Il Covid continua a far parlare di sé anche in questo inizio di 2023. Il Presidente cinese Xi Jinping, nel discorso in tv per il nuovo anno si è espresso così sulla questione: “Nella lotta al Coronavirus la Cina è ancora in un momento difficile. La prevenzione e il controllo dell’epidemia sono entrati in una nuova fase ma la luce della speranza è davanti a noi”. Queste parole fanno seguito all’impennata eccezionale dei contagi in Cina, con durissime restrizioni adottate. Com’era già capitato nel 2020, è difficile muoversi in mezzo ai dati e numeri provenienti dal Paese orientale, ma secondo la CNN sarebbero quasi 250 milioni i cinesi che potrebbero aver contratto il Covid-19 nei primi 20 giorni di dicembre. Sempre secondo CNN, che ha ripreso dati e numeri da Bloomberg e Financial Times, si stima che circa il 18% di 1,4 miliardi di persone in Cina avrebbe contratto il virus e rappresenterebbe così il più grande focolaio di Covid-19 fino ad oggi a livello globale. Queste cifre derivano da un documento discusso qualche giorno fa dalla Commissione nazionale della Salute cinese, alla quale CNN ha avuto accesso senza poter certificare l’autenticità. Dubbi a parte, è cristallino che sia durante la pandemia sia in questo momento in cui il virus è tornato prepotentemente, la Cina abbia spesso dato numeri ben diversi da quelli reali. Basti pensare che ufficialmente ha registrato poco più di 5.200 morti per Covid e negli ultimi giorni ha segnalato appena 3.049 nuovi casi. Negli ultimi giorni sono anche circolate immagini sui social network orientali, di un cordone di sicurezza della polizia intorno a un crematorio di Pechino dove sono state viste lunghe code di carri funebri.
La preoccupazione maggiore però per questa nuova ondata del virus è più per i cittadini cinesi. In tre anni di pandemia il governo cinese ha imposto restrizioni durissime seguendo la politica dello ’zero Covid’, che avrebbe perseguito anche in questo momento di difficoltà se non fosse per le enormi proteste diffuse in ogni città. L’ottimismo paventato da Xi Jinping non è corrisponde a quello della popolazione che ha preso d’assalto sia gli ospedali sia le farmacie che, nel frattempo, avrebbero sostanzialmente esaurito le scorte di medicinali contro la febbre. Altra criticità in atto è l’azzerata fiducia verso i farmaci e vaccini made in China. Tantissime sono le persone che hanno cercato vaccini a mRna occidentali dovunque sia possibile, come per esempio la regione amministrativa speciale di Macao presa d’assalto dai turisti cinesi per assicurarsi un posto in lista nell’unico ospedale che offre vaccinazioni con Pfizer e Moderna. In soccorso di Pechino è intervenuta anche la presidente di Taiwan, Tsai Ing-wen, che ha offerto un aiuto nonostante le tensioni politiche degli ultimi mesi: “Finché ce ne sarà bisogno, siamo disposti a fornire l’assistenza necessaria sulla base di preoccupazioni umanitarie”, ha spiegato nel suo discorso di Capodanno, nella speranza che gli aiuti taiwanesi possano “aiutare più persone a uscire dalla pandemia e avere un capodanno sano e sicuro”.
La preoccupante situazione cinese ha messo in allarme tutto il mondo, e specialmente l’Europa. Il primo Paese a muoversi è stata l’Italia che ha imposto tamponi a tutti i passeggeri in arrivo dal Paese asiatico. Subito dopo si sono mosse, seguendo l’esempio di Roma, anche Francia, Spagna e Gran Bretagna. Ad oggi praticamente mezza Europa, chi con tamponi e chi con altre metodologie, sta cercando di monitorare le persone che arrivano nel Vecchio Continente dalla Cina. Per cercare una risposta coesa e coordinata a questo nuovo picco di Covid-19 in Cina, l’Unione Europea ha quindi deciso per un incontro con tutti gli Stati membri per discutere una risposta congiunta al tema dei viaggiatori provenienti dalla Cina. A tracciare questa strada è stata la Svezia, che dal 1 gennaio 2023 ha assunto la presidenza del semestre UE, in controtendenza alle proprie politiche meno restrittive utilizzate nella prima ondata di Covid, risultate poi perdenti. L’azione svedese, e dell’UE, arriva in parallelo all’analisi della società britannica di analisi della salute Airfinity, secondo cui una prima ondata di contagi nelle aree urbane dovrebbe raggiungere il picco a gennaio. Purtroppo, sempre secondo la società, una seconda ondata maggiore e più estesa arriverà a febbraio e comprenderà le areee rurali dove i sistemi sanitari sono molto più deboli.