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CORBINO E FERMI – Individuare il talento e valorizzarlo

Ventotto ottobre millenovecentoventidue. È il giorno che cambierà la storia dell’Italia e la storia della Fisica italiana.

È il giorno della marcia più famosa del Bel Paese, organizzata dal Partito Nazionale Fascista per favorire l’approdo al Governo di Benito Mussolini.

È il giorno in cui il neo laureato Enrico Fermi, ambizioso fisico dalle enormi potenzialità, incontra a Roma il direttore dell’Istituto di Fisica di via Panisperna, il siciliano di Augusta Orso Mario Corbino.

Per puro caso, l’incontro avviene in coincidenza della marcia su Roma che fu subito oggetto di conversazione. Corbino era preoccupato. Deprecava l’uso della violenza invocato da Mussolini.

Trovava che era un uomo senza scrupoli e vedeva un brutto futuro per il Paese sia che Mussolini prendesse il potere e stabilisse de facto una dittatura sia che il Re, proclamando lo stato di assedio, potesse scatenare una guerra fratricida.

Quell’incontro con Orso Mario è così descritto da Enrico Fermi: “Io avevo allora venti anni e il Corbino quarantasei; era senatore, era stato già ministro della pubblica istruzione ed era inoltre universalmente noto come una delle personalità più eminenti nel campo degli studi.

Fu perciò con spiegabile titubanza che mi presentai a Lui: ma la titubanza sparì subito di fronte al modo insieme cordiale e interessante con cui Egli prese a discutere con me dell’argomento dei miei studi.

Avemmo in quel periodo conversazioni e discussioni quasi quotidiane, per effetto delle quali non solo mi si chiarirono molte idee che avevo confuse, ma nacque in me la profonda e sentita venerazione del discepolo verso il maestro, venerazione che andò sempre crescendo negli anni che ebbi la fortuna di passare nel suo laboratorio.

Credo di poter affermare che questi sentimenti siano comuni a tutti quanti lo hanno avvicinato: la sua affabilità, il modo intelligente ed arguto con cui riusciva talvolta a dire anche verità spiacevoli senza menomamente offendere, la sua assoluta sincerità, il reale interesse che Egli provava per le questioni sia scientifiche che umane conquistavano subito simpatia e ammirazione”.

Non male. Specie se si considera che Enrico Fermi, secondo varie testimonianze, era sempre molto tirato quando doveva esprimere lodi e apprezzamenti per il prossimo. In questo Fermi differiva radicalmente da Corbino, che era propenso a lodare esplicitamente quando pensava che la lode fosse meritata (Emilio Segrè).

Corbino è quindi in linea con quanto consigliano gli educatori di oggi. In sintesi, non lesinare assolutamente elogi a chi li merita. Contribuiscono a fare crescere l’autostima di chi li riceve e a migliorarlo sempre di più. 

Il siciliano, da buon accademico dei Lincei, ha la vista buona. Vede subito che u picciottu, il giovanotto, è un fisico di grande talento e su di lui può fondare un centro di ricerca di valore mondiale. Non lo vede come un potenziale futuro avversario che potrebbe metterlo in ombra, ma esclusivamente come un talento da valorizzare al massimo per rilanciare a livello mondiale la fisica italiana. Lo favorisce in diversi modi, ne diviene il mentore e il protettore in un periodo storico molto difficile. Lo mette in condizione di operare al meglio senza problemi di carattere burocratico o economico. Sembrerebbe, quello di Corbino, un comportamento normale per un docente universitario ma la realtà in cui viviamo lo fa apparire anomalo. Ahinoi! Ieri come oggi, spesso i baroni universitari, i politici, i burocrati, i direttori sportivi di società calcistiche, vedi il recentissimo caso Salvatore Bagni, e tanti altri che potrebbero farlo, non valorizzano i veri talenti, pur riconoscendoli. Tendono a favorire la carriera di personaggi mediocri, poco talentuosi ma molto fedeli (eufemismo), dai quali però possono ottenere benefici di vario tipo. Il merito è spesso ignorato e/o osteggiato. Tanti talenti sono stati scoperti e uccisi “nella culla”. Tantissimi sono gli uomini che non sono stati messi in condizione di poter esprimere al massimo il proprio talento. Per non parlare delle donne. Solo da poco tempo sono considerate al pari agli uomini come capacità.  Sprecare i talenti è un atteggiamento autolesionistico. Il talento espresso contribuisce al benessere della Comunità. Anche l’invidia sociale, molto radicata nell’uomo fin dall’antichità, contribuisce negativamente al progresso della Comunità. La maggioranza della popolazione ha una certa avversione verso il successo altrui. Scrive Indro Montanelli: “Quando un italiano vede passare una macchina di lusso, il suo primo stimolo non è averne una anche lui, ma tagliarle le gomme”. Per Leonardo Sciascia, spesso in Italia il Vice è più capace e più bravo del Capo, intendendo che in genere i migliori sono boicottati e si diventa Capi non per particolari competenze e capacità intellettuali ma per motivi ben diversi. Ma, per carità, non piangiamoci addosso, non è una peculiarità solo italiana come taluni affermano. È la famosa sindrome del Papavero Alto che sembra risalire ai tempi di Tarquinio il Superbo. Il Papavero Alto è colui che emerge sugli altri e per questo è oggetto di critiche e sospetti. Questa sindrome ha molto a che fare con l’invidia, uno dei sette peccati capitali della tradizione cristiana. Oggi è considerata una delle principali cause della fuga dei cervelli dall’Italia.

Si può quindi ben comprendere perché i motti dell’autorevole Corbino, “largo ai giovani” e “spazio ai talenti”, nel secolo scorso (anche oggi sarebbe così?) scatenano preoccupazioni. Racconta Edoardo Amaldi che quando Fermi inizia nel 1926 a insegnare: “Non mancavano nelle diverse università italiane alcuni professori di vecchio stile, che stentavano o addirittura non volevano riconoscere il suo valore. L’intesa con O.M. Corbino era invece perfetta”. Per fortuna, a Corbino di unni ci chiovi ci sciddica, da ovunque piova gli scivola, ovvero non lo bagna e non lo turba, e continua imperterrito a pianificare a suo modo il rinnovamento della fisica italiana, dando fiducia e importanza non solo a Fermi ma anche agli altri talentuosi giovani fisici.  Il direttore dell’Istituto di Fisica di via Panisperna è ben consapevole che una rondine non fa primavera. Pertanto, per raggiungere il suo obiettivo, fare grande la Fisica italiana nel mondo, repetita juvant, crea a Roma un gruppo di lavoro efficiente guidato da Fermi. Segue un preciso progetto e, passo dopo passo, riesce a far lavorare presso l’Istituto i più promettenti giovani fisici italiani. Con l’aiuto di Guglielmo Marconi, suo grande estimatore e uomo simbolo della scienza durante il regime fascista, riesce a trovare i necessari finanziamenti per eseguire ricerche ed esperimenti. Con un po’ di fantasia, viene in mente la scena del film “I magnifici sette”, quando Chris Adams (Yul Brynner nel film) sceglie uno per uno i migliori pistoleri per difendere un villaggio messicano dai banditi.

Il modo di operare di Corbino è osservato attentamente da Laura Capon, moglie di Enrico Fermi, divulgatrice scientifica di successo e allieva di Corbino all’Università, con Corbino l’elettricità sembrava quasi divertente. Circa venti anni dopo la scomparsa dello scienziato siciliano, Laura Capon Fermi scrive nel suo libro “Atomi in Famiglia”, pubblicato nel 1954 dalla “University of Chicago press” e dalla “Arnoldo Mondadori Editore”, nel capitolo IV “I ragazzi di Corbino”: Corbino aveva spiccatissime doti comuni ai Siciliani; era d’ingegno acuto, di mente pronta ed equilibrata, di giudizio sicuro; nei rapporti umani metteva un affetto semplice e caldo. L’esuberanza fisica, lo spirito battagliero, l’inestinguibile forza di volontà, lo rendevano capace di raggiungere qualsiasi fine prefisso. E il fine che si prefiggeva ora era l’attuazione di una scuola di fisica che in breve tempo raggiungesse fama mondiale. Corbino li chiamava i suoi ragazzi e, come un padre, li seguiva amorevolmente nelle loro ricerche, oltremodo orgoglioso dei loro successi. I ragazzi di Corbino lavoravano assieme, in una collaborazione naturale e spontanea”.  Sempre nel 1954, nel suo ultimo viaggio in Italia, a Como per delle lezioni di fisica, il premio Nobel del 1938 Enrico Fermi, già gravemente malato, ci tiene a sottolineare pubblicamente e per l’ennesima volta, il grande contributo dato alla fisica italiana da Orso Mario Corbino di cui evidenzia anche la grande umanità.

In conclusione, in un periodo storico in cui l’io prevale sul NOI, e in cui del valore della meritocrazia si parla troppo senza poi premiare chi lo merita, ritengo che è bene ricordare i meriti di Corbino e simbolicamente premiarlo con questo articolo. L’augurio è che il suo modo di agire sia preso da esempio dalle nuove generazioni e non solo da loro.

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Data:

18 Maggio 2025

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