La proposta è destinata a far discutere, come spesso accade in Italia per qualsiasi novità in fatto di leggi e norme. Si tratta dell’idea di un deputato della Repubblica, Luigi Marattin, di obbligare chiunque apra un profilo su una piattaforma social a presentare congiuntamente un documento di identità per mettere un freno al diffondersi delle fake news, hate speech e profili falsi dai quali chiunque malintenzionato può muoversi per agire nel torbido ai danni di altri utenti. La proposta di legge è più che altro una sfida, o forse una provocazione, che vuole obbligare milioni di persone a svelare le proprie generalità e a rendersi responsabili delle loro azioni sul web. La petizione dell’onorevole è partita subito online sul sito del partito a cui il deputato afferisce, ovvero Italia Viva, con l’obiettivo di raggiungere almeno 10mila firme. Il cuore della proposta vuole avvalersi di una autorità super partes che sia in grado di monitorare le effettive identità degli autori dei post pubblicati sui social e che dunque un account corrisponda a un effettivo nome e cognome al quale risalire in caso di una violazione di legge. Idea in sé è anche positiva, ma che si scontra sia con la naturalità di un mezzo, la rete, nato come libero e svincolato da controlli mainstream, sia con la policy delle varie piattaforme derivanti per l’appunto da un endogeno senso si libertà data all’utente.
Facebook, per esempio, non pone vincoli insormontabili del tutto aggirabili per iscriversi: basta inserire nome e cognome e impostare una data di nascita, che può benissimo non essere corrispondente a quella reale, raggiro perpetrato da molti minori che vogliono iscriversi a Facebook senza dover aspettare di aver compiuto 13 anni così come imposto dal limite d’età della stessa azienda americana. La violazione di questi passaggi non costa nulla all’utente, se non, e solo quando Facebook dovesse fare un effettivo controllo, la chiusura dell’account. Il raggiro delle regole di iscrizione per minori o malintenzionati è valevole per tutti i maggiori social network e per creare account falsi o multipli bastano pochissimi minuti e subito si diviene anonimi dispensatori di bufale o, peggio, di odio. Dal punto di vista della libertà concessa a ogni singolo utente si vede come egli goda di massima autonomia di movimento e di azione, così come per ciò che concerne l’ambito della sicurezza online.
L’utente che si macchia di un reato commesso durante la navigazione sul web, può, tramite rogatoria internazionale, essere rintracciato e perseguibile risalendo all’indirizzo IP incriminato. Vi sono però casi in cui o la richiesta di rogatoria non viene accettata dai gestori delle piattaforme social per proprie politiche interne e in virtù del primo emendamento statunitense, sia perché gli autori di reati online spesso e volentieri operano mascherandosi dietro un falso IP. Per completezza di informazione si deve aggiungere che da qualche anno sono gli stessi Stati e governi internazionali a sfruttare l’anonimato e a diffondere odio e falsa propaganda a fini politici extraterritoriali e fortemente destabilizzanti dell’ordine interno. Lo scontro è aperto e sul piatto della bilancia vi è, come preconizzato da Bauman, l’irrisolto dilemma dell’equilibrio impossibile tra libertà e sicurezza. La condizione umana oggi è permeata dal principio del piacere e della libertà a tutti i costi. Paradossalmente però il raggiungimento della felicità dataci dal godere del piacere diffuso e disponibile in epoca liquida o postmoderna è difficile se non utopico da raggiungere. Ecco allora subentrare il senso di incertezza e di insicurezza (lo straniero alle porte), fomentate da ansia e spesso da angoscia (precarietà).
La globalizzazione, mantra del nuovo secolo e panacea di tutti i mali secondo molti, assieme al proliferare incontrollato dei nuovi media, risultato del principio di libertà di cui sopra, hanno portato a un diffuso senso di disorientamento e divisione tra le persone. Di fronte a questo stato di cose, ai governi e alla politica è rimasta una sola cosa da fare, mantenere l’ordine e il controllo, affinché la tensione tra i due principi della libertà e della sicurezza si mantenga sempre a livelli tali da permettere allo Stato di ergersi a controllore di queste due modalità dello spirito contemporaneo.