Il paese sembrerebbe essere in fibrillazione per il famigerato arrivo del presidente della Repubblica Popolare Cinese, Xi Jinping, previsto per oggi; il quale sarà accompagnato dalla moglie e da una schiera di circa 200 delegati. È dal 2009, in occasione del G8 all’Aquila, che l’Italia mancava di uno spazio di confronto e negoziazione tanto rilevante con la superpotenza. Il tema su cui farà leva il summit è la BRI, “Belt and Road Initiative”, la cosiddetta “nuova via della seta”.
Già dal 2013 Xi Jinping presentò l’iniziativa di un piano organico per i collegamenti terrestri e marittimi e, contestualmente, il progetto della creazione della Banca asiatica d’investimento per le infrastrutture, dotata di un capitale di 100 miliardi di dollari, di cui la Cina costituisce il socio preponderante con una quota di 29,8 miliardi. Questo ente finanziario comprenderebbe 57 paesi tra cui l’Italia, che oggi si trova di fronte ad una grande opportunità in termini di espansione del proprio mercato estero. Il progetto dellaBelt and road, infatti, coinvolge 68 nazioni e prevede finanziamenti per quasi un trilione di dollari volti a migliorie infrastrutturali di reti stradali e porti. Un investimento di tale portata, per fare una proporzione facilmente tangibile, supererebbe di 12 volte circa i finanziamenti stanziati dallo storico Piano Marshall. Naturalmente il ritorno economico della potenza asiatica sarebbe costituito dalla conquista di un ruolo centrale nelle relazioni commerciali globali e dai nuovi sbocchi commerciali per le produzioni cinesi, ma non mancano gli interessi che potrebbe avere l’Italia nell’aderire ad un piano di questo calibro, sempre che il tutto sia gestito in maniera responsabile e non significhi assistere ad una svendita al migliore offerente.
L’Italia potrebbe intensificare le relazioni commerciali con la Cina, per potenziare l’export Made in Italy nei principali porti cinesi, come Chongquing. Certo sempre con tutta la cautela dedita al tenersi in guardia dalla risaputa abilità di copisti dei lavoratori cinesi, come nel caso del distretto di Dafen della città di Shenzhen. Per il 23 marzo è prevista invece la visita del presidente Xi Jinping a Palermo, la cui area portuale potrebbe essere interessante per la posizione strategica come trampolino di lancio verso l’Africa e per tutta l’Europa. Nei giorni scorsi una delegazione di imprenditori siciliani ha incontrato a Palermo Segree Dai, presidentessa dell’organizzazione cinese Eupic, ente governativo cinese, istituito nell’ambito dell’Enterprise European Network della Commissione europea per promuovere la cooperazione commerciale con la Cina e l’Asia in genere.
Si apre così un importante processo di internazionalizzazione per piccole e medie imprese siciliane e italiane in genere come ricorda anche Sicindustria. "L’occasione della visita del nostro presidente ci dà un’ottima opportunità per promuove le nostre relazioni e la cooperazione con la Sicilia. Per gli investitori cinesi gli interessi qui sono nel turismo, nell’agricoltura, nelle tecnologie e nell’innovazione", afferma Segree Dai.
Le aspettative sono alte, così come i timori da parte di molti che esprimono la necessità che i porti restino sotto il controllo italiano, al contrario di quanto accaduto nel bel mezzo del turbinio della crisi al porto del Pireo. Tutto ruoterà dunque attorno al punto di incontro conveniente per entrambi le parti.