere dei sacerdoti o dei religiosi, basta vivere la vita di ogni giorno a immagine e somiglianza di Dio. Ecco perché la chiesa è festante ogni volta che dei propri figli decidano di dedicare tutta la propria vita al cospetto del Signore. Non è una scelta di sacrificio o di privazioni, come l’era contemporanea spesso ci ha abituati a etichettarla, ma è una gioia contagiosa che irradia tutto il mondo.

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Sono ben cinque le donne che entreranno a far parte dell’Ordo Virginum della diocesi di Roma. Tra queste c’è Chiara D’Onofrio che ha fatto della misericordia il suo inno alla vita. Le sue parole e il suo senso di appartenenza al prossimo sono una testimonianza reale della chiesa in uscita tanto invocata da Francesco. Chiara è una ragazza come tante, che nel 2010 ha vissuto la drammatica esperienza del terremoto di Haiti. In quel contesto difficile e desolante ha avuto un’esperienza nei frati minori ed è proprio lì che ha conosciuto due ragazze detenute, imparando cosa vuol dire realmente accogliere il fratello in difficoltà. In quel preciso momento ha deciso di voler dedicare la sua vita a queste donne in difficoltà, che per svariati motivi hanno avuto esperienze di vita terribili. Il suo desiderio era quello di regalare a queste donne una nuova vita, fatta di sogni e di speranze. Le sue parole stringono il cuore, perché ci fanno percepire la bellezza di Dio: “Chiunque ha vissuto a pieno la misericordia di Dio non può tenerla per sé e in carcere c’è tanta gente che non sa di essere amata dal Signore e dai fratelli”. Pertanto, questa storia, che può sembrare fuori dal mondo soprattutto in base al contesto in cui viviamo, ci mostra un Dio visibile attraverso la vita di semplici uomini.

Giuseppe Capano

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