La maison Dior torna in Scozia, dopo il suo debutto e la conquista della nobiltà inglese da parte del suo fondatore, monsieur Christian Dior nel 1951, per presentare la sua cruise collection 2025 nei rigogliosi giardini del castello di Drummond. La collezione ha viaggiato su due binari paralleli, ma che alla fine del cammino si sono incontrati grazie alla regina di Scozia Maria Stuarda (una vita divisa tra Francia ed Inghilterra) e al tessuto tartan. Per la designer, Maria Grazia Chiuri il fascino regale prende forma attraverso abiti con strascichi, gonne a palloncino, bustier, pettorali che sembrano armature scintillanti, stampe, decorazioni, ma soprattutto l’uso del pizzo come mezzo di comunicazione delle donne nel corso della storia. La designer ha studiato attentamente la storia e l’estetica della regina Maria Stuarda e di come abbia usato la resilienza e l’arguzia del ricamo per mandare messaggi politici ad amici ed avversari. La donna Dior è sì una regina, ma con i piedi ben piantati nell’oggi grazie all’uso del tessuto tartan in mood punk rock che si riconosce nell’uso di borchie, di stivali da lavoro con maxi fibbie indossati con calzini a rombi, di bikers, di stivali da pioggia e di shorts.
Il tessuto tartan, l’unico tessuto che riesce a resistere alle mode secondo monsieur Dior, è il simbolo per eccellenza della Scozia con i suoi colori e i suoi simboli di appartenenza, la Chiuri lo reinterpreta uscendo fuori dalla “regalità istituzionale” per avvicinarsi ai tempi moderni prendendo ispirazione dal periodo punk, più affine alla designer, sdoganandolo dalla tradizione per aggiungere un mood più urban alla collezione. Il tartan prende forma di kilt che, a loro volta, diventano abiti appoggiati alla silhouette, le immagini della collezione di Dior del 1955, presentata nella sala da ballo dell’hotel Gleneagles, diventano delle stampe che prendono vita su kilt e caban. Una cruise collection che ha messo in luce il potere dei contrasti: i tessuti più corposi, come il velluto, convivono elegantemente con quelli più eterei come il pizzo, le nuance più cupe duettano con le nuance più iridescenti, i long dress più eleganti con mantelle e giacche dal mood daily. L’iconica Bar jacket assume un’aria british attraverso l’uso di alamari in velluto nero, una collezione che ha sapientemente mescolato il fascino regale, tragico e romantico della regina Maria Stuarda con la malizia, il piglio cool e sexy del mood punk rock. Prevedo per il prossimo inverno un’overdose di stampa tartan (mai amata, ma chi sono io per smentire monsieur Dior), di spiccata attitude punk rock e di un legame che non si spezza con l’arrivo del freddo: quello con le gonne a palloncino.
Dopo poco più di trent’anni di lavoro, di cui cinque come direttore creativo, la designer Virginie Viard lascia la maison Chanel. La notizia era nell’aria, tanti i rumors che si succedevano dopo le sfilate degli ultimi tempi e le reazioni, tra gli addetti ai lavori, non sono state le medesime di quando Pierpaolo Piccioli e Alessandro Michele hanno lasciato rispettivamente la guida creativa di Valentino e di Gucci. Nel fashion system non ci sono stati reazioni in mood “stracciarsi le vesti”, niente post da “sindrome di vedovanza”, il silenzio più assordante. Come ben sapete la sottoscritta è stata, tra le poche, ad essere contenta dell’abbandono di Michele alla guida di Gucci, molto meno per l’addio di Piccioli, soprattutto quando ho saputo che sarà proprio Michele ad assumere la direzione creativa di Valentino. L’addio della Viard era prevedibile, visto che al timone di Chanel, dopo la scomparsa di Karl Lagerfeld, non ha mai brillato per originalità, anche se ricevere il testimone da un mostro sacro del fashion system come era stato Lagerfeld non dev’essere stato certo facile. Per onestà intellettuale va ricordato che durante la sua direzione creativa la maison aveva registrato un aumento delle vendite, ma sono in molti a sottolineare che l’aumento è stato dovuto alle vendite degli accessori, su tutti le iconiche borse, che non risentono di cambi o scossoni che possono avvenire nella maison. Le borse si vendono e basta, nonostante gli aumenti spropositati e i cambi al vertice. La maison dalla doppia C ha salutato con queste parole la sua designer: “una ricca collaborazione durata cinque anni durante i quali ha saputo rinnovare i codici della maison rispettando il patrimonio creativo”. Sul rinnovare in modo efficace i codici della maison si potrebbe aprire un’infinita disquisizione, ma mi limito ad osservare che le collezioni più belle della maison sono state quelle che si sono rifatte, in modo fedele, al passato. Alcuni insider però, da me intercettati, mi hanno rivelato che sarebbe stata la stessa maison a pretendere di rimanere nel solco della tradizione, nel voler una forte continuità senza porre un distacco netto con il passato. Ma se la Viard era molto stimata e braccio destro di Lagerfeld (che l’aveva definita anche il suo sinistro) perché non ha funzionato come direttrice creativa in questo quinquennio? Forse la risposta può trovarsi nel suo carattere schivo e con la poca propensione ad essere un leader, forse il meglio di sé sa regalarlo dietro le quinte, come braccio destro, non tutti sono nati con la stoffa del leader, ma questo non significa essere “meno”, significa solo saper riconoscere la propria indole e quello che si vuole essere nel mondo. Ci sono persone che danno il meglio di sé accanto ad una figura carismatica che catalizza tutta l’attenzione su di sé, forse è questo il caso della Viard, staremo a vedere se e quando prenderà la direzione creativa di un’altra maison. Chanel ha tenuto a sottolineare che la collezione haute couture autunno-inverno ‘24/’25 sarà presentata, il prossimo venticinque giugno, all’Opera Garnier di Parigi come previsto. Dopo ogni addio si scatena il toto nomi dei probabili designer, ed anche questa volta non è stata da meno, i nomi che girano sono tanti, tra cui il più auspicabile (almeno per la sottoscritta) è quello di Pierpaolo Piccioli, ma si fanno anche i nomi di Hedi Slimane (attualmente alla direzione creativa di Celine ed anche il più quotato nel fashion system), Sara Burton, Phobe Philo, Jeremy Scott, John Galliano. Quest’ultimo addio conferma il momento delicato che sta vivendo il fashion system, sempre più alla ricerca di fatturati in positivo e nuovi mercati, che sta travolgendo designer ed amministratori delegati.