VINCENZO SALEMME
Istantanee d’autore

Penso che abbiamo avuto così tanti ottimi attori, con una personalità unica, che sia sempre più difficile, per chi fa questo mestiere, distinguersi nettamente dagli altri.
Ciò vale in particolar modo per il teatro napoletano, che ha eccelso in maestri.
E in quest’ambito è riuscito ad emergere, con queste caratteristiche di unicità, Vincenzo Salemme.
Per quanto non sia lo stile che preferisco, è indiscutibilmente bravo.
A parte i film da lui diretti, quando è stato coinvolto in pellicole di respiro nazionale, è riuscito ad andare oltre la caratterizzazione del personaggio napoletano e a non essere considerato un caratterista (come si dice in gergo).
Il primo incontro con lui fu da me voluto, quando, da direttore artistico di una rassegna estiva, scritturai un suo spettacolo.
Arrivò nel pomeriggio, scambiammo qualche chiacchiera e poi lo lasciai fare delle prove.
Lo osservavo attentamente.
Nel breve tempo a disposizione stava dando indicazioni ai suoi attori di come adattare dei movimenti in quello storico anfiteatro romano, così diverso dai teatri in cui usualmente recita.
Vincenzo ha palesemente bisogno di interagire con il pubblico e lì la distanza tra il palco ed il pubblico era enorme.
Allora trasportò alcune scene clou proprio sul terreno che separava le gradinate dalla scenografia, riuscendo a fare teatro uscendo dalla struttura teatrale, avvicinandosi fisicamente al pubblico, che credo ormai abituato a badare poco alla storia e molto di più ai suoi virtuosismi.
Mentre provava, mi chiedevo se io, regista anonimo e infinitamente minore di lui, sarei stato capace di fare quelle modifiche col fiato sul collo dell’orario dello spettacolo che si avvicinava.
Dopo le prove, tornai da lui per chiedergli se avesse bisogno di qualcosa e dirgli che ero a disposizione.
Mi fece accomodare e, mentre si preparava, parlavamo.
Non ci eravamo mai incontrati prima, ma intercalava i discorsi dicendo il mio nome, come se ci conoscessimo da sempre.
Questo dettaglio contribuiva a rendermelo gradevole.
Avevo erroneamente dedotto che sul lavoro dovesse essere abbastanza duro e magari con una buona dose di boria.
Ma, sia nel rapporto con i colleghi e sia relazionandosi con me, si dimostrò un uomo semplice, sicuramente esperto artigiano nel suo lavoro ma non presuntuoso e saccente.
Alle 21 in teatro c’erano oltre duemila spettatori.
Uscii in proscenio per una breve presentazione della serata, che feci con entusiasmo sincero.
Seguirono due ore nelle quali vedevo il pubblico ridere sonoramente, soprattutto quando lui lo coinvolgeva nella scena.
Mi sentivo contento, per vari motivi.
Perché indirettamente regalavo ben più che un sorriso a molte persone, perché ero orgoglioso della scelta che avevo operato nella programmazione e perché avevo scoperto una bella persona.
Finito lo spettacolo mi avvicinai con alcuni amici al suo camerino, aspettando di salutarlo e ringraziarlo.
Ero di spalle all’entrata: in un secondo vidi i miei interlocutori guardare sorridenti alle mie spalle e mi sentii stringermi con un braccio e chiedermi: “Allora, Giacomì, t’è piaciuto?”
Un amico colse quella situazione con uno scatto che non è proprio da esibire perché eravamo entrambi sfatti per motivi diversi.
Ma per ricordare un bel momento si può anche soprassedere alle apparenze.
(Foto di proprietà dell’autore)
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