L’INSOSTENIBILE BISOGNO DI AMMIRAZIONE

Gustavo Pietropolli Charmet svela le paure degli adolescenti 2.0

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I grandi pensatori europei sembrano essere d’accordo. E’ successa una catastrofe. In pochi anni, con un’accelerazione imprevedibile, sono spariti il Patriarcato e il suo rappresentante più noto, il Padre, che è evaporato”: questo l’incipit del nuovo saggio di Gustavo Pietropolli Charmet, “L’insostenibile bisogno di ammirazione”, edito da Laterza. Un’opera emblematica, che descrive in chiave psicoanalitica i cambiamenti della società occidentale e la caduta dell’antica impalcatura valoriale fondata sul patriarcato.

cms_8829/2v.jpgLo psichiatra, da sempre impegnato nel trattamento degli adolescenti “difficili”, evidenzia come, fino a qualche anno fa, il disagio nei giovani fosse legato principalmente alla paura di trasgredire. La fantasia di colpa - talvolta infondata - era insita nella natura di ogni ragazzo, affondando le sue radici nelle esperienze infantili con una figura paterna che, per definizione, non poteva che risultare autoritaria ed esigente. “Questo genere di vissuti, sedimentati nell’Io, si riattivavano ogniqualvolta i giovani instauravano relazioni significative, portando con sé la costante sensazione di essere nocivi per gli altri” spiega Charmet, presentando il suo libro agli studenti di Psicologia dell’Università di Bari.

L’egemonia della cosiddetta “cultura etica”, pregna di un esasperato moralismo, non ha fatto altro che alimentare nell’inconscio dei giovani la rappresentazione del sé come essere distruttivo e malvagio, in costante conflitto con fantomatici crimini da espiare.

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Oggi, lo scenario sembra essere cambiato radicalmente. Fin dopo la nascita, al bambino viene attribuita, nel subconscio collettivo, una proverbiale ed inconfutabile innocenza. Al padre non è più affidato il compito di autoritario censore, laddove in passato la società gli imponeva di farsi “rappresentante della Legge” all’interno del nucleo familiare. La figura paterna deve, quindi, interpretare il proprio ruolo in chiave del tutto soggettiva, nell’assoluto “silenzio sociale” e nella totale assenza di “mandati”. Si è così configurato un nuovo modo di vivere la genitorialità, che vede protagonista la trasmissione delle personali esperienze di vita in un clima di amore ed accettazione, del tutto epurato dai sentimenti di paura e di colpa. L’unico protagonista della scena è il bambino: restano sullo sfondo un padre “disarmato”, a cui non è più consentito incutere terrore, e una madre che spinge il piccolo all’autonomia, in virtù dei propri impegni extra familiari e lavorativi. La realizzazione del sé è libera dalle catene del passato ma, allo stesso tempo, priva di confini in grado di delimitare e contenere l’essere: la creatività e la naturalezza del bambino superano ogni limite, generando un travolgente ed inarrestabile senso di disordine.

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Dall’alto del suo palcoscenico, nel bel mezzo del caos, il bambino coltiva un inconscio e disperato bisogno di ammirazione. Desidera che lo sguardo altrui possa delicatamente lambirlo, apprezzandolo per quello che è, non per ciò che possiede o che realizza. Un sentimento del tutto naturale, che non ha nulla di patologico se non nell’incontro con la frustrazione dell’indifferenza, dagli effetti terribili e distruttivi. L’unica ragione di vita, in una società fondata sull’ammirazione, è incarnata dall’essere sfacciatamente belli, ricchi e arroganti per attrarre lo sguardo ammaliato dell’altro. Se ciò non accade, nel giovane arde il bisogno di vendetta, che lo porta a compiere atti di efferata violenza. “La mortificazione narcisistica colpisce l’Io nel profondo, - afferma Charmet- generando una sorta di ‘anestesia etica’. Il giovane, allora, decide di colmare il bisogno di essere apprezzato con la notorietà, un sottoprodotto dell’ammirazione. Abbandonando ogni tipo di espressione valoriale, il giovane decide di attrarre gli sguardi su di sé con la forza, commettendo reati gravi (ai danni degli altri o di se stesso) senza il benché minimo scrupolo”.

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Questo nuovo modo di concepire il sé spazza via le antiche paturnie degli adolescenti, legate al senso di colpa, sostituendole con il senso di vergogna e di inadeguatezza di chi sente pesare la propria “bruttezza” perché ignorato dall’occhio vigile della società. E’ un universo che, generato da una repentina rivoluzione, non conosce ancora regole né valori. “L’assenza di punti di riferimento espone al pericolo di commettere errori grossolani, oltre che alla comparsa di frange estremiste pronte a corrompere e sgomitare per farsi strada. C’è chi farebbe di tutto pur di non perdere visibilità sociale, pur di non sentirsi ‘brutto’ agli occhi degli altri” sottolinea lo psichiatra.

Come organizzare, allora, questa nuova cultura, in modo da fornire ai giovani solide basi su cui costruire il proprio futuro? Charmet ritiene che sia necessario recuperare l’antico concetto di autorevolezza e adattarlo agli attuali modelli educativi: i genitori e la scuola dovrebbero riappropriarsi del proprio ruolo, pur senza scivolare nel patriarcato. “Esiste un tempo in cui i padri, senza soffocare la libertà, sono tenuti a guidare i propri figli nelle tenebre dell’età di transizione, aiutandoli a scegliere i valori a cui ispirarsi e il senso da imprimere all’esistenza” osserva a tal proposito Maria Fara Decaro, docente e ricercatrice presso il Dipartimento di Scienze Neurologiche e Psichiatriche del Policlinico di Bari. “Il tema della vergogna, ormai ricorrente, non fa che restituirci quell’analfabetismo affettivo che è alla base di molti disturbi. - aggiunge Alessandro Taurino, docente di Psicologia Clinica e Psicopatologia nel Dipartimento di Scienze Della Formazione, Psicologia e Comunicazione dell’ateneo barese – La priorità, oggi, è riacquisire il perduto senso di consapevolezza, risignificando le autorità, in particolar modo la scuola”.

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E’ di certo importante il contributo dell’intera comunità affinché si possa stabilire un compromesso tra le nuove necessità dei giovani, i sistemi educativi e le aspettative di una società sempre più “confusa”. L’obiettivo più ambizioso è quello di offrire alle nuove generazioni una cultura finalmente libera dalla vergogna, capace di guardare al di là dei confini materiali per scorgere l’intima bellezza di ogni essere umano.

Federica Marocchino

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