L’Unione Europea, tramite il suo organo rappresentativo per eccellenza, ha deciso di passare all’azione contro l’escalation di ostilità da parte del governo cinese, che, indispettito da quei deputati e organi europei che si erano schierati contro le violazioni dei diritti umani perpetrate dalla Cina contro la minoranza degli uiguri, aveva implementato pesanti sanzioni contro i suddetti soggetti politici. Ieri il parlamento europeo ha infatti votato, a larghissima maggioranza (599 a 30, con 58 astensioni), una risoluzione per bloccare la ratifica del grande accordo per reciproci investimenti tra Unione Europea e Cina noto come CAI (Comprehensive Agreement on Investment), almeno finché saranno in vigore sanzioni da parte della Cina contro l’Unione Europea, definite "immotivate e arbitrarie". Secondo gli eurodeputati, si tratterebbe, da parte di Pechino, di un attacco alle libertà fondamentali. Anche se la risoluzione dell’Eurocamera non ha valore legale, gli altri organi UE, Commissione in primis, non potranno non tenerne conto, anche per via dei numeri con i quali essa è stata approvata. Non a caso, sono giunte quasi immediatamente le parole del vice Presidente della Commissione, Valdis Dombrovskis, il quale in un’intervista ad Afp ha dichiarato: "Ora, in un certo senso, abbiamo sospeso le attività di sensibilizzazione politica da parte della Commissione europea.
È chiaro che nella situazione attuale con le sanzioni dell’Ue in vigore contro la Cina e contro-sanzioni cinesi in atto, anche contro i membri del Parlamento europeo, l’ambiente non è favorevole alla ratifica dell’accordo". La risposta della Cina, ovviamente, non si è fatta attendere. Risulta peculiare, però, che, come spesso succede quando ci si accorge che il proprio interlocutore non è poi così allocco come lo si era erroneamente ritenuto, i toni da parte di Pechino sembrano enormemente più moderati rispetto a quelli, intimidatori, ai quali ci eravamo abituati negli ultimi mesi. Il portavoce del Ministero degli Esteri, Zhao Lijian, si è infatti limitato ad affermare che l’accordo CAI "è equilibrato, reciprocamente vantaggioso e non è un regalo di una parte. La Cina è sempre stata sincera e spera che l’Ue ci incontri a metà strada per la decisione giusta in linea coi suoi interessi", aggiungendo che le sanzioni cinesi contro 10 deputati e 4 organi europei sono "una risposta necessaria e legittima alle sanzioni unilaterali UE" per le violazioni dei diritti umani.
Pechino ritiene che "lo scontro non aiuta, il dialogo e la cooperazione sono la strada giusta”.
Queste parole così insolitamente pacifiche potrebbero essere anche causate dal fatto che, oltre allo stallo appena descritto riguardo il CAI, la Commissione europea presenterà oggi la sua proposta per tutelare le aziende europee da acquisizioni estere, con particolare attenzione alla Cina. Secondo le anticipazioni, Bruxelles esaminerà con attenzione le società extra-UE che intendano acquisire società europee con fatturato importante, e intenderebbe indagare su eventuali aiuti di Stato anche per società fuori dall’Unione che però partecipano ad appalti pubblici in UE, creando di fatto situazioni di concorrenza sleale. Una misura che, se approvata, sarebbe sicuramente tardiva, visto che negli ultimi anni, e ancora di più dall’avvento del Coronavirus, diverse aziende europee sono state costrette a cedere alle scalate di imprenditori extracomunitari, con evidenti danni per l’economia interna. Il tutto mentre la Cina si appresta a diventare la prima potenza economica mondiale entro il decennio: non certo una prospettiva positiva, se si considera l’idea dittatoriale di società vigente nello Stato orientale.