UNGHERIA

Le mummie con la tubercolosi

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Il tempo non è mai avaro, il futuro resta un’incognita mentre il passato ci ha abituati a salti sorprendenti. È così che nel 1994, in un paesino nell’ansa del Danubio, più precisamente a Vàc, è stata fatta una scoperte sensazionale, sconosciuta tutt’oggi ai più.

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Alcuni operai intenti nei lavori di ristrutturazione di una chiesa domenicana, si accorgono per un caso fortuito di un passaggio segreto che era stato murato. Tale passaggio conduceva, attraverso dei gradini, ad una cripta ricca di bare colorate e finemente decorate poste una sull’altra. La curiosità portò i restauratori a sbirciare il contenuto dei sarcofagi, ebbene lo stupore ha superato ogni aspettativa, sono state rinvenute ben 265 mummie. Le condizioni climatiche, quali il buio, la bassa umidità e la temperatura stabile sugli 8-11° dei corpi sepolti dal 1731, ha permesso una mummificazione spontanea all’interno delle casse; infatti, il pino ha assorbito i liquidi corporei assieme alle sue sostanze antifungine ed antibatteriche, contribuendo in maniera determinante alla conservazione naturale dei resti umani. Il fatto più curioso è però la precisa identificazione dei morti, o almeno della maggior parte di essi, grazie alle iscrizioni sulle bare e ad una ricca documentazione rinvenuta nella chiesa. Così sappiamo nomi, date di nascita, mestieri, incarichi ricoperti e perfino alcuni episodi riguardanti la loro vita. Una suora senza cuore. Un sarto in cappa celeste e calzini di lana. La famiglia Orlovits: Mihály, mugnaio di mestiere, la moglie Veronika e il figlio di un anno, che hanno viaggiato insieme a Los Angeles per farsi una tac.

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In particolare riportiamo l’aneddoto che riguarda la monaca, senza cuore, in foto. Lei non era originaria di Vàc, ma era morta lì per cause naturali e siccome, a quei tempi non era possibile il trasferimento della salma per lunghe distanze, esaudendo un suo desiderio, le hanno prelevato il cuore e sepolto nella sua terra di origine. Le mummie, purtroppo non riposano in pace, anzi vagabondano da una parte all’altra dell’Ungheria per mostre e per eventi in tutto il mondo o vengono analizzate per scopi scientifici. Infatti, grazie ad un’analisi del DNA dei batteri TBC è stato possibile effettuare uno studio sulla popolazione, in questo caso borghese, affetta per la maggior parte dalla tubercolosi. È stato interessante studiare il sistema immunitario prima dell’avvento degli antibiotici. Le due mummie meglio conservate appartengono rispettivamente ad una madre di 38 anni e suo figlio di appena un anno. La morte dei due è imputabile appunto alla tubercolosi, una malattia che all’epoca era piuttosto diffusa e assolutamente mortale. I due non presentavano nessun particolare tipo di cura, prova evidente del fatto che una volta contratta la malattia non esiste cura e la fine era inevitabile. La tubercolosi è una malattia infettiva che solitamente attacca i polmoni. Si trasmette attraverso goccioline di saliva emesse tossendo. Il processo di autopsia effettuato su ogni mummia, è stato portato avanti senza intaccare i corpi, grazie a moderne tecnologie che consentono di analizzare le mummie senza dover intervenire chirurgicamente.

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Mummie di madre e figlio

Grazie alle tecniche della metagenomica, che consentono di disporre progressivamente e parallelamente il Dna di più organismi presenti nello stesso campione biologico, i ricercatori sono riusciti a ricomporre 14 genomi appartenenti ad antichi batteri della tubercolosi. ’’L’analisi microbiologica dei campioni estratti dai pazienti ai giorni nostri - spiega il coordinatore dello studio Mark Pallen - dimostra la presenza di un solo ceppo batterico in ciascun malato. Al contrario, cinque degli otto corpi che abbiamo analizzato nel nostro studio erano stati contagiati da più batteri: in un individuo abbiamo isolato addirittura tre ceppi differenti’’. Le analisi sulle mummie hanno rivelato anche il caso drammatico di una madre di mezza età morta per tubercolosi insieme alla figlia ormai adulta: entrambe sono risultate infette dagli stessi due ceppi batterici. Questa, spiegano i ricercatori, è la prima volta che viene documentato un legame tra due antichi casi di infezione da tubercolosi. Attualmente le mummie sono ospitate in una cantina che sebbene sia antica e suggestiva risulta insufficiente per capacità espositiva, infatti, solo tre sono visitabili. Le mummie, dunque aspettano una sala d’esposizione degna del loro valore.

Francesca Coppola

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