“STORIA DI STORIE DIVERSE” - XXXV

Insegnanti di sostegno allo specchio: la disabilità tra difficoltà e gratificazione

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cms_20336/Foto_1.jpg“Storia di storie diverse”, ovvero storie di alunni disabili, persone con caratteristiche speciali, con limitazioni visibili ed innegabili potenzialità.

Il loro percorso scolastico, le difficoltà incontrate e quanto sia ancora difficile oggi parlare di integrazione nella scuola italiana.

Si affronteranno anche problematiche più generali del sistema scolastico da una visuale privilegiata, quella di chi lavora al suo interno.

Ormai manca solo una settimana alla chiusura della scuola prima delle festività natalizie e perdura, anche a livello scolastico, una situazione di incertezza generale.

La nostra scuola non riaprirà. È chiusa da un mese e mezzo. Un tempo lunghissimo.

Lo schermo è ormai divenuto una barriera tra me e Virginia - nome di fantasia – la quale, comunque, cerca di offrirmi caramelle e cioccolatini, sorridendomi con dolcezza e immaginando di riuscire nel suo intento.

Non si sa che cosa succederà a gennaio perché non è facile, con i rischi che si corrono, ripristinare la normalità scolastica. Si vive il luogo di lavoro come luogo di contagio. È una doppia veste, assolutamente spaventosa poiché associa la quotidianità alla paura, luoghi e persone note ad una sensazione di pericolo.

Io penso che quest’anno andrà avanti così, tra continue aperture e chiusure. Il comune intende sottoporre a screening gratuito il personale scolastico della mia città, al rientro dalle vacanze natalizie; ma se gli alunni non saranno ugualmente sottoposti al test, che senso avrebbe svolgere questi accertamenti?

Io credo che gli screening sulla popolazione scolastica dovrebbero essere svolti regolarmente per garantire una frequenza il più possibile al riparo dai contagi. Il modello nord-coreano si basa proprio su queste analisi condotte a tappeto per individuare i superspreader, ovvero i superdiffusori, coloro che non sono consapevoli di essere infetti e contagiano un gran numero di persone.

Io mi sentirei più sicura, come insegnante, se la scuola fosse sottoposta a controlli periodici. Ma il discorso dei tamponi a tappeto non è mai decollato in Italia, anche quando il numero di casi era limitato, seppur la sua utilità sia stata più volte sottolineata da Andrea Crisanti, virologo di fama, che per primo ha effettuato questo tipo di screening generalizzato sugli abitanti della piccola cittadina di Vo’ Euganeo, in Veneto.

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Nella più totale incertezza su ciò che accadrà e sulle prospettive del nostro lavoro, si continua a lavorare a distanza. Ecco una descrizione della mia giornata da insegnante di sostegno nella scuola primaria: sveglia alle 07:30, lezione alle 08:10.

Virginia entra nella classe virtuale con i compagni, saluta l’insegnante e talvolta c’è un breve scambio comunicativo. Purtroppo Virginia, pur frequentando la quinta classe, segue un programma di prima, per cui le spiegazioni di classe sono per lei troppo complesse da seguire.

Dopo aver trascorso un periodo di tempo in classe e aver avuto dei brevi momenti di socializzazione, salutati compagni e maestre, io e Virginia ci spostiamo in una classe virtuale di Classroom, un classe vuota, in cui in quel momento non si sta facendo lezione.

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Google Classroom è un software educativo sviluppato da Google per le scuole e le università che mira a semplificare la creazione e la distribuzione di materiale didattico, l’assegnazione e la valutazione di compiti on-line. Grazie a Meet, altra applicazione Google, è possibile, internamente alle classi virtuali, collegarsi per svolgere lezioni a distanza.

Ad ogni classe, che corrisponde a un’insegnante e a una disciplina, si accede con un link, ovvero un collegamento che consente ad alunni e docenti di potersi vedere e interagire, condividendo libri digitali e schede sullo schermo e avendo anche una lavagna virtuale su cui scrivere.

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Una volta soli, in una delle classi virtuali a disposizione, generalmente intorno alle 08:30, comincio a lavorare in modo individualizzato con Virginia. Le propongo una lezione e dei materiali didattici assolutamente adatti al suo livello di apprendimento e certamente in grado di coinvolgerla da un punto di vista motivazionale.

Prima di dare avvio alla fase puramente didattica, però, dedico lungo tempo alla conversazione con lei, che ha un’ottima intenzionalità comunicativa ed è aperta alla relazione. Mi fa vedere le lucine che ha comprato il giorno prima per decorare la sua stanzetta, mi mostra il peluche con cui dorme, i giochi e i dolciumi ricevuti grazie all’arrivo di San Nicola.

Si crea dunque un’atmosfera rilassata e un grande feeling tra di noi, che poi influiscono in modo proficuo e gioioso sullo svolgimento del percorso di apprendimento giornaliero.

Gli alunni di scuola primaria svolgono quindici ore settimanali di lezione a distanza, mentre gli alunni disabili almeno dieci. Con Virginia lavoriamo due ore al giorno perché si stanca facilmente, i suoi tempi di attenzione sono labili e frammentati e quindi, intorno alle dieci di mattina, la nostra lezione si è conclusa.

Dopo esserci salutate io entro nella mia classe di appartenenza perché, anche se senza alunna, devo completare le mie ore di servizio giornaliere. È, onestamente, un po’ noioso perché non ho un ruolo attivo, ascolto le mie colleghe che spiegano e osservo le interazioni con gli alunni, dopodiché non faccio altro.

La mia giornata scolastica si conclude attorno alle 12:20 ma riprende nel pomeriggio con la preparazione delle lezioni e dei materiali didattici nonché con la compilazione di vari documenti scolastici e la partecipazione a riunioni programmate.

Svolgo un lavoro bellissimo perché sempre a contatto con i bambini, con la loro curiosità, voglia di sapere e conoscere, con la loro assenza di pregiudizi. Senza di loro la mia vita non potrebbe mai essere la stessa.

Vincenza Amato

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