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Cyberbullismo, quando l’odio in rete colpisce anche i minori

La parola emergenza non viene precauzionalmente pronunciata, ma i dati cominciano a destare profonde preoccupazioni tra i genitori, i docenti, i ragazzi e gli operatori del settore. Il cyberbullismo, ovvero quella forma di hate speech che attacca, minaccia o insulta ragazzi in età scolare, motivando tale deprecabile comportamento a motivi di orientamento sessuale, disabilità o per colpire la dignità dei soggetti più deboli, è divenuto un tema di interesse e di urgente regolamentazione per contrastarne gli effetti, con la diffusione della rete, tra le nuove generazioni.

cms_7746/2p.jpgL’era digitale ha permesso di diffondere e trasmettere rapidamente su larga scala, espressioni omofobe, razziste o comunque denigratorie nei confronti di un’audience altissima. Il tema delle espressioni d’odio e nello specifico per quanto riguarda il cyberbullismo della violenza psicologica, necessita non solo di una regolamentazione che sanzioni efficacemente potenziali rischi, ma ha bisogno anche di un impegno congiunto di istituzioni e famiglie. Telefono Azzurro e il MIUR hanno presentato nei giorni scorsi il “Piano nazionale per l’educazione al rispetto”, un percorso comune del Ministero con l’associazione sui diritti dell’infanzia che ha portato al rinnovo del Protocollo di Intesa fra le due parti per la prevenzione e il contrasto del fenomeno del bullismo.

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Per i prossimi tre anni Telefono Azzurro si impegnerà in una serie di interventi di sensibilizzazione per far acquisire agli studenti la consapevolezza delle problematiche connesse al disagio e favorire la promozione di azioni educative e formative per la promuovere competenze sociali e civiche, che rientrano nel concetto di educazione alla cittadinanza attiva e globale. Sempre Telefono Azzurro ha contribuito al lancio della “Dichiarazione di Roma”, nel corso del “Child Dignity in the Digital World”, il primo congresso globale che ha riunito stakeholder e leader internazionali per discutere su temi relativi agli abusi e allo sfruttamento dei bambini in rete. Nel documento finale sono stati sottolineati tutti i punti chiave su cui intervenire, come per esempio la promozione della ricerca nella sanità pubblica e l’incremento di risorse per i professionisti in ambito sanitario e psichiatrico così da identificare al meglio gli indicatori di abuso e sfruttamento sessuale al fine di migliorare le modalità di segnalazione e di cura, oltre a garantire un incremento dei servizi di cura per i bambini vittime di violenze e abusi.

cms_7746/4.jpegIl ruolo della famiglie riveste poi un ruolo ancor più importante se si pensa che le giornate degli utenti under 13 sono caratterizzate da una frequente presenza fra le pagine e le chat dei principali social network: il 73% di essi usa abitualmente Whatsapp, il 44% Facebook, seguito da Instagram (35%), Snapchat (13%) e Twitter (10,8%). Il web in generale non viene percepito dai ragazzi, e non solo loro, come un posto sicuro, ma un terreno fertile per contenuti offensivi, soprattutto riguardo l’orientamento sessuale. Infatti il 48% dei minori ha paura di incontrare su internet persone che non sono chi dicono di essere; il 41% teme di essere contattato da estranei che chiedono il numero di telefono e informazioni personali; il 41% teme di ricevere richieste sessuali da adulti o di essere molestati nelle app di gioco (36%).

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Vi è poi una grave sottovalutazione dei rischi a lungo termine che si possono correre da parte dei bambini e degli adolescenti. Il 12% pensa che il sexting non abbia conseguenze negative; pochi conoscono l’impatto fortemente nocivo della pornografia sui più giovani, sia per gli effetti sociali che affettivi. Questi dati sono il frutto di un’indagine condotta su un campione di 609 ragazzi tra i 12 e 18 anni e 613 genitori. L’odio online oggi rappresenta un pericolo generalizzato, in grado di diffondersi e di attuare le sue pratiche in maniera intergenerazionale. Un aspetto altrettanto pericoloso, e forse ancora sottovalutato, è ciò che viene definito terrorismo interpersonale, ovvero l’uso di espressioni violente verso una persona attraverso la tecnologia. La viralità dell’attacco ad personam è un fenomeno preoccupante, in quanto il bullismo si sposta dalle aule scolastiche alla rete, divenendo così globale. La dilagante canalizzazione interpersonale dell’odio online può essere contrastato solo con efficaci meccanismi di autodifesa individuale da parte del singolo utente e attraverso una parallela forma di autoregolamentazione da parte della rete e dei provider tecnologici per far sì che internet non diventi la terra di nessuno.

Data:

18 Novembre 2017