Orlando Perez, direttore del quotidiano Telégrafo in Ecuador, fa visita alla comunitá ecuadoregna a Milano per presentare il suo nuovo libro: “Caso Chevròn, la veritá non inquina”. Abbiamo colto l occasione per parlare con lui oltre che del Suo libro, dell’Ecuador che, mai come oggi, sta vivendo un momento magico tra riforme, preparazione per le nuove elezioni di febbraio e non per ultimo sul risveglio delle destre in America Latina e il ruolo dei media nella società odierna.
Quanto ha investito Il Governo di Correa nei settori dell’informazione e dell’educazione?
“Quasi Il 5% del Pil del paese è stato investito nell’educazione della popolazione. Si sono create 4 facoltà importanti nella regione amazonica, come quella di Biologia, quella dell’Arte a Guayaquil, un polo Pedagogico e uno della Scienza.
Oltre a questo si è investito, come mai prima d’ora in questi ultimi 40 anni, in quelle che si chiamano le “Scuole del Milenio” strutture di base educativa. Si sono costruite 200 scuole nelle zone più difficili da raggiungere dove possano avere accesso anche i bambini bisognosi con libri gratis e pranzo incluso.
Il Governo attraverso l’approvazione di leggi e decreti speciali, ha investito tanto nello sviluppo tecnologico e scientifico e in questo Correa è un esempio non solo per l’Ecuador ma per tutto Il Mondo per aver saputo costruire le basi per uno sviluppo sociale che tutti vedranno nel tempo”.
Se passiamo al piano politico, qual è Il clima che si respira oggi in Ecuador in vista delle vicine elezioni di Febbraio?
“Oggi la sinistra ecuatoriana prepara Il suo candidato, Il Vice-Presidente Leny Moreno, che è espressione di uno stile diverso rispetto a Correa, uomo più del dialogo e delle trattative; un altro tipi di leader che ha però Il pieno appoggio da parte di Correa stesso e del sui gruppo politico.
Da una parte questi cambiamenti e il caos prodotti in Venezuela stimolano ancora di più le destre latine, facendole apparire quasi come l’unica scelta. Dall’altra parte però, accendono nelle persone Il desiderio di avvicinarsi l’una all’altra, di guardare gli errori dei quali non ci si era accorti per decidere e scegliere meglio”.
Cosa pensa della strategia di Correa nell’offrire asilo politico a Julian Assange?
“Questa è stata una strategia chiave che ha dimostrato un’assoluta sovranità dello stato dell’Ecuador, un’autonomia mondiale. Nessun altro governo avrebbe sopportato la pressione degli Stati Uniti e della Gran Bretagna.
Julian è uno dei miei più grandi amici. È un guerriero di questa nuova epoca. È questo un nuovo sguardo di una disputa dell’epoca della trasparenza, dei diritti umani, del dire la verità con una buona prospettiva politica. Julian Assange, si può dire, che è il martire di questa epoca nuova dove si connette molto bene anche con le nuove generazioni. Il capitalismo non avrebbe mai immaginato che lo strumento, internet in questo caso, da loro inventato per controllare le masse, si sarebbe loro riversato contro”.
Che cosa è il Piano Condor. È finito o è ancora in atto in America Latina?
“Il Piano Condor non è un’istituzione ma una modo dii pensare. Il Piano Condor non esisterebbe se non esistessero i media di comunicazione che pressano i governi che conducono e perseguitano le idee delle persone. Siccome ora in America Latina i Governi si eleggono in maniera democratica la strategia del nuovo piano Condor sono i colpi di Stato. L’ultimo è stato in Chile con il Presidente Alliende, poi tentato in Honduras e adesso in Venezuela con Maduro. Lo stanno tentando in Brasile con Dilma Rousseff, lo tentarono con Evo, con Chavez”.
Si può quindi dire che il Piano Condor esiste anche in Europa?
“Certo che si. In Europa esiste un pensiero egemonico dominante, un modo di pensare che si produce nei film , per esempio quando invadono Iraq, Libia e si impongono ai governi che non hanno un pieno appoggio popolare”.
Stiamo vivendo oggi in una guerra fredda?
“Oggi c’è una guerra fredda che è contesa tra l’Occidente e l’Oriente di cui fanno parte Russia, China e anche Turchia. Stiamo ugualmente come negli anni 60-70. Dall’altra parte la Cina gioca un ruolo molto importante nelle decisioni da prendere. È stato il caso della guerra in Ucraina e anche in Siria contro il governo di Bashar Al Asad. La Cina influisce tantissimo nelle decisioni della Russia”.
Perché non finisce la guerra in Siria?
“Perché c’è un apparato militare che si alimenta con la guerra. Dove vanno a parare i paesi che producono armi, non dimentichiamo che l’Italia è uno dei primi tra questi paesi”.