Nelle ultime ore sono stati rilasciati nuovi interessanti dettagli sulla vicenda Trump-Russia. Com’è ormai ben noto, mentre Trump emergeva nella primavera del 2016 come inaspettato favorito nelle primarie repubblicane, l’ingerenza russa si sviluppava lungo tre direttrici principali: intercettazione e divulgazione di documenti del partito rivale, massicce attività fraudolente tramite l’utilizzo di profili Facebook e Twitter e contatti con associati alla campagna di Donald Trump. L’inchiesta aperta a seguito di tali vicende ha comportato l’incriminazione di dodici funzionari del GRU (intelligence militare russa), l’incarcerazione di Paul Manafort, all’epoca capo della campagna elettorale di Trump, nonché un insieme di accuse mosse contro Rick Gates, socio in affari di Manafort, per reati di natura finanziaria. Tuttavia, il rapporto finale del procuratore speciale, Robert Mueller, asserisce che non vi siano prove sufficienti a supporto dell’incriminazione dell’attuale Presidente degli Stati Uniti d’America, sebbene non totalmente esonerato dai crimini.
Prevedibilmente, fu poi aperta una contro inchiesta ai danni degli iniziatori delle indagini contro il Presidente Trump. La domanda di fondo attorno a cui ruota l’attuale inchiesta è: quali interessi erano in gioco affinché fosse presa la decisione di aprire un’indagine nei confronti di Donald Trump? Cui Prodest? Chi ne avrebbe giovato? In una lettera inviata a Barr, General Attorney, Graham spiega che la sua commissione stia indagando su questioni relative alla gestione da parte del dipartimento di Giustizia e dell’FBI dell’indagine Trump-Russia, in particolare ciò che concerne il mandato FISA (Foreign Intelligence Surveillance Act) ottenuto dall’FBI per intercettare l’allora consulente della campagna di Trump, Carter Page.
A tal fine è stata fornita dallo stesso Graham una lista di nomi di funzionari del dipartimento di Giustizia e dell’FBI, chiamati in audizione di fronte al Senato americano. Tra questi, compaiono i nomi di Kieran Ramsey, addetto dell’FBI in missione all’ambasciata italiana di Roma (potenziale testimone degli incontri avvenuti nella capitale tra l’agente segreto britannico Cristopher Steele, autore del dossier anti Trump e alcuni funzionari dell’FBI, fornitori di informazioni strettamente riservate sul Presidente) e di Bruce Ohr, ex funzionario del dipartimento di Giustizia, sposato con Nellie Ohr, impiegata nell’azienda Fusion Gps, fonte del dossier Steele (costruito ad hoc su commissione dei democratici a favore della campagna di Hillary Clinton, contenente però informazioni fabbricate).
Il sospetto di Barr e dei repubblicani ruota intorno all’idea di un potenziale complotto messo in atto da FBI e CIA, con il supporto di intelligence alleati, per incastrare Trump. Sarà davvero così? Quali altre importanti novità ci riserverà in futuro questa intricata e misteriosa vicenda?