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CRISI GRANO: RISCHIO CONFLITTI IN AFRICA?

cms_26323/granoimport.jpgIl conflitto in atto in Ucraina continua a dare contraccolpi a livello globale. Oltre ai danni consueti di una guerra, l’invasione russa ha generato due crisi in particolare, quella del gas e quella inerente al grano. Sulla seconda è intervenuto molto preoccupato il Ministro degli Esteri italiano, Luigi Di Maio, non nascondendo le sue paure e timori per il costo delle materie prime in generale e del grano in particolare. L’ansia è principalmente dovuta al fatto che il grano venga per lo più prodotto proprio in Russia ed Ucraina, dove la produzione è precipitata e quel che è prodotto fatica ad uscire dai Paesi ed essere smistato. In un quadro già difficile, a rischiare di più sono gli Stati già sistematicamente in difficoltà. Chi rientra in questa descrizione è l’Africa tutta, o quasi. Il continente africano non gode né di stabilità politica né di livelli di sostentamento alti, ed una crisi come quella in atto potrebbe scaturire effetti ben peggiori. «Ci sono 30 milioni di tonnellate di grano bloccate nei porti ucraini dalle navi da guerra russe. Quello che noi stiamo facendo è lavorare affinché la Russia sblocchi l’export di grano nei porti ucraini, perché senza quel grano rischiamo che scoppino nuove guerre in Africa. Rischiamo instabilità politica, la proliferazione di organizzazioni terroristiche e colpi di stato», sono le parole più che mai preoccupanti di Luigi Di Maio.

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Oltre a ciò il Ministro ha ricordato che martedì ci sarà una prima sessione di dialogo con i Paesi del Mediterraneo sulla sicurezza alimentare: «Lavoreremo con tutti i partner insieme alla Germania, alla Turchia, alla Francia e tanti altri per arrivare all’obiettivo di sbloccare le quantità di grano che devono uscire dall’Ucraina». Alcuni numeri e dati fanno ben sperare, ma non devono creare illusioni. Coldiretti ha sottolineato che i prezzi mondiali del grano siano tornati agli stessi livelli di due mesi fa. A rendere possibile ciò vi sono stati alcuni fattori scatenanti come: il via libera del presidente russo Putin all’utilizzo dei porti occupati per le esportazioni anche per i raccolti ucraini e la chiusura settimanale del Chicago Board of trade dove il grano sul mercato future è stato quotato 10,4 dollari per bushel (27,2 chili) ed una riduzione del 10% in tre giorni. Seguendo questa scia anche il mais, destinato all’alimentazione, sta tornando a valori normali, a 7,27 dollari per bushel.

Oltre a ciò la progressiva partenza di navi dai porti del Mar Nero ha accentuato questa discesa dei prezzi. Si stima che in totale nei magazzini ucraini ci siano oltre 20 milioni di tonnellate di cereali tra grano, orzo e mais destinati alle esportazioni sia in Paesi ricchi che in quelli più poveri, in attesa di partire.

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La partenza dei materiali dai magazzini è fondamentale, in quanto va lasciato spazio ai nuovi quantitativi in arrivo nelle prossime settimane, ovvero 19 milioni di tonnellate ovvero circa il 40% in meno rispetto ai 33 milioni di tonnellate previsti per questa stagione. I numeri leggermente in miglioramento però non devono fungere da abbaglio. Coldiretti ha precisato che questi dati non significano il superamento della difficoltà, bensì il maggior interesse del mercato alle materie prime agricole, figlio delle speculazioni sugli alti valori per creare profitto. «Le speculazioni si spostano dai mercati finanziari in difficoltà ai metalli preziosi come l’oro fino ai prodotti agricoli dove le quotazioni dipendono sempre meno dall’andamento reale della domanda e dell’offerta e sempre più dai movimenti finanziari e dalle strategie di mercato che trovano nei contratti derivati ‘future’ uno strumento su cui chiunque può investire acquistando e vendendo solo virtualmente il prodotto». Così ha specificato l’ente. Il rischio quindi di guerre, conflitti e proliferazione terroristica in Africa è reale se si pensa che Paesi come Egitto, Turchia, Bangladesh e Iran acquistano il 60% del proprio grano da Russia ed Ucraina, ma anche Libano, Tunisia Yemen, e Libia e Pakistan ne siano altamente dipendenti. Questi dati quindi devono essere un monito per un intervento congiunto e consolidamento per evitare il peggio.

Data:

5 Giugno 2022