Maiali ammalati di peste suina e cani affetti da rabbia: questi sono attualmente gli unici abitanti della piccola e sperduta isola di Lindholm, a tre chilometri e mezzo dalla costa baltica della Danimarca. A far compagnia agli animali solamente i forni crematori ed i laboratori dove, di tanto in tanto, gli scienziati si recano per effettuare i propri studi sulle malattie delle sfortunate bestie. Senza quest’ultima attività, tanto utile quanto triste e solitaria, la piccola isola sarebbe completamente deserta. Eppure, le cose potrebbero cambiare di qui a poco tempo: il governo di Copenaghen ha infatti stabilito che, a partire dal 2021, verranno inviati a Lindholm 125 immigrati.
Non si tratterà tuttavia di uomini comuni ma di persone che, per certi versi, si trovano ad oggi in una sorta di limbo dal quale non riescono a sottrarsi; essi, infatti, sono troppo poveri e troppo scarsamente istruiti per poter sperare di ottenere una posizione dignitosa nell’evolutissima società danese, ma al contempo provengono da zone del mondo troppo bellicose e violente per poter essere rimandati indietro. Pertanto, in attesa che l’anomala situazione possa in qualche modo risolversi, il governo danese ha preferito isolarli in un luogo in cui essi non potranno provocare alcun tipo di disordine o grattacapo. Una decisione per certi versi molto pragmatica, se consideriamo che una persona costretta a vivere su un’isola semideserta ha maggiori probabilità di voler tornare in Africa, come ha prosaicamente ammesso lo stesso premier danese Rasmussen: “Non è facile chiedere alle famiglie di tornare a casa se si sono stabilite. Ma è la cosa moralmente giusta da fare”.
Un’altra caratteristica che i migranti dovranno necessariamente possedere per essere portati a Lindholm, sarà quella di aver avuto in passato almeno un precedente penale. Con tale indicazione, tuttavia, il governo non ha voluto riferirsi a chi è destinato al carcere, ma a chi vi è già stato. In altre parole, è un po’ come dire che dopo aver scontato la propria pena e dopo essere stati riabilitati, i malcapitati dovranno scontare un nuovo periodo di prigionia. Già, perché, sebbene nominalmente la piccola isola baltica non rappresenti un luogo di reclusione, nei fatti essere deportati lì assomiglia in maniera sinistra e grottesca ad un autentico confino. L’unico modo per abbandonare Lindholm è quello di trovare un’imbarcazione… peccato soltanto che dal luogo non parta alcun traghetto se non saltuariamente, e che i costi di questi ultimi siano troppo elevati per essere accessibili a un migrante.
Per quanto riguarda l’aspetto logistico, sgombrare le stalle dagli animali, far costruire edifici in grado di poter garantire un’accoglienza adatta ai rifugiati e mettere in atto tutte le strategie per evitare che le malattie dei primi si trasmettano ai secondi, dovrebbe avere per il governo danese un costo vicino ai 100 milioni di dollari, un investimento significativo e, secondo alcuni, perfino esagerato dal momento che l’isola non potrà comunque accogliere che un numero molto ridotto di “ospiti”.
Alcuni si chiederanno come sia possibile che un governo ufficialmente moderato e moderno come quello danese possa aver dato il via ad un simile progetto. La verità è che quest’ultima decisione, per ammissione stessa dei diretti interessati, sarebbe stata presa dal partito nazionalista, il Det Konservative Folkeparti, che peraltro sarebbe stato anche il primo a dare l’annuncio: “Gli stranieri non hanno alcun motivo di restare in Danimarca. Prima di deportarli nei loro paesi d’origine, li manderemo sull’isola di Lindholm” avevano comunicato pochi giorni fa. Malgrado i nazionalisti rappresentino attualmente soltanto una forza di minoranza, i loro voti in parlamento sarebbero stati tuttavia decisivi per approvare la delicatissima legge finanziaria voluta da Rasmussen, il quale, dunque, è stato costretto ad assecondare le richieste del Det Konservative Folkeparti in materia d’accoglienza.
Nell’articolo 33 della convenzione di Ginevra, a cui la stessa Danimarca ha aderito, è scritto che “nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate”. Talvolta, tuttavia, quando sul suolo europeo degli esseri umani vengono costretti a vivere in condizioni umilianti e irriguardose, sembra sia possibile rispettare tale regola e al tempo stesso contraddirne il principio da cui è stata ispirata.