VINCENZO FERDINANDI IL DESIGNER DEL TAILLEUR

IL PRIMO ANTICONFORMISTA DELL’HAUTE COUTURE ITALIANA

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Quando, dopo lo stop forzato del fashion system causa coronavirus, ho deciso di ripercorrere la storia della moda italiana e internazionale e dei designers che hanno fatto si che diventasse quello che oggi conosciamo con il nome di fashion system. Ho riaperto i cassetti della mia memoria e dei miei studi per portare all’attenzione di tutte voi personalità, lontane nel tempo, ma che senza il loro lavoro non sarebbero arrivati i designers che tutti conosciamo come, solo per citarne alcuni, Gianni Versace, Giorgio Armani, Valentino Garavani. Tutte le persone che mi leggono da tempo sanno benissimo che il mio designer del cuore è stato e sarà Gianni Versace, ma prima di parlarvi di lui e dei suoi contemporanei era necessario fare un passo indietro e conoscere chi ha fatto grande il Made in Italy, chi è riuscito a portare l’haute couture italiana in tutto il mondo spezzando il monopolio dei couturier francesi.VINCENZO FERDINANDI il primo anticonformista dell’haute couture italiana e che voglio condividere con tutte voi nell’anno del centenario della sua nascita. Il designer nasce a Newark nel 1920 da una famiglia italiana trasferitasi negli Stati Uniti e che a New York aprirà un negozio di sartoria dove il giovane Vincenzo apprenderà i segreti sartoriali del taglio perfetto che veniva tramandato da più generazioni.

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Nella metà degli anni ’40 si trasferisce a Roma dove lavorerà a stretto contatto con la designer Fernanda Gattinoni negli anni in cui vedono la nascita dell’haute couture italiana; Vincenzo Ferdinandi, assieme a Gattinoni e alle sorelle Fontana ne è stato un fondatore e grazie al loro lavoro comincia ad essere scardinato il predominio dei designers francesi portando la moda italiana ad imporsi nel cinema hollywoodiano e tra l’élite mondiale che adorerà vestirsi italiano. Nel ’49 viene chiamato dal designer francese, Christian Dior per una stretta collaborazione che sfocia anche nel mondo del cinema che raggiunse l’apice nel film “Stazione Termini” del regista Vittorio De Sica dove una splendida Jennifer Jones indossa un perfetto tailleur di Ferdinandi. Il film portò il designer Christian Dior a vincere l’oscar per i costumi poiché nei titoli di coda del film compariva solo il suo nome che porterà Dior a ringraziare sempre Ferdinandi. Dopo l’esperienza francese il designer si trasferisce a Londra dove darà vita ad una linea di originali calzature per poi tornare nella capitale italiana dove aprirà il suo atelier di haute couture in Via Veneto, la via della dolce vita di Fellini. Dal suo ambitissimo atelier sono passate dive del calibro di Ingrid Bergman, Sandra Dee, Anna Magnani, Gina Lollobrigida, Ilaria Occhini, Elsa Martinelli, Lucia Bosè, Virna Lisi e tutta l’alta borghesia del tempo che aveva in Marta Marzotto il suo emblema, nonché fedele cliente del designer.

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Nel ’52 venne invitato a sfilare a Palazzo Pitti nella Sala Bianca con i nomi più prestigiosi della moda italiana come le sorelle Fontana, Fernanda Gattinoni, Emilio Schubert e Fabrizio Capucci dando, di fatto, il via alla nascita dell’haute couture made in Italy, l’anno successivo contribuirà alla creazione del S.I.A.M. (sindacato italiano alta moda) che poi diventerà la Camera Nazionale della Moda Italiana che oggi conosciamo. Caratterizzato da una personalità multiforme (negli ultimi anni della sua vita si dedicò anche alla pittura) ed anticonformista che lo portò a far sfilare a Palazzo Pitti la prima modella di colore, Dolores Francine Rhiney scatenando grandi polemiche e un forte ostracismo nel fashion system del tempo. Con l’avvento del pret-a-porter il designer, come è accaduto per altri couturier, negli anni ’60 decide di abbandonare le sfilate anche se continuerà a lavorare nel suo atelier e a collaborare con brand di moda nazionali ed internazionali sino alla sua morte avvenuta nel 1990. Nel 2014 il Museo Maxxi di Roma viene presentata la mostra “Bellissima” dove il designer viene esplicitamente annoverato come uno dei pionieri e fondatori dall’haute couture italiana.

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Vincenzo Ferdinandi è conosciuto da tutti gli addetti ai lavori per il suo lavoro maniacale, per l’ossessione ai dettagli e per i suoi meravigliosi tailleur dal taglio perfetto dato da un’esperienza sartoriale ereditata dai suoi prestigiosi avi e che gli valse l’appellativo di “maestro del tailleur” riconosciuto, all’unanimità, sia a livello nazionale che internazionale tanto che Vogue America lo definì: “A Star Tailor”. Del suo lavoro dirà: “…mi sono cucito addosso una passione e l’ho trasformata in un mestiere. Hanno definito ogni mio tailleur "il Signor Tailleur". Non so se è stato realmente così, so solo che ne ero infinitamente onorato”. I suoi tailleur erano “merce” ambitissima dalle divine del grande schermo e dall’alta borghesia per il suo mood chic, moderno, per la pulizia delle linee e l’essere scevro d inutili fronzoli. Il tailleur Ferdinandi era pensato per una donna che doveva coniugare femminilità con l’essere smart e i suoi tailleur con il punto vita segnato, le spalle sottili e la quasi assenza di cuciture erano perfetti. D’altronde anche per Coco Chanel la vera eleganza di una donna passa attraverso i tailleur che indossa e indossare un tailleur Ferdinandi era un sogno per tutte le donne dell’epoca. L’intuizione del designer fece si che fu uno dei primi a capire l’importanza degli accessori come borse, scarpe, cinture e profumi che portavano il nome del brand (infatti oggi la maggior parte delle maison devono gran parte del loro fatturato alla vendita degli accessori). Celebri sono i suoi cappelli “tamburelli” resi preziosi da ciondoli o dal visone, le elegantissime “pagodine” di velluto e le deliziose “cioches”. Dopo le sorelle Fontana e Fernanda Gattinoni ricordare il designer Vincenzo Ferdinandi è stato come chiudere un cerchio sulle personalità che hanno fatto in modo, attraverso il loro talento, la loro intraprendenza e il loro voler andare controcorrente che il Made in Italy sia diventato il sogno e la grande macchina economica che oggi conosciamo. E’ un gesto per non dimenticare chi ha reso il Made in Italy uno status symbol celebrato a livello internazionale.

(foto da album familiare della famiglia Ferdinandi - si ringrazia il sig.Antonello per la concessione alla pubblicazione)

T. Velvet

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