MUSEO DELL’OPERA DEL DUOMO
Alla scoperta dei Musei d’Italia
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Il Museo dell’Opera del Duomo, meglio conosciuto come Museo Capitolare di San Lorenzo, è un museo di Perugia, attiguo alla Cattedrale di San Lorenzo.
Il museo fu voluto dai Capitolo della Cattedrale (da qui il nome di "Capitolare") e ospitato in una delle sue sedi. Venne aperto nel 1923, nelle sole prime sale. Negli anni ’80 il museo fu chiuso per lavori di scavo, diretti dall’ingegner Luciano Vagni, in cui vennero scoperti alcuni locali sotterranei. Riaperto nel 2000, oggi vi si possono ammirare numerose opere d’arte, tra cui primeggia la Pala di Sant’Onofrio di Luca Signorelli.
Il museo è ospitato in 25 sale attigue al chiostro, accanto alla Cattedrale di San Lorenzo, al piano terra ed al piano inferiore, in alcuni locali della cripta. Le opere esposte vanno dall’alto Medioevo al XIX secolo.
Le ragioni che giustificano la visita al Museo del Capitolo di Perugia sono molteplici. Una risiede nella possibilità di entrare in contatto con edifici e spazi estremamente suggestivi. Le stanze del museo raccontano esse stesse una storia autonoma: sono state infatti le residenze dei canonici della cattedrale fin dal Medioevo (quando le abitazioni erano case-torri), sono state residenze papali e sono state anche sede delle discussioni di tesi dei primi studenti dell’Università di Perugia, nata nel 1308. Questa lunga storia non è immediatamente leggibile muovendosi negli spazi attuali, modificati molte volte nel corso dei secoli. Tuttavia, prestando un po’ di attenzione, le stratificazioni si mostrano e diventano evidenti.
L’altro, e più evidente, motivo per entrare negli antichi spazi delle canoniche è la scoperta del legame fortissimo tra il luogo, il tempo e le opere. Molti degli oggetti che accolgono i visitatori denunciano da subito un legame con la ritualità, la liturgia. Per secoli essi sono stati rappresentativi di sentimenti comuni, icone salvifiche, motivo di stupore ed emozione.
Le opere
Il gonfalone di Benedetto Bonfigli
Un esempio del profondo legame tra l’arte e la cultura del popolo perugino è dato dai gonfaloni processionali. Essi nascono in un contesto dove le micidiali pestilenze che si abbattevano sulle popolazioni erano considerate punizioni divine. Questi manufatti erano dei dipinti da portare in processione e da esibire alla venerazione negli spazi urbani. La loro realizzazione veniva assegnata a pittori che sapessero farsi interpreti di sentimenti comuni: la paura, la richiesta, la fiducia. Benedetto Bonfigli (1420 - 1496) dipinse alcuni gonfaloni e nel 1476 realizzò quello per la chiesa di San Fiorenzo, ora esposto al Museo del Capitolo, durante una pestilenza. La sua pittura si fa interprete efficace della richiesta che i perugini inviano a Dio: essi si trovano nella parte inferiore del dipinto, in atteggiamento devoto e circondati da santi e beati dell’ordine cui apparteneva la chiesa. Il dipinto è di immediata comprensione eppure cela alcuni particolari degni di un grande pittore, come l’angelo in alto sulla destra con lo sguardo rivolto a coloro che ammirano il dipinto: i suoi occhi attirano dentro l’opera chi la osserva, coinvolgendolo nella rappresentazione.
La pala di Sant’Onofrio di Luca Signorelli
Pezzo pregiato del Museo del Capitolo è la Pala di Sant’Onofrio, capolavoro dipinto da Luca Signorelli nel 1484. L’opera è conosciuta con questo nome per la presenza di Onofrio, santo eremita, ai piedi del trono nel quale si trova la Madonna col Bambino. Anche in quest’opera i dettagli fanno da eco alle grandi abilità del pittore. Il bicchiere di vetro con le violette in primo piano, o il crocifisso in cristallo di rocca tenuto da Onofrio, attraversati dalla luce, lasciano intendere un profondo studio dei fenomeni luminosi da parte dell’artista. Una volta che lo sguardo si perde nei particolari, viene però riacciuffato e guidato attraverso il quadro dallo sguardo dei santi attorno alla Vergine.
Il seggio papale
Ci sono poi oggetti che risultano inconsueti, o che non attirano immediatamente la curiosa attenzione di chi entra nel Museo del Capitolo. È il caso del faldistorio: una seduta pieghevole, senza spalliera né braccioli, la cui forma deriva dalle sedute di cui i generali romani disponevano nell’accampamento e, in un contesto cristiano, il faldistorio era riservato al "generale" della chiesa, cioè al Papa. Due sono i dati che possono aiutare a comprendere l’importanza di questo manufatto: la datazione tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento, e la sua presenza a Perugia. Per circa un secolo infatti, tra il 1216 e il 1305, Perugia fu sede di cinque conclavi. A differenza di quanto succede oggi, dunque, i Papi non venivano eletti solo a Roma ma anche in altre città. Questo seggio papale è realizzato in ebano, un legno proveniente da continenti extraeuropei e caratterizzato da una grande durezza, nonché durabilità. L’impiego di questo legno prezioso era perciò segno di ricchezza e garanzia di durata, e ciò poneva l’oggetto in un contesto di enorme prestigio come quello della corte papale. Ogni centimetro quadrato è decorato per incisione o per intaglio e nei molteplici disegni è possibile rintracciare dei cani acciambellati o un’esotica scimmietta.
Il manoscritto di Acri
Lo scorrere dei secoli ha trattenuto, come una rete gettata nel mare della storia, altri tesori, come per esempio i manoscritti, che costituiscono una ricchezza straordinaria. Al Museo del Capitolo ne sono conservati oltre 40, che coprono un arco temporale compreso tra il VI e il XVI secolo. La storia di alcuni è ancora un mistero, di altri invece abbiamo la certezza che furono realizzati proprio per la Cattedrale di San Lorenzo. Del manoscritto più conosciuto conservato nel museo capitolare si conosce la provenienza, l’antica città di Acri, sebbene il viaggio che portò questo manufatto alla Cattedrale non è noto. Si tratta di un messale, cioè di un libro che raccoglie i testi, i canti, le preghiere che il celebrante usa durante il rito. Il testo è scritto su pergamena e contiene alcune miniature e iniziali di alto livello qualitativo. La grafia viene riferita a un amanuense di cultura francese, mentre le miniature mostrano la mano di due artisti formati attraverso la conoscenza della cultura pittorica occidentale, con forti suggestioni veneziane. Il manoscritto racconta una storia molto affascinante e solo apparentemente lontana, che crea un ponte tra le due sponde del Mediterraneo, da sempre fonte di scambio culturale.
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