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CRISI IN MEDIORIENTE: IL SUDAMERICA DIVISO

Il conflitto russo-ucraino aveva già diviso il mondo. A questo è seguito, meglio dire che si è aggiunto, il conflitto israelo-palestinese e adesso, come se già la parola “guerra” non fosse abbastanza divisiva, stiamo vivendo una crisi tra Israele e Iran. L’America latina, sul tema, raccoglie ancora una volta vedute diverse.

Argomento: l’attacco dell’Iran, per il quale si è chiamati ad esprimere una condanna, tema già sul tavolo degli uffici dell’Onu. In quest’ultimo caso, infatti, è stato lo stesso stato ebraico a chiedere una convocazione di urgenza, “per condannare in modo inequivocabile l’Iran per le gravi violazioni”. Sul fronte americano più in generale, l’Organizzazione degli Stati Americani, tramite la propria Segreteria, ha immediatamente condannato l’azione iraniana, la quale ha costituito “la completa rottura delle norme basilari del diritto internazionale”. L’OSA è un’organizzazione regionale, che riunisce i paesi del continente americano per promuovere la cooperazione e il dialogo su questioni politiche, economiche, sociali e culturali, composta da (quasi) tutti gli Stati del continente, compreso America Latina, Caraibi e Nord America.

Alla dichiarazione della Segreteria non hanno infatti tutti aderito, a cominciare dal presidente venezuelano Nicolas Maduro, già in precedenza schierato dalla parte dell’Iran (nonché Russia e Cina) e sin dal 2017 in rottura proprio con l’OSA. Maduro, che sta seguendo gli eventi del Medio Oriente definendoli semplicemente “preoccupanti”, non ha aggiunto altro. A parlare invece il suo ministro degli Esteri Yvan Gil, che ha individuato le responsabilità della situazione, riflettendo, sul social X, sul fatto che l’instabilità nella regione nelle ultime settimane sia peggiorata drammaticamente “a causa del genocidio in Palestina, dell’irrazionalità del regime israeliano e dell’inazione delle Nazioni Unite” (Reuters).

La linea politica della Colombia è tracciata sullo stesso solco. Il presidente Gustavo Petro, come riferisce il “The City Paper” di Bogotà, ha incolpato gli Stati Uniti, i quali avrebbero sostenuto il genocidio “che ha infiammato il mondo”. Con l’evidente riferimento ad Israele. “Il genocidio precede ogni barbarie” ha quindi dichiarato, opponendosi fermamente alla dichiarazione pronunciata della Segreteria dell’OSA, con la quale è stato condannato “inequivocabilmente” l’attacco iraniano, in totale solidarietà “con il governo e il popolo di Israele”.

Di pensiero diametralmente opposto il presidente argentino Javier Milei, da sempre sostenitore (degli Stati Uniti) e di Israele, quest’ultimo ritenuto “un baluardo dei valori occidentali”. “Solidarietà e impegno incrollabile nei confronti dello Stato di Israele in seguito agli attacchi della Repubblica islamica dell’Iran”, ha dichiarato, aggiungendo che “la Repubblica Argentina riconosce il diritto degli Stati-Nazione a difendersi e sostiene fortemente lo stato d’Israele nella difesa della sua sovranità, in particolare contro i regimi che promuovono il terrore e minano alla distruzione della civiltà occidentale”.

Mentre in Brasile Luiz Inacio Lula da Silva non ha espresso alcuna opinione ufficiale in merito, il presidente del Paraguay Santiago Peña ha sostenuto pienamente “il popolo di Israele”; il ministro degli Esteri cileno Alberto Van Klaveren ha parlato di “condanna dell’uso della forza”, sottolineando come il proprio paese difenda il “diritto internazionale umanitario”.

Generica preoccupazione è stata poi espressa da Messico, Uruguay, Ecuador e Perù.

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Data:

16 Aprile 2024