Dopo le minuziose ricerche ed indagini sul caso di sottrazione e riciclaggio del farmaco antitumorale Herceptin, c’è attualmente un nuovissimo e preoccupante allarme: altri medicinali, alcuni dei quali con provenienza furtiva dall’Italia, sarebbero stati contraffatti e reintrodotti con falsa documentazione in altri Paesi europei.
Secondo i militari del Corpo Carabinieri del Nas il traffico coinvolgerebbe 10 grossisti europei e 12 italiani, che avrebbero emesso fatture utilizzate per vendere i medicinali rubati a operatori italiani autorizzati, che li avrebbero a loro volta esportati verso altri mercati. Trattandosi di distributori non autorizzati, i prodotti, spiega l’Agenzia del Farmaco, non possono essere ritenuti sicuri e efficaci, pertanto sono da c onsiderarsi medicinali «falsificati» e non devono essere utilizzati.
«Tutti gli Stati Membri devono contattare i grossisti e gli importatori paralleli con sede sul proprio territorio affinché i prodotti acquistati dagli operatori non autorizzati siano messi temporaneamente in quarantena». I distributori che, per ventura, avessero acquistato medicinali per esportazione da uno degli operatori italiani o esteri individuati nel corso delle indagini sono invitati a segnalare il caso al Nas competente per territorio e all’Aifa, inviando dati e copie delle relative fatture, per consentire le attività di ricerca, indagine e controllo, a conclusione delle quali si procederà, a seconda degli esiti, alla conferma dello stato di quarantena o alla validazione rispetto alla sicurezza dei prodotti.
E non si tratta solo di un problema di criminalità: l’esportazione illegale di farmaci può nascondere anche dei rischi per la salute, soprattutto nel caso in cui i medicinali vengano manomessi. «Se i farmaci esportati e poi reimportati illegalmente rimangono così come sono c’è al massimo una evasione fiscale, che non ha effetti sulla salute, ma queste pratiche potrebbero nascondere rischi. Una tentazione che si può avere è quella di diluire il principio attivo, soprattutto se questo costa molto, o addirittura non usarlo per niente, come avverrebbe spesso per i farmaci comprati sulla rete internet. Per farlo è sufficiente contraffare etichette e scatole, un’operazione estremamente più facile che falsificare banconote. Ovviamente, a questo punto, ci sarebbero rischi per il paziente, che potrebbe assumere un farmaco depotenziato o addirittura non assumere alcun principio attivo o qualche sostanza sconosciuta». Al momento è troppo facile riprodurre scatole e foglietti illustrativi da parte di eventuali malfattori. «Il codice a barre non è per nulla sufficiente, è troppo facile da copiare: servirebbero degli accorgimenti più complessi, e una rete informatica che sia in grado di tracciare i farmaci dal momento in cui vengono prodotti fino all’arrivo a casa del paziente».