Le vicende politiche in Venezuela continuano a generare preoccupazione a livello internazionale, con una crisi sempre più marcata tra repressione interna, fuga dei leader dell’opposizione e peso crescente delle sanzioni imposte dall’Occidente. L’esilio del candidato dell’opposizione Edmundo González Urrutia, che ha trovato protezione in Spagna (https://www.internationalwebpost.org/venezuela-gonzalez-lascia-il-paese-e-si-rifugia-in-spagna/), segna un nuovo capitolo nella lunga lotta tra il governo autoritario di Nicolás Maduro e i suoi oppositori. González è riuscito a raggiungere Madrid, dove spera di continuare la sua battaglia politica da lontano, ma la sua fuga rappresenta un duro colpo per l’opposizione venezuelana, ormai privata di molti dei suoi leader.
La situazione si è aggravata ulteriormente con il recente assedio all’ambasciata argentina a Caracas. Sei oppositori di Maduro, che avevano chiesto protezione a quella sede diplomatica, si sono trovati intrappolati all’interno dell’edificio, che è stato circondato dalle forze speciali venezuelane. L’ambasciata è attualmente sotto la protezione del Brasile, poiché il personale diplomatico argentino aveva precedentemente lasciato la capitale venezuelana a causa del duro scontro politico tra il presidente argentino Javier Milei e Maduro.
Con la fuga di González, María Corina Machado, principale figura di spicco dell’opposizione rimasta in Venezuela, ha promesso di proseguire la lotta contro il governo (https://www.internationalwebpost.org/venezuela-arrestati-altri-due-oppositori-nelida-sanchez-e-perkins-rocha/). Nonostante la repressione, la Machado ha ribadito la sua determinazione a portare avanti un movimento democratico, incoraggiando i venezuelani a resistere e mantenere la speranza. Ha dichiarato che, nonostante l’esilio, González presterà giuramento come presidente il 10 gennaio 2025, segnalando così la sua volontà di portare avanti un simbolico cambiamento di leadership.
Tuttavia, il panorama per l’opposizione resta complicato. Con la maggior parte dei leader in esilio e la popolazione indebolita a causa della crisi economica, la capacità di organizzare ulteriori forme di dissenso dentro il Paese appare sempre più limitata. Il governo di Maduro ha gestito la situazione in maniera ferrea, mantenendo soprattutto un efficace controllo sulle istituzioni.
Il conflitto diplomatico con la citata Argentina è solo una delle numerose tensioni che il governo di Maduro sta affrontando. Il ministro della Giustizia argentino ha chiesto alla Corte Penale Internazionale (CPI) di emettere per il presidente del Venezuela un mandato di arresto, accusato di gravi violazioni dei diritti umani.
L’inasprimento delle relazioni diplomatiche con l’Argentina si inserisce in un contesto di avversione verso la politica del presidente. Diversi Paesi dell’America Latina e dell’Occidente hanno adottato una politica di distanziamento nei confronti del governo chavista, capeggiati dagli Stati Uniti, che continuano a mantenere forti sanzioni economiche contro il Paese.
Washington ha confermato la sua intenzione di proseguire con queste misure, nel tentativo di costringere il regime ad avviare un dialogo politico che potrebbe portare a una transizione democratica. Qualche giorno fa, un’azione drastica ha ulteriormente intensificato la tensione tra i due paesi: il sequestro dell’aereo presidenziale venezuelano, un velivolo dal valore di circa 13 milioni di dollari, avvenuto nella Repubblica Dominicana. Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, l’aereo sarebbe stato acquistato in violazione delle sanzioni imposte contro il Venezuela ed è stato poi trasportato in Florida. Il governo di Maduro ha reagito duramente, accusando gli Stati Uniti di “pirateria” e di usare misure coercitive in maniera illegale. Il Ministero degli Esteri venezuelano ha condannato l’azione, considerandola un ulteriore tentativo di destabilizzare il Paese e di giustificare un intervento esterno.