Zygmunt Bauman e il fenomeno migratorio

Il parere del grande sociologo

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Alla luce degli ultimi tragici accadimenti di cronaca internazionale e della recrudescenza di pericolose manifestazioni di razzismo dilaganti sui social, appare evidente come sia opportuno far chiarezza sul fenomeno della migrazione (considerata dai più ed erroneamente un binomio inscindibile con il terrorismo,) citando l’autorevole parere del sociologo recentemente scomparso , attraverso una delle sue ultime interviste sull’argomento .

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Bauman fu egli stesso esule nel 1939 quando, giovane ebreo, scappò dalla Polonia verso la Russia in condizioni del tutto simili a quelle dei profughi che, scampati alle guerre ed alla traversata del Mediterraneo sono in questo momento oggetto più della nostra diffidenza che della nostra solidarietà.

La dialettica dell’integrazione ed espulsione dei gruppi sociali ai tempi della modernità è uno dei temi che più ha approfondito nei suoi saggi, per quel che concerne il nostro Paese assistiamo tendenzialmente ad una profonda spaccatura di carattere politico tra una destra razzista ed una sinistra che stenta ad affrontare le paure di una parte della popolazione.

A questo proposito il sociologo afferma che il volume e la velocità dell’attuale ondata migratoria è un fenomeno senza precedenti a cui non eravamo preparati; non c’è quindi motivo di stupirsi che abbia colto politici e cittadini incapaci di farvi fronte adeguatamente, sia dal punto di vista materiale che spirituale.

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La vista di migliaia di persone sradicate ed accampate alle stazioni provoca un shock morale ed una sensazione di allarme ed angoscia, come sempre avviene nelle situazioni in cui abbiamo l’impressione che le cose sfuggano al nostro controllo. Ma a guardare bene i modelli sociali e politici con cui si risponde abitualmente alle situazioni di crisi , essi non sono affatto mutati nel corso dei secoli : fin dall’inizio della modernità i fuggiaschi che hanno bussato alle nostre porte , costretti dalle guerre e dai dispotismi dei Paesi di provenienza, sono sempre stati considerati “ estranei” ed “altri”.

La diffidenza e la paura che nutriamo nei loro confronti -continua- nasce dal fatto che essi appaiano imprevedibili nei loro comportamenti , a differenza delle persone con cui abbiamo a che fare nella nostra quotidianità e da cui sappiamo cosa aspettarci. Secondo Bauman, noi vediamo gli stranieri come coloro i quali potrebbero distruggerci le cose che ci piacciono e mettere a repentaglio i nostri modi di vita. Degli stranieri sappiamo troppo poco per essere in grado di leggere i loro comportamenti , di indovinare quali siano le loro intenzioni e cosa faranno domani. La nostra ignoranza -afferma- su cosa fare in una situazione che non controlliamo, è il maggior motivo della nostra paura .

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Quel che è peggio è che la paura porta a creare capri espiatori, così oltre ad essere considerati portatori di malattie , metafore del nostro disagio sociale, i nuovi immigrati vengono percepiti come messaggeri di cattive notizie data l’accentuata mancanza di certezze esistenziali, della crescente precarizzazione, in un mondo in preda alla deregulation…

Essi ci ricordano quanto avremmo preferito rimuovere : rappresentano concretamente con la loro fuga, quanto forze potenti, globali, distanti di cui abbiamo solo sentito parlare, ma che rimangono per noi ineffabili, quanto queste forze misteriose , siano in grado di determinare le nostre vite , senza curarsi e anzi ignorando le nostre autonome scelte.

Ora i nuovi nomadi -sostiene Bauman - , gli immigrati, vittime collaterali di queste forze , per una sorta di logica perversa finiscono per essere percepiti invece come le avanguardie di un esercito ostile, truppe al servizio delle forze misteriose appunto, che sta piantando le tende i mezzo a noi. Gli immigrati ci ricordano in modo irritante , quanto sia fragile il nostro benessere, guadagnato, ci sembra, con un duro lavoro. Ritornando al “capro espiatorio “, è un’abitudine , un uso umano, troppo umano, accusare e punire il messaggero per il duro odioso messaggio di cui è il portatore. Deviamo la nostra rabbia nei confronti delle elusive e distanti forze di globalizzazione verso soggetti, per così dire “vicari”, verso gli immigrati, appunto.

Quanto alla politica, vi sono partiti abituati a trarre il loro capitale di voti opponendosi alla “redistribuzione delle difficoltà” ( o dei vantaggi ), e cioè rifiutandosi di condividere il benessere dei loro elettori con la parte meno fortunata del Paese : è il caso della destra , non solo Italiana, attualmente propensa a strumentalizzare i gravissimi episodi terroristici, per giustificare la sua politica xenofoba.

La sinistra , o meglio l’erede ufficiale di quella che era la sinistra, non è in grado di fare meglio , nel suo programma essa ammicca alla destra con una promessa : faremo quello che fate voi, ma meglio.

Tutte queste reazioni sono lontane dalle cause vere della tragedia cui siamo testimoni; assistiamo infatti ad una retorica che non ci aiuta ad evitare di inabissarci sempre più profondamente nelle torbide acque dell’indifferenza e della mancanza di umanità. Tutto questo - ricorda Bauman - è il contrario dell’imperativo Kantiano di non fare all’altro ciò che non vogliamo sia fatto a noi.

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Qual è la soluzione ? Secondo l’illustre sociologo siamo chiamati ad unire e non dividere. Qualunque sia il prezzo della solidarietà con le vittime collaterali e dirette delle forze di globalizzazione che regnano secondo il principio del Divide et Impera , qualunque sia il prezzo dei sacrifici che dovremmo pagare nell’immediato, a lungo termine, la solidarietà rimane l’unica via realistica alla speranza di arginare futuri disastri e di non peggiorare la catastrofe in corso.

Lucia D’Amore

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