Ci sono 56 guerre attive al momento nel mondo, il numero più alto dalla fine della Seconda guerra mondiale. Lo ricorda il Corriere della Sera che evidenzia come durante questi 80 anni si è di molto affievolita la consapevolezza della sciagura del periodo 1939-1945, consapevolezza che ha portato alla nascita delle democrazie in Occidente, dell’Onu (“Possono diventarne membri tutti gli Stati amanti della pace”) e di ogni altro sistema frenante che scongiurasse altre corse verso l’abisso.
Secondo l’ Institute for Economics&Peace, i morti per questi conflitti in atto sarebbero oltre 160 mila, di cui quasi tre quarti tra Ucraina (83 mila) e Gaza (almeno 33 mila, aprile 2024). E il contatore sale, inarrestabile, nonostante i tentativi di arrivare almeno a qualche tregua.
Ma invece di cessare, il fuoco aumenta, gli incendi si estendono soprattutto in Medio Oriente, con l’apertura da parte di Israele del fronte con il Libano e la tensione sempre più alta con l’Iran, in una spirale che minaccia di travolgere non soltanto gli Stati interessati. C’è chi soffia su quei fuochi nella prospettiva che dal disordine esca un nuovo e diverso ordine mondiale (Cina, Russia, l’Iran stesso, burattinaio di Hamas, Hezbollah, Houti), e chi i fuochi prova vanamente, se non a spegnerli, almeno a contenerli.
È passato un anno dalla brutalità della strage scatenante del 7 ottobre, 1.200 vittime di Hamas, 250 ostaggi, di cui soltanto 96 forse ancora vivi da qualche parte della Striscia: per accelerare la corsa alla voragine, la Guida suprema di Teheran Ali Khamenei ha appena definito il 7 ottobre “un atto legittimo”.
Sonoinvece passati 956 giorni (24 febbraio 2022) da quando la Russia ha cominciato a invadere l’Ucraina. La furia dell’aggressione non si placa come dimostra, efferatezza tra tante, la recente fucilazione di 16 soldati di Kiev dopo che si erano arresi.
Nel 2023 l’impatto globale per spese militari è stato di 19 mila miliardi di dollari, circa 2.380 dollari per ogni abitante della Terra. Per converso, gli investimenti per il mantenimento o la costruzione di situazioni pacificate si sono fermati a 49,6 miliardi, poco più dello 0,5 per cento degli importi bellici. Ne stiamo sperimentando le conseguenze.
Forse la china che sta prendendo la situazione non ci angoscia come invece dovrebbe. E l’aspetto più allarmante è che a fronte della crescita esponenziale di morti, profughi, razzi e massacri, e con la prospettiva del peggio, fermamente perseguito per buone o cattivissime intenzioni, nessuno sembra in grado di farci niente. Nessuno, almeno tra quelli che avrebbero il compito di evitare o fermare disastri come quello in corso. È il collasso della diplomazia internazionale, scrive il giornale.