Daniele De Rossi non è più l’allenatore della Roma per una scelta inattesa e improvvisa. L’hanno presa i Friedkin con le stesse modalità con cui hanno mosso tutti i loro passi finora. Nel silenzio totale, con una forte impronta decisionista che sembra ancora una volta più vicina alla gestione padronale di affari di respiro familiare che alle logiche sportive, industriali e imprenditoriali che dovrebbero guidare il management di una società che vuole fare calcio ad alto livello. Sul piano sportivo, quattro giornate di campionato sono troppo poche per giustificare un esonero del genere. Perché tre sono state a mercato aperto e vissuto in costante rincorsa (e con un dignitoso pareggio a Torino con la Juventus) e una, a Genova, pareggiata al 95esimo con evidenti difficoltà ma con altrettanti evidenti segnali di crescita. Chiunque abbia un minimo di consuetudine con il calcio, ha visto la Roma come un cantiere aperto, peraltro in compagnia di quasi tutte le altre squadre di primo piano. Sul piano industriale e aziendale, ha poco senso mettere in piedi un piano triennale, sostenuto da investimenti, e rinnegarlo al primo mese di effettivo esercizio. Non si fa in nessuna azienda, a meno di colpe gravi o di incomprensioni tali da pregiudicare qualsiasi prospettiva di sviluppo. C’è un altro piano che va considerato quando si parla di una società di calcio, quello della connessione con i tifosi. Quelli della Roma hanno già vissuto il trauma della separazione da Mourinho, esonerato però in una fase diversa del progetto, con risultati e gioco che suggerivano che il ciclo tecnico avesse imboccato la strada dell’ involuzione. Oggi, i tifosi della Roma devono metabolizzare la scelta di sacrificare l’allenatore, la bandiera, che era stata scelta due volte (a metà e a fine stagione scorsa) per raccogliere un’eredità pesantissima. Daniele De Rossi deve lasciarla troppo presto per una decisione che il tempo potrà aiutare a leggere in maniera diversa ma che oggi è una decisione inspiegabile, frettolosa e ‘padronale’. Ora arriveranno i retroscena e le ricostruzioni ma i fatti dicono che all’uomo scelto per rifondare non è stato dato neanche il tempo per iniziare a lavorare sulle basi del suo progetto. (Di Fabio Insenga) —sportwebinfo@adnkronos.com (Web Info)
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