Il 25 ottobre del 2020 il 78% del popolo cileno approva il referendum che prevede il totale cambiamento della Costituzione del 1980, considerata ormai obsoleta e lontana dal modo di vivere quotidiano del Cile. La Costituzione del 1980 risale al periodo del regime di Pinochet e, nonostante le numerose modifiche condotte nei vari anni, non piace affatto ai cittadini cileni. Infatti, questi ultimi hanno votato e stanno votando in queste ore per i 155 costituenti a cui spetta il compito di redigere la nuova Costituzione.
Certamente una scelta importante che, probabilmente, dipende anche da una Costituzione la cui storia s’intreccia con quella del generale Augusto Pinochet; un personaggio molto controverso che, autoproclamatosi presidente, governa in maniera indiscussa dal 1973 al 1990 dopo un colpo di Stato. Condannato per crimini contro l’umanità, non sconta alcuna pena ma lascia dietro di sé le cicatrici di un potere caratterizzato soprattutto da oppressione e paura di una nazione che, appena può, decide di cambiare rotta. Ecco spiegata la scelta del popolo cileno, il quale evidentemente non si riconosce nella Costituzione del 1980 e quindi si reca alle urne per decidere del proprio futuro.
L’obiettivo del voto è la creazione di una assemblea costituente a misura del Cile; ciò che arreca maggiore disagio al popolo è la disuguaglianza economica dovuta ad un mercato dove lo stato sembra costantemente assente e dominano regole stabilite ad hoc dai privati più potenti. Il problema fondamentale, quindi, consiste nella povertà diffusa e dalla mancanza di una organizzazione economica statale capillarizzata e strutturata su più fronti. Insomma, il Cile invia un messaggio ben chiaro al mondo politico: l’intento dei cittadini è quello di migliorare una situazione basata perlopiù sulla sopravvivenza giornaliera, in cui la maggioranza boccheggia e solo l’1%, invece, possiede tutta la ricchezza del paese. Il messaggio è chiaro e semplice: i cileni pretendono una vita più che dignitosa. Giustamente.