“Ciascuno cresce solo se sognato” Nonviolenza, sogno e liberazione nella pedagogia di Danilo Dolci, operatore sociale o educatore.
Ciascuno cresce solo se sognato Danilo Dolci C’è chi insegna guidando gli altri come cavalli passo per passo: forse c’è chi si sente soddisfatto così guidato. C’è chi insegna lodando quanto trova di buono e divertendo: c’è pure chi si sente soddisfatto essendo incoraggiato. C’è pure chi educa, senza nascondere l’assurdo ch’è nel mondo, aperto ad ogni sviluppo ma cercando d’essere franco all’altro come a sé, sognando gli altri come ora non sono: ciascuno cresce solo se sognato. (Danilo Dolci, poesia pubblicata ne Il limone lunare, Laterza, 1970)
Per tutto l’arco della propria esistenza Danilo Dolci è stato poeta, operatore sociale e educatore. Il suo intervento sociale ha origine dell’esperienza di Nomadelfia, a cui seguirono le creazioni del Centro Studi Borgo di Dio di Trappeto, del Centro Studi e Iniziative per la Piena Occupazione di Partinico e del Centro per lo Sviluppo Creativo.
Nel 1985 il Centro Studi e Iniziative si ristruttura in Centro per lo Sviluppo Creativo, approfondendo le pratiche di educazione non violenta e contribuendo all’elaborazione di una metodologia, la maieutica reciproca, che possa favorire lo sviluppo creativo nelle scuole e sul territorio.
La maieutica reciproca
L’approccio maieutico reciproco è stato sviluppato e messo in pratica da Danilo Dolci a partire dagli anni ’50 e ha preso spunto dalla maieutica socratica. La maieutica socratica è un approccio dialettico d’indagine filosofica fondato sul dialogo. Il termine maieutica deriva dal greco e tradotto esprime “l’arte della levatrice”. Infatti, Socrate accosta l’arte della levatrice all’arte della dialettica.
Attraverso il metodo maieutico, Socrate porta il suo interlocutore a svolgere un’indagine autonoma di se stesso per trovare la verità. Mediante le domande, che attivano il dialogo interiore, la persona guarda dentro la propria anima e inizia un viaggio finalizzato alla comprensione di sé e dell’amore per una conoscenza non limitata a nozioni e concetti, ma quale passione profonda per la sapienza frutto di ricerca e consapevolezza individuale.
Ciò che emergerà dalla mente di ogni uomo sarà dunque una conquista del tutto personale: un’espressione di auto-educazione. Colui che raggiunge la consapevolezza della propria ignoranza può realmente cercare e trovare il sapere. In questo la maieutica è riconducibile all’arte dell’allevare, laddove però non si tratta di far partorire un corpo fisico bensì l’anima dell’uomo.
La sostanziale differenza tra la maieutica reciproca esercitata da Danilo Dolci e la maieutica socratica è il confronto. Se per Socrate la maieutica era contraddistinta dall’unidirezionalità, secondo Danilo Dolci, la conoscenza e l’apprendimento derivano dall’esperienza, dal confronto e da uno scambio maieutico reciproco. Danilo Dolci ha sviluppato ed esercitato durante la sua vita, l’approccio maieutico reciproco, che si prefigge essere un approccio dialettico focalizzato sul dialogo, sulla domanda, sull’indagine e sull’autoanalisi popolare.
È proprio nel dialogo che, secondo Danilo Dolci, risiede la possibilità di riconoscimento e di auto-riconoscimento di un individuo o di una comunità. L’approccio maieutico reciproco di Dolci è fondato quindi sulla domanda, sull’ascolto, sull’introspezione, l’esplorazione, sul confronto e lo scambio reciproco di esperienze e di creatività.
Alla base del processo maieutico reciproco vi è il riconoscimento dell’abilità delle persone di scoprire, tramite il confronto e il dialogo, i propri interessi vitali e la possibilità di esprimere in maniera libera i propri pensieri. Nella convinzione che non esistono verità assolute o preconfezionate, Dolci educatore è convinto che qualsiasi cambiamento sia possibile solo nella misura in cui le persone interessate siano coinvolte nel processo di cambiamento, tramite una partecipazione diretta.
“La riscoperta del metodo maieutico e i suoi sviluppi, rispetto alla maieutica socratico-platonica, hanno origine dall’esigenza di analisi concreta della realtà sociale e dall’impegno di lotta per far nascere da essa il progetto di cambiamento, come auto progetto”. (Mangano, 1992) L’esigenza alla base di avviare un processo di cambiamento partendo dal basso, è alla base del nuovo significato attribuito alla maieutica. Per questo, è stato fondamentale svolgere un’autoanalisi individuale e analisi della realtà vissuta.
Danilo Dolci svolge un lavoro di ricerca e inchiesta basato sulla domanda e sull’ascolto delle principali preoccupazioni e situazioni percepite con disagio dagli individui della comunità. Le prime azioni maieutiche di Dolci, infatti sono contraddistinte dall’inchiesta. Le interviste e i confronti erano impregnati di una reciprocità educativa e maieutica, in cui, sia l’intervistato che l’intervistatore beneficiavano del confronto e imparavano dall’esperienza. Questo confronto attivava un processo di coscientizzazione e sviluppo per l’intervistato e ad una crescita di visione per l’intervistatore. Per attivare tale processo bisognava infondere un clima di fiducia assente da qualsiasi tipo di sospetto, pregiudizio e subalternità.
In seguito, Danilo sarà promotore di riunioni finalizzate alla messa in comune e alla ricerca di significati condivisi, regolate da un approccio maieutico di gruppo. La difficoltà principale risiedeva nel riuscire a fare esprimere le persone riguardo alla propria vita, alle proprie sofferenze e alla propria condizione vulnerabile, con un interlocutore che poteva essere percepito come una minaccia.
Per questo motivo l’inchiesta e la relativa relazione che veniva instaurata era contraddistinta da una dimensione empatica e valorizzatrice all’interno di un rapporto maieutico. “È questa un‘altra dimensione inedita della maieutica: la comprensione della sofferenza degli umili, la stima delicatamente fraterna dell’uomo anche quando (e soprattutto) egli stesso ha difficoltà a togliere il velo alla propria condizione […].” (Mangano, 1992)
L’approccio maieutico di Danilo Dolci permetteva agli individui di incontrarsi all’interno di una relazione dialogica contraddistinta dalla comunicazione e dalla relazione valorizzatrice, ciò permetteva un’apertura verso una possibilità di crescita personale, autodeterminazione e autoriscatto di persone scoraggiate e bloccate all’interno del proprio malessere. La percezione d’impossibilità di cambiare, di autodeterminarsi e auto-riscattarsi, spesso è generata dalla non consapevolezza della propria situazione e dalla paura del rischio.
L’approccio maieutico sperimentato da Danilo Dolci non ha come scopo unicamente la lettura e l’analisi della realtà contestuale, ma soprattutto si prefigge come meta di identificare le condizioni per le quali la persona o la comunità si trova in una situazione di omeostasi, situazione che di fatto preclude ogni possibile sviluppo. Questa affermazione conferma la dicotomia dell’intervento maieutico di Dolci, in cui vi è sia la necessità di analizzare la realtà, sia l’esigenza di cambiarla.
IL lavoro maieutico, oltre che tramite l’incontro, lo svolgere inchieste, porre domande e costruire il dialogo con le persone interessate, si prefigge anche l’obiettivo di costruire, insieme alla comunità, un progetto utile al suo sviluppo. Questo è possibile unicamente conoscendo le risorse, i generatori del cambiamento e le strategie per attuarlo. (Mangano, 1992)
Secondo Dolci l’approccio maieutico reciproco dev’essere accompagnato costantemente da una filosofia e da un’azione non violenta, sia nel concreto che nella dialettica, in quanto, le parole sono importanti. Parole contraddistinte da violenza rischiano infatti di dividere gli individui, piuttosto che riunirli. Un altro aspetto correlato all’approccio maieutico di Danilo Dolci è l’amore inestinguibile verso il genere umano e verso se stesso. La domanda e la capacità d’ascolto in Dolci hanno funzione maieutica, stimolano le persone a esprimere riflessioni, sentimenti e idee, oltre che, tramite il confronto, aumentare l’esperienza reciproca. (Domingo, 2011)
Riflessioni finali
Paulo Freire e Danilo Dolci presentano diverse similitudini concettuali e operative riguardo il lavoro di comunità e l’educazione sociale in ottica emancipatoria e partecipativa. Entrambi riconoscono la fondamentale importanza del dialogo, dello scambio e del confronto. Per entrambi il dialogo è fondamentale all’apprendimento reciproco e non viene utilizzato come strumento finalizzato al convincimento.
Un concetto interessante affrontato da entrambi gli educatori è il conflitto come occasione di apprendimento, mentre il dialogo è fondamentale al riconoscimento dell’individuo e all’auto-riconoscimento. Entrambi sono riconducibili all’attivismo pedagogico, sostenendo il paradigma per il quale l’educazione non debba essere un travaso di sapere tra l’educatore e l’educando, ma un’azione volta all’emancipazione individuale scaturita dal confronto con l’altro e con il mondo. Sia Freire che Dolci si sono interrogati su quali fossero le condizioni di partenza per le quali determinate comunità vivessero situazioni di disagio e di afruttamento e in che modo fosse possibile proporre e promuovere un cambiamento.
L’educazione proposta da Freire e Dolci è volta all’autodeterminazione e all’emancipazione personale e sociale, impegnati, come sono, a dare voce agli oppressi e accompagnarli lungo un percorso di riscatto sociale volto alla democratizzazione e al cambiamento dal basso. Entrambi hanno dato importanza alle esperienze delle persone e hanno valorizzato tali esperienze come essenziali per avviare un cambiamento comunitario.
Freire e Dolci sono stati educatori sociali che hanno lavorato in prima linea con gli oppressi, e ragionato insieme a loro sulle condizioni strutturali e politiche sociali da cambiare affinché le situazioni di oppressione, una volta superate, non si ripresentino più solide e forti di prima. Inoltre, entrambi hanno collegato alla riflessione educativa, l’azione educativa, promuovendo un’educazione cooperativa che si costruisce con l’altro e nell’incontro con lui, affinché sia possibile dare origine al cambiamento.
Il loro pensiero è più che mai vigente, soprattutto in una società come la nostra, sempre più individualista in cui affrontiamo nuove forme di vulnerabilità individuale e comunitaria. L’educatore sociale ha il dovere etico e deontologico di accompagnare le persone affinché possano comprendere la situazione che stanno vivendo, attivarsi per combattere l’oppressione, trasformare la realtà dando nuova vita ad una società sempre più democratica, autodeterminarsi e autodeterminare il proprio avvenire dando nuova speranza e fiducia alle generazioni future.
Fine
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