UVA PANE DI SAN VITO - Percorsi Di-Vini

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cms_30587/1.jpgOrmai è chiaro, il nostro Paese è un insieme di storia antica, moderna, unica, appassionata, elegante ed a tratti goliardica.

Non esiste un termine per evidenziare l’immensità delle trame che di secolo in secolo hanno scritto il nostro territorio, pertanto capita soventemente di andare a visitare luoghi tracciati dalla geografia del tempo, borghi in cui si respira un’aria diversa ed in cui si percepisce quella piacevole sensazione di essere fuori dal tempo stesso.

Lontano dalle grandi città e dalle mete turistiche si presenta a noi un panorama etereo quasi estinto, ed è un qualcosa che ci entra dentro immediatamente e ci riporta a momenti lontani popolati da cortigiane e da principi.

Ci ricorda un piacevole tempo perduto un manufatto, un affresco, una statua, qualcosa che per secoli è rimasto li quasi ad indicarci la via.

cms_30587/2v.jpgEd è l’esperienza che ho meravigliosamente vissuto nell’andare a visitare il piccolo comune di Sambuci nella valle del Giovenzano, sulla direttrice che dall’autostrada A24, uscita Vicovaro Mandela, porta al più rinomato paese di Subiaco, conosciuto per i monasteri di San Benedetto, Santa Scolastica ed il convento di San Francesco.

Un comune composto da circa 800 anime il cui nome sembra abbia preso origine dalla pianta del sambuco. Camminando per la via principale del paese si arriva al castello Theodoli.

Una struttura che mi attende con la sua silenziosa presenza da più di cento anni. Varco l’entrata con un passo misto a curiosità e timore e mi ritrovo in un salto nel tempo. Sì, ripercorrono nei miei pensieri immagini di un tempo lontano. Trovarsi a solcare spazi destinati ad un susseguirsi temporale in cui uomini e donne di potere e non hanno vissuto, mi confonde, ma stimola ancor di più si evidenzia la voglia di scoprire, di conoscere, di sapere.

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Continuo a visitare la struttura passando di sala in sala, cercando in ognuna di immaginare come potesse essere la vita all’interno e pare di sentire voci, sussurri, pensieri. In una sala trovo un piccolo museo con gli arnesi dell’epoca, arnesi per forgiare armi, attrezzi per la vita di tutti i giorni ed in un angolo alcuni oggetti usati per la vinificazione… sì, perché anche qui si coltivava il nettare degli dei. Il vino non poteva e non doveva mancare sulle tavole dei signori, era un elemento fondamentale. Mi confronto con i miei compagni di avventura e vengo attirato da un vitigno che nei loro discorsi del momento è identificato in “Uva Pane di San Vito”. Cerco di non far vedere il mio stupore nell’aver sentito qualcosa che non conosco, affronto l’argomento e scopro che trattasi di un altro nome dato al più conosciuto vitigno “Bellone”, che in queste e nelle zone limitrofe è molto coltivato.

cms_30587/4.jpgL’Uva Pane di San Vito, deve il suo nome alla buccia dell’acino, estremamente delicata e sottile. In realtà vede la sua origine in quel di San Vito Romano, comune adiacente a Sambuci, anch’esso con storia importante sulle spalle. L’Uva Pane di San Vito o Bellone è un vitigno a bacca bianca con un intenso aroma fruttato di pesca e con note agrumate. Al gusto lo troviamo sapido, asciutto e persistente. Si accompagna egregiamente a piatti a base di pesce anche se non disdegna formaggi leggermente stagionati. E’ un vino forte, robusto di buona struttura, così come si è presentato ai miei occhi il castello Theodoli.

Mi accingo ad uscire dallo stesso portone che mi aveva chinato il suo capo per invitarmi ad entrare, con un unico pensiero; procurarmi una buona bottiglia di vino ed assaporare questo lembo di terra al confine del mondo, seduto in una trattoria lontana dagli schemi convenzionali ma che riporta fedelmente ciò che è stato in un tempo lontano da noi.

Buona degustazione.

Carlo Dugo

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