“L’obiettivo è la piena comunione con il Successore di Pietro e allo stesso tempo il riconoscimento delle autorità”. Attraverso questa dichiarazione della sala stampa Vaticana, Francesco fa percepire quelle che saranno le sue decisioni in Cina. Un territorio difficile e ostile verso la libertà, che implica una grande forza di dialogo per poter raggiungere dei risultati concreti. Un accordo storico che garantisce la pratica del culto, infatti fino a qualche anno fa era del tutto impossibile. Ovviamente, l’accordo è stato prolungato di altri due anni per poter garantire la nomina del Rev. P. Francesco Cui Qingqi.
Il prelato è stato nominato a Wuhan provincia cinese di Hubei. Il ruolo del neo vescovo sarà di vitale importanza, perché mantenere i rapporti con le autorità cinesi non è cosa semplice. Bisogna precisare, che l’accordo tra la Santa Sede e la Cina non prevede alcun rapporto diplomatico, bensì un potere decisionale sulla nomina dei nuovi vescovi. In sintesi una sorta di ricatto, volto a controllare qualsiasi mossa messa in campo dalla chiesa. Pertanto, questo grande risultato in chiave politica non c’è stato.
La Cina è molto minuziosa nel controllo, per questo motivo preferisce controllare personalmente i prelati. Una forma di politica di sudditanza che sarà impossibile sradicare, e la chiesa questo lo sa bene. Pertanto, la critica di diversi episcopi verso le scelte di Francesco è del tutto legittima. In questo caso, i rischi che la chiesa correrebbe sono superiori ai benefici. Rinunciare alla propria credibilità è pericoloso, soprattutto con il governo cinese. Certamente la forza non è spunto da cui partire, ma indubbiamente occorre farsi sentire di più. Ad ogni modo, oltre ogni riflessione, Bergoglio sembra deciso a perseguire la strada tracciata. Solo il tempo potrà svelarci la natura di questo accordo, che ad oggi a molti appare del tutto incomprensibile.