VOCI UNITE CONTRO LA CRIMINALITA’ ORGANIZZATA AL BIF&ST

“Il lungo silenzio” introduce una Master Class nel nome di Falcone e Borsellino

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Quella tenutasi ieri mattina al teatro Petruzzelli è stata non solo una lezione di cinema, ma anche un’accorata rielaborazione collettiva di uno dei capitoli più scabrosi della storia italiana. Un’eccezionale Master Class a più voci ha visto confrontarsi personalità diverse tra loro, accomunate dalla vicinanza – effettiva o simbolica – con il tema degli omicidi e delle stragi di mafia. Ad occupare le emblematiche poltrone rosse, tre uomini che hanno vissuto personalmente il contrasto alla criminalità organizzata - i magistrati Gianrico Carofiglio (ora dedicatosi totalmente agli impegni editoriali), Michele Emiliano e Giancarlo De Cataldo - e una donna che ha contribuito alla rappresentazione di quel mondo oscuro sul grande schermo, la regista di origini tedesche (nonché presidente del Bif&st) Margarethe von Trotta.

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Il confronto tra gli ospiti, moderato dal direttore artistico Felice Laudadio, non può che partire da una riflessione sul film appena proiettato in sala, “Il lungo silenzio”, la cui produzione scaturì da un lavoro sinergico proprio tra Laudadio e la von Trotta, rispettivamente sceneggiatore e regista. La pellicola racconta la vicenda di Carla Aldrovandi, ginecologa moglie di un importante magistrato, costretta a convivere con il costante terrore legato all’incolumità del marito. Le sue paure si concretizzeranno nella tragica morte del consorte, che, dopo i primi momenti di sconforto, la porterà ad agire con coraggio contro ogni forma di criminalità organizzata, coalizzandosi con altre vedove che vivono la sua stessa condizione. “Portai avanti una lunga preparazione prima delle riprese di quel film. - ricorda la von Trotta - Mi recai in Sicilia ed ebbi modo di conoscere tante vedove, i cui mariti, perlopiù magistrati, avevano perso la vita per mano dei mafiosi. Discutemmo tanto delle loro esperienze, arrivando ad affrontare anche temi cruciali, come quello del perdono”. La voce della regista, dal tipico accento tedesco, è pervasa dall’angoscia, ma anche dalla nostalgia dei tempi ormai trascorsi e del dolore ad essi connaturato. “La scena più significativa, che coglie l’essenza dell’intero film, è quella in cui Carla si ritrova sotto un temporale dopo aver appreso della morte di suo marito. - prosegue Margarethe - Quel passo rappresenta mirabilmente la distruzione della sua vita, la caduta delle sue certezze che stramazzano al suolo assieme alla pioggia. Parlando del film, voglio ringraziare ancora una volta Ennio Morricone, autore della colonna sonora. Senza le sue musiche, la pellicola non sarebbe stata la stessa”.

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Restando in tema, Felice Laudadio racconta un aneddoto a dir poco sconvolgente risalente a una presentazione del film: “Eravamo tutti in sala, compresi numerosi magistrati, che si erano portati dietro la loro scorta, cosicché una vasta porzione del cinema si era trasformata in un vero e proprio fortino umano. Dopo la proiezione, che il pubblico seguì in religioso silenzio, una delle vedove con cui Margarethe aveva avuto contatti si alzò dalla platea e disse: ‘E’ un film meravigliosamente reale, mi rispecchio a pieno nella protagonista. Mi rincresce, tuttavia, dovervi segnalare che in questa stessa sala sono presenti alcuni dei mandanti di molti omicidi di mafia, tra cui coloro che hanno ammazzato mio marito’. Calò il gelo, i magistrati si guardarono negli occhi l’un l’altro, travolti dalla paura. Da allora, la pellicola, che stava avendo successo, fu rigettata da quasi tutti i cinema che ne avevano richiesto delle copie. Della disfatta fu complice anche un grande critico italiano, di cui non faccio il nome, che commentò il nostro lavoro sostenendo che fosse un film commissionato da chissà chi, diretto da una tedesca che non doveva impicciarsi degli affari italiani”.

Il vostro è un film di grande passione, - sostiene De Cataldo - capace di trasmettere la drammaticità di quegli anni. Quanto alla mia esperienza, devo riconoscere che la vita di un magistrato antimafia non è affatto facile. Devi guardarti le spalle, non puoi mai affidare totalmente la tua vita nelle mani delle istituzioni, per quanto potenti esse siano. Ma è necessario resistere. La più grande lezione fu quella impartitaci involontariamente dalla figlia di Borsellino che, a pochi giorni dalla strage di via d’Amelio, si presentò in facoltà a discutere la sua tesi di laurea. Fu un atto di grande ribellione. Mi colpì molto anche il figlio di Falcone, il quale, quando gli chiesi se provasse timore dopo la morte di suo padre, mi rispose: ‘Non ho più paura di nulla, ormai mi hanno tolto tutto’. Io sono un magistrato che non può competere con figure quali Falcone e Borsellino: loro erano molto più capaci e coraggiosi di me, avrebbero potuto offrirvi molto di più. Però, nel mio piccolo, intendo lanciare un appello. Ritengo personalmente che l’uso delle armi non sia l’unico modo per uccidere un magistrato: lo si può ammazzare anche con l’indifferenza, con il gossip, con la superficialità in cui stiamo annegando. Non lasciate che ciò accada”.

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Mostrando il suo assenso nei confronti del collega, Carofiglio prosegue il lungo e unitario discorso fornendo una nuova chiave di lettura su ciò che abbiamo vissuto e che viviamo tuttora: “Purtroppo, le stragi del ’92 non furono il culmine, bensì l’inizio dell’ascesa dei Corleonesi. Ritengo che quel periodo sia stato, oltre che terribile, anche foriero di grandi cambiamenti. Oggi la magistratura non è più la stessa, in quanto dispone di strumenti più efficaci per contrastare la malavita. Tuttavia, c’è da dire che anche il crimine si è evoluto, trovando nuovi mezzi con cui proseguire la sua lotta alla Giustizia”. E ancora, facendo riferimento al periodo in cui, temendo per la sua incolumità, gli fu affidata una scorta: “Fortunatamente, fu una condizione temporanea, in quanto durò soli 5 anni. Un giorno fui io stesso a dire che non ce ne sarebbe stato più bisogno, non mi sentivo più minacciato. Per mia moglie quest’esperienza non si rivelò traumatica: d’altronde, anche lei era impegnata nella magistratura”.

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Più problematica la situazione di Emiliano, sotto scorta per ben 12 anni insieme alla sua famiglia: “Da piccolo, mio figlio mi chiedeva perché nelle case degli amichetti a cui faceva visita non ci fossero poliziotti. Era convinto che ogni abitazione fosse sorvegliata, come la nostra - racconta con un pizzico d’ironia l’attuale Presidente della Regione Puglia – Quando eravamo in vacanza, potevamo fare il bagno solo dopo le 7 di sera, quando ormai la spiaggia era vuota. Io entravo in acqua con un sacchetto attaccato al costume, contenente le mitragliette per difendermi in caso di necessità. In ogni caso, ho sostenuto senza rimpianti questa situazione. In fondo, agivo per una buona causa. A quei tempi c’era una consapevolezza diversa, anche fuori dalle aule giudiziarie. Oggi tutto ciò risulta carente, soprattutto in ambito politico. Farò del mio meglio affinché si torni a combattere la criminalità organizzata con forza e determinazione”.

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Guadagnandosi un fragoroso applauso, Margarethe von Trotta evidenzia come anche il Cinema sia uno strumento capace di illuminare tutto ciò che getta ombre sulla libertà del nostro Paese: Disponiamo di questa grande arma. Dobbiamo sfruttarla a tutti i costi. L’approvazione della platea è la testimonianza più autentica di un’Italia che è stanca di abbassare il capo dinanzi al ‘potere del più forte’, pronta a lottare ancora in nome della Giustizia.

Federica Marocchino

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