È di qualche giorno fa la notizia che gli operatori della Casa Sebastiano, struttura all’avanguardia in Trentino per l’autismo, hanno dovuto, loro malgrado, declinare la richiesta di accogliere un ragazzino di undici anni, autistico.
Una storia tragica, disperata, che ha gettato gli operatori in uno stato di prostrazione derivante dall’impossibilità di prendersi carico di ogni situazione a loro segnalata.
«Viene fuori il pensare emotivo, che sgorga dalla pancia: i genitori di questi bambini o sono disgraziati o sono disperati. In ogni caso abbiamo fallito. Le istituzioni hanno fallito, la società ha fallito», si sfogano gli operatori rilevando in sostanza come il gesto, forse, sia stato dettato dall’assenza di strutture dedicate e di concreti aiuti alle famiglie.
Insomma per gli operatori, se i genitori arrivano a prendere decisioni dolorose è soprattutto perché manca il supporto delle istituzioni, dei servizi, l’aiuto necessario che bambini così delicati, complessi, straordinari richiedono.
«È venuto meno il patto di aiuto ai deboli, il mandato etico, ancor prima che costituzionale, fondamento di ogni società che voglia dirsi civile, di sostegno ai componenti più fragili delle nostre comunità. Se una famiglia si arrende, le istituzioni hanno fallito», è la conclusione, amara, degli operatori di Casa Sebastiano.
I disturbi dello spettro autistico colpiscono, solo in Italia, tra le 300 e le 500mila persone. Si tratta, di una stima approssimativa poiché il numero di persone affette da autismo è incerto, anche perché si tratta di disordini dalla natura complessa. Questa tipologia di disturbi comprende, infatti, oltre all’autismo, anche la sindrome di Asperger, che è caratterizzata da difficoltà nell’interazione, nella comunicazione sociale e da interessi e attività limitati e ripetitivi.
L’Istituto Superiore di Sanità spiega che la sindrome non presenta prevalenze geografiche o etniche. C’è però una differente probabilità di svilupparla tra maschi e femmine: l’autismo colpisce maggiormente i primi rispetto alle seconde, in un rapporto di quattro a uno.
La situazione degli ammalati della sindrome di Asperger è molto difficile, soprattutto quando la famiglia necessita, come spesso accade, di un supporto esterno.
Alcune Regioni in Italia non dispongono, ad esempio, di strutture residenziali per persone con disturbo dello spettro autistico e, se i genitori non sono in grado di seguire da soli i propri figli, la scelta obbligata è farli trasferire lontano da casa.
È la drammatica soluzione, che si prospetta in questi giorni per un tredicenne della provincia di Teramo.
Vive con il padre settantenne che fino a pochi giorni fa assisteva anche la moglie, stroncata da un tumore a luglio dopo anni di cure.
A raccontare la storia è l’associazione ’Autismo Abruzzo Onlus’ che lamenta come l’Asl di Teramo non voglia concedere al ragazzino l’autorizzazione ad accedere a un servizio residenziale adeguato a Rimini, nonostante il padre, cardiopatico, da qualche tempo lo abbia richiesto poiché non è più in grado di assicurare la giusta assistenza al figlio.
«L’Asl di Teramo - precisa il referente della struttura, Verzulli - non ritiene opportuno tale servizio insistendo per un inserimento più economico. Nel frattempo, però, padre e figlio vagano e continuano a soffrire, appesi a una decisione presa soltanto sulla base di sterili numeri, senza valutare i diritti delle persone».
Ad appesantire la già di per se difficile situazione assistenziale, sono le notizie di mala sanità che arrivano proprio da quei centri in cui operatori specializzati dovrebbero prendersi cura, dando un minimo di tregua alle famiglie, agli affetti dal disturbo.
È, infatti, dello scorso mese di giugno la notizia della sospensione di un logopedista cinquantunenne di Milazzo ritenuto dagli investigatori responsabile di condotte particolarmente odiose e brutali nei confronti dei piccoli assistiti, affetti da gravissime patologie cognitive (fra cui autismo e sindrome di down), e dunque incapaci di reagire.
L’indagato, nel corso delle sedute, passava il tempo col proprio cellulare, guardando video su siti e social network, disinteressandosi totalmente dei bimbi.
«Chi sbaglia paga e il dipendente dell’Aias che prestava servizio nel nostro ambulatorio di Milazzo, certamente pagherà per quello che ha fatto, per aver tenuto un comportamento gravissimo e inaccettabile nei confronti dei nostri piccoli assistiti», rassicura il presidente del Centro di riabilitazione Aias di Barcellona Pozzo di Gotto, Fabio Marletta.
«Disinteressarsi dei bimbi, schiaffeggiarli e strattonarli all’interno delle aule in cui si svolge la terapia, è quanto di più grave possa accadere - conclude - Ci auguriamo che la persona in questione paghi a livello penale per quello che ha fatto, ma la nostra Associazione non può stare a guardare e per questo apriremo un procedimento disciplinare nei confronti del logopedista, che porterà all’erogazione della sanzione più grave».
Il problema della scarsa o mancata assistenza è inoltre destinato ad acuirsi quando questi ragazzi finiscono la scuola dell’obbligo e cala il buio assoluto da parte delle istituzioni, perché è davvero complicato trovare sostegno e supporto in età adulta.
Stare accanto ad una persona affetta dalla sindrome dello spettro autismo, assisterla, non è sempre facile, ma ci sono comportamenti davvero esecrabili, sicuramente riconducibili all’ignoranza e alla follia.
È di pochi giorni fa l’agghiacciante notizia arrivata dagli U.S.A. dove una madre, Amelia Di Stasio di ventitré anni ha ucciso il proprio figlioletto, Antonio, perché convinta che suo figlio, autistico, fosse un cannibale.
L’ha ucciso seguendo un preciso, cruento, rituale indicato sui siti internet.
Una sequenza allucinante con tutti i crismi del film horror.
«Per favore, mamma, fermati! Non lo farò più!» sono le ultime parole che i vicini di casa sono riusciti a distinguere tra le urla strazianti prima del silenzio.
La madre è stata arrestata mentre vagava in stato confusionale con ancora in mano il telefonino con le ultime ricerche internet: Come uccidere un cannibale.
Arrestata anche Crystal Stephens, di Las Vegas, per avere torturato e ucciso il figlioletto della sua amica, autistico, di soli quattro anni.
La donna era amica della famiglia del piccolo, la mamma si fidava della 42enne e più volte glielo avrebbe affidato, anche quando, per una serie d’incomprensioni i loro rapporti si erano incrinati. A subirne le drammatiche conseguenze il bambino, trasformato d’un tratto nel fulcro della materializzazione dell’odio. In ospedale i medici hanno costatato le condizioni disperate del bimbo. Purtroppo per lui non c’è stato nulla da fare.
Di tutt’altro genere sono, invece, le notizie che arrivano, sempre dagli U.S.A., che raccontano la bellissima storia di Braysen.
Affetto da autismo, il piccolo, affetto da autismo era con i genitoriin viaggio su un volo della United Airlines da San Diego a Houston, in Usa.
Sin dal decollo il bambino ha cominciato a manifestare segni d’insofferenza.
Sganciata la cintura di sicurezza prima ancora del decollo Braysen, scalciando e urlando, pretende di starsene seduto in un angolo dell’aereo, a terra, colpendo anche un’assistente di volo.
Il bambino è dunque trasferito in prima classe, ma anche qui non si calma.
In tutto questo periodo però, nessuno dei passeggeri, né qualcuno dell’equipaggio, ha manifestato segni d’insofferenza, anzi c’è stata una vera e propria gara per coccolarlo e confortarlo per tutta la durata del volo.
A raccontare l’accaduto è stata proprio a madre del bimbo, Lori Gabriel, stupita e felice di fronte a tanta inaspettata gentilezza e comprensione.
«Tutti in prima classe sono stati gentili con lui, chiedevano il suo nome, mostrandogli foto sui loro telefoni. Gli assistenti di volo continuavano a chiederci se avevamo bisogno di qualcosa, assicurandosi che tutti si prendessero cura di lui".
Ma, di fatto, qual è in generale, la nostra cultura, su questo delicato tema? Come la società si comporta davanti a un bambino autistico? Cosa, in effetti, sappiamo di questa sindrome?
Per chi ha voglia di capire, di tentare di comprendere la difficile tematica dell’autismo, un aiuto importante viene dalla filmografia con il bellissimo e intramontabile: Rain Man - L’uomo della pioggia, un film drammatico, molto emozionante.
Grazie alla straordinaria interpretazione di Dustin Hoffman, ognuno, volendo, può entrare in empatia con il protagonista, Raymond e il piccolo mondo in cui vive, comprendendo che spesso le persone affette da autismo hanno una sensibilità fuori dal comune.
Riescono a sentire e comprendere gli altri solo osservando i loro gesti.
Il film ci mostra quanto sia complicato riuscire a stabilire un contatto con chi soffre di autismo come Raymond, ma quando finalmente suo fratello Charlie riesce a trovare lo spiraglio giusto per interagire con lui, tra i due s’instaura un rapporto molto intenso e speciale.
Il viaggio che i due affrontano per arrivare a Los Angeles è visto quindi come una metafora del complesso percorso che devono fare prima di poter riuscire a conoscersi a fondo. Se per Raymond è anche un’opportunità di uscire fuori dal suo universo, chiuso e dalla sua quotidianità, per Charlie, preso solo da se stesso e dalla sua fame di successo, il viaggio rappresenta l’occasione di riuscire finalmente a cambiare.
Grazie a suo fratello, Charlie comprende quali sono le cose davvero importanti nella vita e riscopre un’emotività perduta, in un rapporto di scambio che non prevede figure predominanti.
La sindrome dell’autismo, come già detto, non è una sindrome tanto rara. Colpisce in varie forme, più o meno gravi.
Sorprenderà probabilmente conoscere alcuni personaggi ne sono affetti: Greta Thunberg, Susanna Tamaro, Temple Grandin, Tim Burton, Andy Warol, Stanley Kubrik, Antony Hopkins, tanto per citare solo alcuni dei personaggi famosi che però, non si sono per niente lasciati irretire dalla malattia.
Riuscire ad avere una vita di successo non è, però, da tutti. Più comunemente per le persone affette dalla sindrome, provare ad avere una vita più semplice, è fondamentale l’aiuto della famiglia ma anche il supporto delle Istituzioni.
Non si può pensare, infatti, di lasciare le persone ad affrontare da sole un disagio che prima di ogni cosa deve affrontare il pregiudizio delle persone.
L’augurio che possiamo dunque rivolgere a noi tutti, la nostra speranza è di ricevere, dovunque ci si trovi, e in tempi non troppo lontani, la stessa affettuosa accoglienza ha ricevuto Braysen su quell’aereo e, in particolare, quel meraviglioso biglietto che l’assistente ha messo nelle sue mani salutandolo:
"Tu e la tua famiglia siete amati e sostenuti. Non lasciare che nessuno ti faccia sentire un peso, ma solo una benedizione"».