Uscire dalla rete dei social per recuperare noi stessi

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Sempre più loquaci, sollecitati da impulsi connettivi, ficcanaso digitali, potenziali haters. La realtà non più tanto parallela rappresentata dai social media, ha trasformato le nostre vite, trascinandole in un vortice informativo, sensazionalistico e comunicativo tale da renderci dei narcisisti deliranti. La vastissima platea degli “imbecilli del villaggio” trasmigrano senza sosta come mandrie in un virtuale reso più confortevole grazie a un anonimato in grado di far germogliare estremismi, bramosie, falsi moralismi, attacchi al potere e discorsi d’odio corroborati da presunzione di verità assoluta. Il rumore di fondo creato da quest’insieme di contrastanti sentimenti e dal profluvio di parole spesso senza costrutto, si basa su assiomi vaneggianti e incontrollati ricchi di una controcultura fondata sull’odio e sul vilipendio altrui.

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Twitter, Facebook e Co. sono frutto e derivano da una rete sviluppatasi forse troppo repentinamente, fuori da schemi di controllo statale, cosa che ne ha reso uno specifico del mezzo, o meglio, della piattaforma, e che ha conseguentemente trasformato i social media in confacenti derive per sfoghi di ogni tipo di sentimento legato alla nostra fragile natura umana. Affinità e divergenze umorali tra utenti possono trasformarsi in amicizia e allo stesso modo in disprezzo senza se e senza ma, solo perché ci imbattiamo in un pensiero diverso dal nostro, dimentichi dell’insegnamento volteriano e di tutto l’insieme teoretico dell’età dei lumi. E quando non siamo impegnati a denigrare qualcuno, passiamo il tempo a scrollare lo schermo del nostro smartphone, partecipando a un’interminabile fiera delle vanità e di pochezza contenutistica fatta da milioni di informazioni presto rese obsolete dalla velocità del mezzo.

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Siamo consumatori di contenuti senza conoscerne a fondo il significato, acceleratori seriali di storie d’amore in un mondo dalle possibilità sentimentali moltiplicate all’infinito, viaggiatori solitari su una stessa piattaforma senza spesso avere niente in comune. Questa serie di considerazioni può lasciar pensare che nel giro di pochi anni gli stessi social media potrebbero lasciare il posto, quando forse saremo stanchi di un gioco di cui conosciamo troppo bene le regole, ad altre tipologie di connettività con ogni oggetto presente attorno a noi; iperconnessi in modalità multipiattaforma non avremo più voglia di comunicare con nessuno, satolli sino all’inverosimile di spazzatura informativa e stanchi di una pressione tecnologica pressoché insostenibile. Il dubbio è se saremo capaci di riconquistare un passato fatto di relazioni vere fuori dall’arena bellicosa dei social. Hate speech, fake news, profilazione a fini pubblicitari, privacy venduta come al mercato, stanno prendendo il sopravvento sullo specifico relazionale del nostro comune sentire di esseri umani sensibili votati naturalmente al prossimo. Il presunto mettere in comune le emozioni per condividerle con la sterminata platea virtuale presente sui social, sta progressivamente perdendo il suo appeal iniziale. Se nessun uomo è un’isola, ognuno di noi deve ritrovare il potere di rappresentazione con il quale riflettersi in ogni altro simile in maniera tale che osservandoci possiamo ritrovare il senso del nostro agire nel mondo.

Andrea Alessandrino

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