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DEMOCRAZIA E TOTALITARISMO OGGI – Il contributo della nuova Sociologia clinica, la Sociatria Organalitica

La democrazia di modello liberale ha ancora le qualità per gestire la grande entropia, confusione, generata dall’emergere di pretese e conflitti inattesi a 80 anni dagli equilibri messi in piedi dopo il secondo conflitto mondiale?

Accanto a un cinico constatare che l’esercizio della forza, in particolare quella bellica, ottiene temporanei ma diffusi successi, vi sono voci ferme e volontà nette che promuovono la versione di una società civile comprensiva, pluralista, libera, egalitaria nei valori ed equilibrata in un assetto istituzionale basato sulla separazione dei poteri e sul controllo reciproco tra questi, per evitare che altre forme di potere, oligarchie, aristocrazie, tecnocrazie, feudalesimi prendano il posto del giusto rispetto di tutti gli esseri umani e di ciascuno, uomini e donne.

Che la vitalità democratica possa essere considerata un’opinione, come peraltro è opinione la forza dei totalitarismi, è vero, ma la profonda condivisione che io pronuncio per per la vitalità del modello democratico liberale ha caratteristiche sperimentali, gode di circa 1000 applicazioni ed è per questo che la condivido molto profondamente, fino a farne un ‘acquisizione centrale della mia Sociatria Organalitica, disciplina operativa oltreché connessa al miglior sviluppo della scienza sociologica tout-court.

Due tra gli ultimi testi sociopolitici che ho pubblicato su alcune testate avvedute, rappresentano casi di rischio concreto dovuto a storture della democrazia, fino a renderla un totalitarismo (https://italia.reteluna.it/it/la-russia-di-putin-aspetti-tecnico-istituzionali-di-una-democrazia-che-diventa-totalitarismo-AtpdK.html ) oppure ad abbatterne l’efficacia (https://italia.reteluna.it/it/un-augurio-per-il-2025-alla-democrazia-italiana-una-buona-legge-sul-funzionamento-dei-partiti-Atpdj.html). Tra i moltissimi altri casi (ogni democrazia è un organismo caratteristico, delicato e cagionevole), ciascuno di questi due ha sue tipicità e patologie. È grazie alla esperienza clinica della Sociatria Organalitica su amministrazioni dei diversi Paesi, e non solo alla lettura di testi o all’intuizione data da esperienza non strutturata e cultura, che si può parlare di storture della democrazia cosiddetta europea, di quella francese, di quella tedesca, di quella spagnola, di quella inglese, di quella recente ruandese, di quella argentina, statunitense o canadese. Infatti, le informazioni a mia disposizione provengono, oltreché dall’editoria e dalla cronaca specialistica, da studi clinici svolti su amministrazioni pubbliche operative di vario livello dei diversi Paesi. Ciò ha permesso di constatare il dato di fatto di differenze istituzionali, ma anche, a tutti gli effetti, l’appartenenza al ceppo delle democrazie, a differenza per esempio della Russia che ne è uscita, della gran parte dei Paesi arabi che non vi sono mai appartenuti, come molti Paesi africani o del centro-sud America.

Un discorso a parte interessa il mondo asiatico. Pur ritenendo il sistema democratico un’acquisizione antropologica, benché complesso da gestire, in Asia esso deve confrontarsi con persistenze culturali (ed economiche) caratteristiche.

Il caso Cina vede i due pilastri della democrazia mostrare una conformazione particolare: il primo, la molteplicità d’espressione popolare, vede adesione di massa all’unico partito ammesso, il Partito Comunista Cinese, e il secondo, lo Stato al servizio del popolo, presentarsi molto rigido rispetto alle scelte operative, con risultati ancora positivi su certi piani e discutibili su certi altri; comunque, il modello cinese non può essere ascritto a quello generale necessariamente pluralistico della storia politica e istituzionale delle democrazie liberali, per come citato sopra e anche per la cruenta storia rivoluzionaria che ha alle spalle. Certo, è pur vero che il significato più radicale di democrazia possa passare attraverso una fase di uniformazione delle caratteristiche socioeconomiche della popolazione (la “lotta di classe”), ma deve mantenersi, nella democrazia vera, il rispetto di quella varietà che fece scrivere a chiare lettere allo stesso Karl Marx una delle più belle frasi della politica umana: “Da ciascuno secondo le sue qualità, e a ciascuno secondo le sue esigenze”. Principio aureo di filosofia morale, tutela del grande tesoro delle differenze tra essere umano ed essere umano e anche della loro messa a valore per l’umanità tutta.

Una civiltà diversa, non post-comunista, e articolata su strutture ancora in parte di tipo vetero-feudale, diremmo noi, caratterizza il mondo indiano. Nella media della galassia semicontinentale indiana, la realizzazione di un modello democratico produce ancora attriti con le persistenze culturali millenarie: nella terra che ci ha dato lo yoga e Gandhi, che significano soprattutto il rispetto per l’Uomo, la sua vita e il suo rapporto col mondo, siamo ancora ai confini del ceppo democratico, ma credo che il percorso verso una democrazia più piena in India sia avviato, e difficilmente reversibile.

Ogni sistema democratico ha le sue caratteristiche tecnico-organizzative e istituzionali, da cui discendono anche caratteristiche disfunzioni, che fanno invocare agli inconsapevoli (mi sento di poter usare questo termine, dopo gli studi clinici svolti su mezzo mondo) una inconsistenza della democrazia o a una sua inefficacia rispetto ai totalitarismi. Posso serenamente affermare che tali posizioni sono sprovvedute, pericolose e oscurantiste: si può sostenere che i totalitarismi siano organicamente molto reattivi alle crisi, ma è errato sostenere che le Democrazie non possano esserlo altrettanto “per natura”. E, soprattutto, ESISTONO, sono una vera acquisizione migliorativa dell’umanità, con il loro pluralismo, separazione dei poteri, libertà di espressione, di critica e di fantasia creatrice.

La gestione dei molteplici strumenti propri degli assetti popolari di oggi per mantenere lo stato stazionario delle diverse società umane (in civiltà e geografia) sono propri dell’ambito dialettico insito nelle democrazie e non dell’ambito autoritario dei totalitarismi: la rigidità dell’assolutismo può vincere sul breve, ma estenua e opprime sul medio termine, provocando poi reazioni che cancellano interi periodi evolutivi, portando alla fine a ritardi e non a progressi. Un’opportunità per la violenza c’è purtroppo sempre, ma credo che il destino dell’oppressione sia ormai da libri di storia. La democrazia, il suo variegato ceppo, è un’acquisizione antropologica, vincerà, ma deve sempre essere difesa, diffusa e migliorata.

Accanto al destino democratico degli Stati, va altresì notato che, al giorno d’oggi, in virtù della presenza di spaventosi strumenti di distruzione di massa e globali, e dell’opportuno distacco dell’economia dalla giurisdizione degli Stati, le amministrazioni pubbliche devono sempre più essere concertative e, parimenti, dotarsi di efficienti ed efficaci sistemi di gestione manageriale per ottenere un appropriato flusso di decisioni e di conseguenti risultati di servizio alle cittadinanze. Gli Stati, infatti, si trovano in concorrenza tra loro nel creare infrastrutture solide ed efficienti per attrarre e poi trattenere attività economiche proficue ed elevate professionalità. Così si attua un volano virtuoso, che rafforza tutte le componenti del sistema: aziende competitive creano valore aggiunto, cioè redditi e anche promozione sociale, sviluppano l’indotto e riversano equi contributi fiscali e tariffe nelle casse degli Stati, i quali poi possono reinvestire in altrettanti servizi alle persone economiche, giuridiche e fisiche.

Ciò che il semplice buon senso suggerisce, trova oggi conferma non in affermazioni teoriche o valoriali, bensì nella pratica clinica di gran parte dei mille casi conclamati dalla Sociatria Organalitica. Un piccolo ma sostanziale aiuto non a uno schieramento piuttosto che all’altro, ma al successo di tutti e dell’Umanità.

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Data:

4 Maggio 2025

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