Molti mesi fa scrissi di un ragazzo con la passione per lo spettacolo.
Aveva imparato a ballare a cantare bene.
Recentemente ne ho riscritto perché attualmente è protagonista di un grande show teatrale.
Quindi ce l’ha fatta!
Oggi vi parlo di Daniele Lucarelli, un ragazzo con la passione della recitazione.
Chissà che non ricapiti la stessa sorte anche a lui…

Daniele ha 17 anni, frequenta il liceo, gioca a tennis e sta facendo piccole esperienze per imparare un mestiere che oggi non consiglierei a nessuno quello dell’attore.
Lo conosco da quando era un ragazzino che si incantava guardando i miei giochi di magia e si intestardiva a capirne i trucchi.
È un ragazzo che sogna di fare cose belle nella vita e ha molte idee piuttosto chiare e coinvolgenti.
Abbiamo trascorso una serata insieme a Firenze e gli ho posto delle domande.
La prima risposta mi ha colpito perché ha raccontato la stessa cosa che è capitata a me.

- Sapresti dirmi quando è scattata questa passione per la recitazione?
Credo all’asilo. C’era una recita, dovevo imparare la mia parte e non avevo alcun timore della gente che stava a guardare. Mi piaceva quello che stavo facendo, non posso dirti sulla base di quale ragionamento. Era tutto così istintivo.
Ma mi succedeva anche quando vedevo un film.
Contrariamente agli altri, non volevo essere quel personaggio ma interpretare quel personaggio. Essere nel film e recitare.
- E cosa provi quando reciti. Sapresti spiegarlo?
Una sensazione di benessere. Quando io recito sto bene, non so spiegare il perché.
Io ho altri interessi nella vita ma nessuno mi fa provare qualcosa di speciale come la recitazione.
Mi sento nel mio, mi sento in una condizione che mi permette di sentirmi me stesso. Capisci come è difficile spiegare?
Prima di salire su un palco il mio cuore batte a mille, ma dopo la prima battuta voglio restare lì, ho piacere a stare li. Quando esco, voglio rientrare.
Del pubblico non solo non ho paura ma ne ho bisogno. Mi fa dare il meglio di me perché penso: questa gente sta guardando me e quindi io devo fare del mio meglio.
Devo essere perfetto e so di esserlo, altrimenti non salirei sul palco.
Sono sicuro di me, della preparazione che ho fatto e il pubblico merita che io cerchi di essere “il più perfetto possibile”.
Tutte queste dinamiche mi regalano un benessere totale.

- C’è qualche attore che vedi come esempio? Come modello per il tuo percorso?
Più che un attore io guardo la recitazione. Sono più colpito da un certo modo di recitare una scena, a prescindere da chi sia l’attore. Ricordo dei momenti di film che mi hanno colpito particolarmente, più che gli attori che ne erano protagonisti.
- E c’è un film che ti è piaciuto e ti ha coinvolto particolarmente?
In questo momento ricordo “L’attimo fuggente”. Il potere della poesia, la capacità di coinvolgere gli studenti, la rivoluzione in un ambiente piuttosto freddo, statico, come quello della scuola.
Poi penso a “Il genio ribelle”, alla possibilità quindi di uscire da un mondo che non ci appartiene.
“La vita è bella” di Benigni, che riesce a trattare con una certa “leggerezza” un argomento terribile quale la condizione degli ebrei durante il nazismo.
E apprezzo Tarantino perché non sai mai ciò che ti puoi aspettare nello svolgersi del film.

- Tu che scuola frequenti? Se non riuscissi a realizzare questo sogno cosa pensi di fare in futuro?
Io frequento una scuola steineriana, la Waldorf di Firenze.
Non è riconosciuta dallo stato e quindi a fine anno devo sostenere un esame.
Questa scuola tende a sviluppare negli studenti tre percorsi: quello artistico, quello manuale e quello intellettuale.
Penso che tutto questo mi faccia bene perché stimola le tre componenti principali della personalità e mi porta ad essere aperto a qualsiasi dimensione.
Io mi sento più portato verso un indirizzo umanistico, che svilupperei alla fine di questo liceo.
Il mio programma è quello di finire gli studi e poi conoscere un po’ il mondo, recepire gli stimoli che mi darà e, senza pressioni, individuare il ruolo che potrei avere nella società e nella mia vita.
Io non so come sarà la mia vita ma ora posso solo dire che cercherò ciò che mi fa star bene e che mi fa bene. E che non intralci la strada di altre persone e che non faccia loro del male. In pratica cercherò di rispettare chi incontro sulla mia strada e gli altri in genere.
Il sociale è molto importante per me e non intendo trascurarlo; non solo, voglio dargli molta importanza.
Vorrei l’armonia intorno a me. L’armonia con gli altri, in qualsiasi situazione in cui mi trovo ad interagire.
Mentre conversavamo, facevo questa riflessione: quanti Daniele ci sono tra i giovani e non sappiamo riconoscerli e valorizzarli?
Ed è per questo motivo che molti di loro vanno all’estero.
A quanti di loro noi adulti non sappiamo testimoniare con il nostro comportamento quel mondo che idealmente vorrebbero o, quantomeno, che è bello crederci e agire per realizzarlo.
Eduardo Galeano scriveva: “L’utopia è come l’orizzonte; cammino due passi, e si allontana di due passi. Cammino dieci passi, e si allontana di dieci passi. L’orizzonte è irraggiungibile. E allora, a cosa serve l’utopia? A questo: serve per continuare a camminare.”
“Camminare bene” aggiungo io.