Non parlerò di calcio, non me ne intendo. Mi risulta, tuttavia, impossibile non indignarmi e non arrossire profondamente dinanzi ad uno dei tanti episodi – la finale di Coppa Italia di ieri sera - che ha trasformato un evento sportivo in una guerra tra bande.
Mi scuso in anticipo con tutti i tifosi e i tecnici dello sport per l’eventuale uso improprio di vocaboli non adeguati al mondo calcistico e per l’omissione sull’andamento successivo della gara, ma quello che qui mi preme è la denuncia di un orrore che non può non imbarazzare. Ricorro, quindi, alla mia penna perché la mia indignazione si traduca in strumento, si spera, che apra a indispensabili riflessioni. Passiamo alla cronaca dei fatti.
Ieri sera, sabato 3 maggio, si sarebbe dovuto disputare uno degli eventi sportivi più in vista del calcio italiano, la finale di Coppa Italia tra Fiorentina e Napoli, alla presenza di ospiti importanti quali il presidente del Consiglio Renzi, il presidente del Senato Grasso e il presidente del Coni Malagò. Uso il condizionale perché la festa si è trasformata in un vero e proprio inferno, culminata in una serie di scontri con il ferimento di una decina di tifosi, quasi tutti del Napoli, e con il ritardo del fischio di inizio di oltre 45 minuti.
Una notte da incubo, uno spettacolo al contrario, in cui tutto è cominciato con delle pistolettate al petto di un napoletano, e poi scontri, incidenti, regolamento di conti personali, lancio di petardi e bombe carta sul campo, fino all’episodio clou che vede protagonisti il capitano del Napoli Marek Hamsik e le autorità che concordano l’avvio della partita con il capo ultras partenopeo, noto negli ambienti da stadio e tra le forze dell’ordine come Genny la carogna, figlio di un affiliato al clan Misso.
Il tutto, non solo davanti ai sessantamila spettatori e ai milioni di italiani incollati alla TV, ma anche, e questo è il dato imbarazzante, sotto il naso del capo del governo e del presidente del senato. Tutti in silenzio, in attesa che la trattativa tra ultras e forze dell’ordine avesse fine. Tutti in attesa che lo spettacolo avesse inizio. E lo spettacolo, nonostante la vergogna e l’indignazione di chi come me crede ancora nel profondo senso di responsabilità e nel senso civico al di sopra di tutto, ha avuto inizio. Ovviamente, impossibile non avviare riflessioni. Impossibile non avere l’amara, nonché chiara consapevolezza che la violenza ultras è forte, perché è ideologia, modo di vivere e di esprimersi, che la bomba carta contro la polizia diventa “necessaria” perché affermazione di sé e della propria forza, così come “necessarie” sono le provocazioni sistematiche, i cori anti-polizia, l’attesa e la ricerca dello scontro a tutti i costi con i tifosi avversari e con le forze dell’ordine.
Impossibile non provare rabbia, impotenza, delusione, per chi come me si rende conto che della sua amata nazione, con tutte le sue ricchezze e bellezze, quello che gli stranieri vedono sono queste immagini umilianti, in cui tutti, dalle autorità presenti ai responsabili dell’ordine pubblico, sono ridotti a spettatori inermi, quasi prigionieri di ultras che decidono le sorti di una partita, ricattando lo Stato. Impossibile esultare poi per i risultati (Napoli - Fiorentina 3 a 1), perché non si può non provare imbarazzo quando una festa si trasforma in follia e ti convince che il calcio italiano è una vergogna per il nostro paese.