VITALIZI: APPROVATA LA PROPOSTA DEL PD E BOCCIATA QUELLA DEL M5S
Si prevede un risparmio di 2,5 milioni di euro per le casse dello Stato

Nei giorni scorsi l’ufficio di presidenza della Camera ha approvato una proposta del Partito Democratico – e bocciato quella del M5S - sui cosiddetti “vitalizi”. I vitalizi sono stati aboliti alla fine del 2011 e sono stati sostituiti da una pensione calcolata con metodo contributivo, in maniera non differente dal metodo di calcolo utilizzato per i dipendenti pubblici. Il testo varato di Marina Sereni (Pd) prevede che gli ex deputati ancora titolari di vitalizio versino un contributo di solidarietà progressivo per i prossimi tre anni, a partire dal primo maggio. Gli ex deputati ancora titolari di vitalizio sono coloro che hanno cessato il mandato prima del 2011 e che non sono stati interessati dalla riforma che ha abolito i vitalizi e li ha sostituiti con una pensione calcolata con metodo contributivo mantenendo comunque alcune regole differenti rispetto a quelle vigenti per i lavoratori dipendenti.
Feroce la bagarre che ne è seguita, con i pentastellati che hanno tentato di fare irruzione nella sala al grido “vergogna, vergogna”, un blitz in Aula che ha interrotto il question time in diretta Tv , il botta e risposta con la presidente Laura Boldrini e lo scontro frontale con il Pd. Sulla battaglia contro i privilegi della casta il M5S ha costruito la sua fortuna e su quella conta di alzare ancora il tiro, in vista delle prossime elezioni.
Ma cosa prevedeva la proposta di Di Maio bocciata dall’ufficio di presidenza? Per i pentastellati il trattamento pensionistico dei parlamentari deve essere uguale a quello di tutti gli altri lavoratori. I contributi versati dai parlamentari in carica vanno a confluire nelle casse della previdenza pubblica e valgono per il conseguimento della pensione come accade per qualsiasi cittadino. E, con l’obiettivo di estendere agli onorevoli le stesse regole previste per gli altri lavoratori, prevedeva l’applicazione ai parlamentari della riforma Fornero per intero, inclusa la parte relativa ai requisiti contributivi e al cumulo. Ma per applicare integralmente la riforma Fornero bisogna poter ricongiungere le carriere, perché i requisiti contributivi della Fornero si riferiscono a tutta la vita lavorativa. Per farlo sarebbe stato, dunque, necessario far dialogare i fondi e gestioni dell’Inps con le contribuzioni dei parlamentari. Al momento questo non è possibile perché il Parlamento non “versa” i contributi all’Inps, né esiste un riferimento, nella legge sul cumulo, alle contribuzioni dei parlamentari. Per farlo, secondo i questori della Camera, è necessaria una legge.
La proposta del PD, invece, approvata dalla presidenza della Camera prevede il versamento di un contributo che sarà del 10 per cento per i vitalizi da 70 mila a 80 mila euro, del 20 per cento da 80 mila a 90 mila euro, del 30 per cento da 90 mila a 100 mila euro e del 40 per cento per quelli superiori ai 100 mila euro annui. La proposta è temporanea perché così ha stabilito la Consulta in una passata occasione. La proposta del M5S intendeva parificare le pensioni parlamentari a quelle degli altri cittadini, ma non intervenendo sui vitalizi sopravvissuti alla riforma, perché per farlo servirebbe un voto parlamentare e non basterebbe una modifica del regolamento.
Marina Sereni, dopo il voto favorevole dell’Ufficio di presidenza alla delibera, ha spiegato che “la proposta del M5S non comportava alcun risparmio e non teneva conto dell’abolizione dei vitalizi parlamentari avvenuta nel 2012”. Le stesse critiche sono state fatte dal presidente dell’INPS, Tito Boeri: “Se vogliamo avere dei risparmi significativi bisogna intervenire sui vitalizi in essere”. E la proposta del M5S, oltre a non tener conto della abolizione dei vitalizi del 2012, non avrebbe altresì prodotto alcun risparmio.
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