Traduci

Di troppo Internet ci si può ammalare

cms_170/1_.jpgÈ ormai entrata a far parte delle patologie contemporanee. È da considerarsi una malattia come le altre, con l’unica differenza che qui si parla di computer e, nello specifico, di internet. Facebook, Twitter, Google Plus, WhatsApp e similari, sono sinonimo ormai non solo di social, ma anche di Internet Addiction Disorder (IAD), la malattia del nuovo secolo.

cms_170/2_Regional_Medical_Center_di_Bradford,_in_Pennsylvania.jpgIl giornale Huffington Post fa menzione di questa nuova patologia collegata ai media sul suo sito e ricorda come sia stato il Regional Medical Center di Bradford, in Pennsylvania, a proporla e a suggerire anche un percorso per i malati finalizzato a commercializzare un vero e proprio trattamento per iniziare la disintossicazione da surplus di web. Il costo si aggira attorno ai 14mila dollari, più o meno 11mila euro, e ha una base di ricovero di dieci giorni in cui al paziente è negato qualsiasi contatto con dispositivi che permettano la connessione alla Rete.

cms_170/3_.jpgAd affiancare questa terapia d’urto vi è però anche un periodo di riabilitazione e di rieducazione con laboratori e seminari sugli effetti patologici e negativi dell’eccesso d’uso del web. La clinica americana, ma più in generale la sanità Usa, evidentemente considera come un dato acquisito che il troppo uso, e dunque l’abuso, della navigazione in Rete possa essere una causa per l’insorgere di nuove e pericolose patologie per l’organismo e per la psiche dell’individuo. Del resto anche nel resto del mondo, a conforto della tesi e dell’iniziativa americana, vi sono settori della medicina che in molti paesi hanno aperto facoltà e laboratori per cominciare a curare l’uso compulsivo e gli effetti devianti di computer, web e giochi per piattaforme (In Italia da due anni opera il primo ambulatorio dedicato alle dipendenze da Internet).

cms_170/4_.jpgNon solo. In Giappone, Corea e Cina, paesi che ormai viaggiano al ritmo di milioni di connessioni in pochi anni, si è pensato addirittura ad una specie di green therapy, con l’organizzazione di colonie in campi all’aperto dove riunire tutti i dipendenti dal web per una disintossicazione stile figli dei fiori e love and peace. Rimanendo però negli Usa, anche qui si è pensato di ricorrere a questa specie di “diete naturali” attraverso ritiri bucolici in California attraverso i quali liberarsi da dipendenze cyber-sessuali, relazionali e di net gaming. L’idea è venuta a Felix Levi che ha creato addirittura un brand per promuovere i suoi camp e retreats, il Digital Detox. Immersi nella natura incontaminata, gli affetti da uso maniaco compulsivo del web e i dipendenti dall’essere sempre on line, sguazzano nel fango, partecipano a giochi di società, si divertono insieme. Tornano allo stato di natura. Tornano insomma bambini e cominciano a riapprezzare le piccole cose della vita, quando ancora non c’era tutta questa ingombrante e invasiva tecnologia.

cms_170/5_.jpgNon siamo ai livelli dell’inizio del secolo scorso, quando psicologi, sociologi ed esperti mettevano in guardia dai pericoli dell’avvento del cinema e della radio con toni che sfioravano il catastrofismo, ma la Rete sta indubbiamente creando una società che è sempre (troppo) connessa e sempre più dipendente dalle nuove tecnologie per non lanciare un grido d’allarme. “Depressione, irritazione, ripercussioni sulla vita familiare e alterazioni delle performance scolastiche o professionali sono sintomo di dipendenza”, ha detto l’esperta di fenomeni patologici legati alle nuove tecnologie, Laurent Karila.

cms_170/6_.jpgOggi però appare pressoché impossibile, oltre che poco realistico, privarsi di Internet, uno strumento che fa parte della nostra esistenza sociale e lavorativa. Diventa allora indispensabile fissare un limite d’uso per non diventarne dipendenti e andare in overdose cognitiva. In caso contrario, perlomeno sappiamo che, sì, ci si può ammalare di Internet ma che si può anche guarire.

Pubblicità

Data:

1 Giugno 2014