Un’Italia a bassa sostenibilità energetica

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Il problema del cambiamento climatico, che rischia di affliggere la Terra in futuro, non sembra essere stato percepito appieno da tutti i paesi, e l’Italia è uno di questi. A quanto pare, nel nostro Paese sono ridotti al minimo gli interventi per una conversione da combustibili fossili a fonti di energia rinnovabile. A una mancanza di progettualità per migliorare l’attuale situazione, si aggiunge anche uno scarso investimento nel settore dell’energia pulita. Infatti, dati alla mano, negli ultimi tre anni in Italia sono stati stanziati sempre più fondi per impianti e centrali che si occupano di combustibili fossili. Solo nel 2017 si parla di 18 miliardi investiti in questo settore per trivellazioni di petrolio in mare e sulla terraferma e per l’estrazione di carbone. Come se non bastasse, c’è una tendenza del governo italiano a dare man forte a imprese del settore soggette a esenzioni.

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Inoltre, le royalties per le diverse estrazioni sono molto basse rispetto a quelle di altri paesi, per cui è stato richiesto di aumentarle al 30%. Alcune di esse sono addirittura esenti da tassazione, fattore che diminuisce gli introiti per lo stato. Anche il trasporto gode di alte esenzioni da accise, tributi indiretti che influiscono sulla quantità e non sul prezzo del prodotto come invece accade con l’Iva. Sono alti anche i contributi alle centrali elettriche che si occupano del dispacciamento dell’energia (il servizio che si occupa di monitorare l’energia elettrica ed equilibrare il consumo di essa, ndr).

Le associazioni sensibili al problema dei gas serra non hanno mai smesso di lottare contro questi sussidi che continuano a incentivare petrolio e carbone, tentando di proporre valide alternative e prendendo a modello altri paesi europei. Ed è paradossale come l’Italia continui a trascurare questo aspetto. Lo scorso marzo, infatti, non è stato dato particolare rilievo al Piano Energia 2030, un protocollo presentato da ogni paese della comunità europea al fine di porsi degli obiettivi in merito all’efficienza energetica e alle fonti rinnovabili, puntando in particolare su: decarbonizzazione, efficienza energetica, sicurezza energetica, mercato interno dell’energia, ricerca, innovazione e competitività.

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Tornando al Piano Energia stilato dall’Italia e aggiornato a dicembre 2018, si sostiene la volontà di ridurre l’emissione di gas serra entro il 2030, ma ancor di più entro il 2050. Ma purtroppo il passaggio alla sostenibilità è rallentato anche dalla crisi economica; per cui esso andrebbe attuato in maniera oculata, tenendo conto anche del costo delle nuove tecnologie da utilizzare nel settore del rinnovabile, di cui attualmente solo i pannelli fotovoltaici risultano più economici e accessibili a tutti i cittadini.

Inoltre, per quanto riguarda la conversione di stabilimenti atti all’estrazione del petrolio e del carbone in strutture all’avanguardia e sicure per fonti di energia rinnovabile, la difficoltà è maggiore, in quanto bisogna considerare non solo i costi, ma anche l’impatto ambientale che nuovi impianti avrebbero sul territorio. Ma per tutte queste trasformazioni, è richiesto nel Piano stesso un dialogo reciproco tra cittadini e amministrazioni territoriali.

Legambiente ha chiesto una cancellazione dei sussidi per il settore fossile entro il 2025. Gli stessi investimenti potrebbero essere ridistribuiti equamente nell’energia rinnovabile, ma anche in altri settori che necessitano una profonda innovazione, come quello sanitario e universitario, per il trasporto pubblico e la sicurezza sul lavoro.

Francesco Ambrosio

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