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DAL BITCOIN ALL’IA: IL FUTURO È SEMPRE MENO SOSTENIBILE?

I big della Silicon Valley si troverebbero ora di fronte a una sfida cruciale nel loro impegno per la sostenibilità: infatti, la promessa di ecosostenibilità ed emissioni zero potrebbe essere infranto proprio dalla corsa alle nuove tecnologie come l’Intelligenza Artificiale. La creazione dei Bitcoin e l’operatività dei data center, già sotto i riflettori per il loro impatto ambientale, starebbero già spingendo al limite la richiesta di energia mettendo a dura prova transizione ecologica. Il Bitcoin è una criptovaluta che gira su una blockchain (un database di transazioni immutabile e distribuito) e consente agli utenti di effettuare transazioni online senza affidarsi a intermediari fidati. Il sistema è privo di permessi in quanto opera senza un’autorità centrale, consentendo a chiunque nel mondo di inviare, conservare e ricevere gettoni digitali di valore senza previa approvazione. Il cosiddetto “mining”, ovvero l’estrazione e il trasferimento di Bitcoin, richiederebbero uno spropositato quantitativo di energia per essere messi in atto principalmente a causa del processo di estrazione che utilizza un algoritmo che richiederebbe ai “minatori” di risolvere complessi problemi matematici per validare e registrare le transazioni sulla blockchain di Bitcoin.

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Sebbene il consumo di energia specifico per ogni transazione possa essere relativamente basso, l’insieme delle transazioni e il processo di mining richiedono una quantità significativa di risorse energetiche complessive. Similmente accadrebbe anche con l’IA, infatti secondo un documento dell’Università di Washington dello scorso dicembre, centinaia di milioni di domande su ChatGpt possono costare circa 1 gigawattora al giorno, equivalente al consumo energetico di 33mila famiglie statunitensi. La produzione di Bitcoin ha consumato nell’arco di due anni un’enorme quantità di energia, pari a 173,42 Terawattora, rendendola virtualmente una nazione consumatrice energetica di rilievo mondiale. I data center, vitali per i servizi cloud, contribuiscono anch’essi in modo significativo al consumo energetico globale e alle emissioni di CO2.

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L’interrogativo fondamentale che emerge è quindi il seguente: come è possibile perseguire l’obiettivo di zero emissioni se la ricerca e lo sviluppo continuano a generare una crescente domanda di energia? Una recente riflessione pubblicata dalla rivista The New Yorker solleva il problema, riportando le stime di Digiconosmist che suggeriscono come l’integrazione dell’Intelligenza Artificiale generativa in ogni ricerca di Google potrebbe portare a un consumo annuale di energia pari a 29 miliardi di kilowattora, superando il fabbisogno energetico di intere nazioni come il Kenya, il Guatemala e la Croazia. Nicola Gatti Nicola Gatti, Intelligenza Artificiale al Politecnico di Milano, ha infine sottolineato: “Gli strumenti di intelligenza artificiale sono molto eterogenei, alcuni di questi richiedono piccole capacità di calcolo mentre quelli di IA generativa richiedono grandissima capacità e quindi una grande mole di energia, dall’impatto ambientale non trascurabile. Una tra le tante sfide che la comunità scientifica deve affrontare è rendere questi modelli più specifici e di conseguenza più piccoli: questo potrebbe consentirne la riduzione dell’impatto ambientale.”

Data:

19 Marzo 2024