Why We Work, ve lo siete mai chiesto?

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Perché lavoriamo? domanda apparentemente stupida, lavoriamo per mangiare, per vestirci, per viaggiare, per pagare il mutuo ecc ecc..ma non solo, allora, quali sono le vere motivazioni che ci spingono ogni mattina a saltar giù dal letto, a mandar giù in fretta la colazione per immergerci nella città inquinata e stressata, lottando con il traffico caotico. Barry Scwartz, psicologo americano ed editorialista del New York Times, su questo arcano ha scritto un libro intitolato "Why We Work". Secondo Schwartz, lavoriamo per i nostro benessere fisico-psicologico-sociale, ma soprattutto per la realizzazione personale. Ognuno di noi porta con se entrambi i bisogni a seconda della storia personale.

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Molti lavorano per passione, questo è un elemento che fa la differenza nello svolgimento di un lavoro e anche il lavoro più duro la passione lo rende più sopportabile. Oggi avere un lavoro è una fortuna, figuriamoci avere un lavoro che si ama è un sogno che si avvera. Una frase famosa recita "scegli il lavoro che ami e non lavorerai mai, neanche un giorno, in tutta la tua vita". Il lavoro dà sfogo alle nostre emozioni che altrimenti ci soffocherebbero, questa è l’altra motivazione. Le emozioni ci accompagnano nell’arco della nostra esistenza e ci danno la spinta a lavorare, facendo di noi lavoratori unici e autentici

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Un’altra delle motivazioni è la soddisfazione che è il semplice ed elementare piacere che deriva dal fare una cosa fatta bene, ed è quella che ci fa chiudere la porta dell’ufficio seppure stanchi e stremati ma felici e soddisfatti. Sono i soddisfatti che credono che il lavoro sia divertente e al lavoro imparano cose nuove, si evolvono sia come persone che come professionistii e li si ricaricano. Al lavoro trascorriamo un terzo della nostra giornata e se siamo accompagnati da passione, emozione e soddisfazione abbiamo raggiunto il nostro chakra. Nel sondaggio effettuato da Schwartz su 25 milioni di lavoratori in 189 Paesi, solo il 13 per cento è soddisfatto del proprio lavoro, solo loro hanno scoperto la "molla" che tutti gli altri faticano a trovare.

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Il lavoro può diventare un esaltazione o una condanna, perché ognuno vive il lavoro come vive se stesso, essendo il lavoro un espressione di sé. Alcuni scelgono di seguire abitudini di miglioramento personale, quindi stabiliscono degli obiettivi: leggono si documentano e progettano il proprio lavoro. Altri scelgono abitudini autodistruttive: fanno il minimo indispensabile, limitano la propria creatività dando la colpa ad altri del proprio fallimento lavorativo.

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La verità è che le abitudini definiscono chi siamo, cosa facciamo e cosa possiamo ottenere dalla vita, tutto dipende solo da noi. La nostra mente è una macchina meravigliosa, ci dà la possibilità di creare qualsiasi cosa con l’immaginazione, ma può anche limitare la nostra volontà di fare.

Tina Camardelli

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