VITE RECLUSE

Luoghi sempre più chiusi e invivibili

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Fra i tanti “problemi” e disagi di questa estate rovente, alla ribalta la drammatica situazione del sovraffollamento delle carceri italiane. Nonostante siano stati fatti passi in avanti, per porre rimedio a questa condizione inumana, la situazione è ancora drammatica! Inefficaci continuano ad essere le reiterate richieste di provvedimenti per rendere le carceri più vivibili: la situazione continua ad essere estremamente critica.

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Il carcere rappresenta un luogo sempre più chiuso e invivibile, è difficile sopravvivere in pochi metri quadrati, insieme ad altri uomini o con altre donne e con figli piccoli a carico. Esseri, con sentimenti, “esigenze”, la sofferenza e il loro consapevole pentimento per aver arrecato violenza. Persone di culture e lingue diverse si mescolano nell’intento di trascinare, la quasi totalità della vita quotidiana , all’interno di uno spazio angusto in condizione igieniche inesistenti. I disagi negli istituti carcerari sono cause di molti gesti estremi da parte dei detenuti. E’ difficile rendersi conto delle reale situazione di chi ha commesso un reato e lo deve espiare. In condizioni di detenzione estrema, si dimentica facilmente il valore della vita e il rispetto della propria persona. Alla fine si cede: alla sfiducia e disperazione!

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Il maggior numero dei suicidi avviene nel periodo estivo, quando la solitudine e la mancata vicinanza dei familiari si acuisce. I nostri istituti di pena non possono essere solo luoghi in cui sono applicati strumenti di giustizia volti alla punizione del reato: luoghi dove è quasi impossibile il recupero della persona La reclusione, oltre a costituire “il periodo di pena” dovrebbe assolvere alla sua funzione rieducativa e diventare per il detenuto la possibilità di riscatto ,di rinascita e ripresa del quotidiano, una volta conclusasi la durata del reato.

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Iniziative e azioni capaci di vincere l’apatia e la solitudine in cui spesso i detenuti restano confinati, partendo da percorsi educativi e riabilitativi ,ponendo la massima attenzione e priorità nella tutela delle donne in carceri con figli piccoli per evitare il disagio dei giovanissimi ospiti di queste strutture. I piccoli devono poter vivere in ambienti ,seppure all’interno delle strutture carcerarie, idonee alla loro crescita. E’ il primo segnale verso un processo di umanizzazione delle carceri, partendo dal trattamento dei bambini, incolpevoli, fino a coloro che, impegnati nei percorsi rieducativi si preparano al reinserimento nella società civile. E’ attraverso questo “processo di civiltà che si (r) aggiunge solidità alle fondamenta della giustizia italiana.

Angelina Bibba

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