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DIRITTI E CLIMA – La direttiva UE entra in impresa

Negli ultimi mesi, l’Unione Europea, invocando la necessità di rafforzare la propria competitività a livello globale, ha intrapreso una significativa revisione delle normative introdotte nell’ambito del Green Deal. Questa iniziativa, pur mirando a preservare e potenziare la capacità competitiva delle imprese europee in un contesto internazionale dinamico, solleva interrogativi cruciali riguardo al futuro degli impegni ambientali, sociali e di governance (ESG) assunti dall’UE.

Il processo di revisione in corso potrebbe potenzialmente tradursi in un arretramento rispetto agli standard e agli obiettivi precedentemente stabiliti in materia di sostenibilità. La semplificazione normativa, spesso invocata come strumento per ridurre gli oneri burocratici sulle imprese, rischia di diluire la stringenza delle prescrizioni ambientali, di indebolire le tutele sociali e di ridurre la trasparenza nella governance aziendale. Un simile scenario potrebbe compromettere i progressi compiuti finora nel percorso verso un’economia più “verde” e inclusiva.

Un aspetto particolarmente preoccupante riguarda la potenziale riduzione della quantità e della comparabilità dei dati disponibili per consumatori e investitori. Le normative del Green Deal avevano introdotto meccanismi per migliorare la disclosure di informazioni relative alle performance ESG delle aziende, consentendo a consumatori di effettuare scelte più consapevoli e agli investitori di orientare i propri capitali verso imprese più sostenibili. Un allentamento di tali obblighi informativi minerebbe la trasparenza del mercato e ostacolerebbe la possibilità di valutare e confrontare concretamente l’impatto ambientale e sociale delle attività economiche.

Tuttavia, la questione centrale che emerge è se competitività e sostenibilità siano realmente concetti antitetici. La narrazione che spesso li contrappone suggerisce che l’adozione di standard ambientali e sociali elevati rappresenti un costo eccessivo per le imprese, penalizzandone la capacità di competere con attori operanti in contesti regolatori meno stringenti. Questa prospettiva, sebbene comprensibile nel breve termine, potrebbe rivelarsi miope e dannosa nel lungo periodo.

È sempre più evidente che la sostenibilità non rappresenta un vincolo, ma può costituire un potente motore di competitività.

Le imprese che integrano i fattori ESG nelle proprie strategie possono beneficiare di:

  • Innovazione in quanto la spinta verso la sostenibilità stimola la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie e processi produttivi più efficienti e meno impattanti.
  • Riduzione dei costi. L’efficientamento delle risorse, la riduzione degli sprechi e l’adozione di pratiche circolari possono portare a significative riduzioni dei costi operativi.
  • Miglioramento della reputazione e dell’immagine del brand perchè i consumatori e gli investitori sono sempre più sensibili alle questioni ESG, premiando le aziende impegnate nella sostenibilità.
  • Attrazione e fidelizzazione dei talenti. Professionisti qualificati sono sempre più attratti da aziende con una forte cultura della sostenibilità.
  • La considerazione dei fattori ambientali e sociali può rendere le imprese più resilienti a shock esterni, come eventi climatici estremi o cambiamenti normativi.
  • Accesso a nuovi mercati e opportunità di finanziamento. I mercati “verdi” e gli investimenti sostenibili sono in crescita, offrendo nuove opportunità per le imprese virtuose.

Pertanto, ignorare i fattori ESG per assicurare sviluppo economico e stabilità finanziaria nel lungo periodo appare una strategia rischiosa e controproducente. Un modello di sviluppo basato unicamente sulla massimizzazione del profitto a breve termine, senza considerare le esternalità ambientali e sociali, è intrinsecamente insostenibile e può portare a conseguenze negative a livello economico, sociale e ambientale.

Al contrario, un approccio che integri la sostenibilità come elemento strategico fondamentale può contribuire a costruire un’economia più resiliente, innovativa e competitiva nel lungo termine.

L’Unione Europea ha l’opportunità di dimostrare che è possibile coniugare ambiziosi obiettivi di sostenibilità con una forte competitività economica, attraverso politiche intelligenti che incentivino l’innovazione sostenibile, promuovano la trasparenza e creino un quadro normativo stabile e prevedibile. La sfida consiste nel trovare un equilibrio che non sacrifichi gli obiettivi di lungo termine sull’altare di presunte esigenze competitive di breve periodo, ma che anzi riconosca la sostenibilità come un pilastro fondamentale per una prosperità duratura.

L’Unione Europea ha introdotto il Pacchetto Omnibus, una riforma volta a ridurre gli oneri burocratici per le imprese e semplificare la rendicontazione ESG. La proposta promette risparmi economici significativi e una maggiore competitività, ma solleva anche preoccupazioni riguardo all’impatto ambientale e sociale derivante dalla riduzione delle regole.

La riforma si inserisce nella strategia della Bussola per la competitività, che punta su cinque attivatori per una crescita sostenibile: semplificazione, eliminazione degli ostacoli al mercato unico, rafforzamento del finanziamento alla competitività, promozione delle competenze e creazione di posti di lavoro di qualità, oltre a un miglior coordinamento delle politiche nazionali e dell’UE.

Per quanto riguarda la semplificazione, il Pacchetto Omnibus propone di esonerare molte imprese dagli obblighi di rendicontazione di sostenibilità e due diligence, in particolare le PMI quotate e le imprese con meno di 1000 dipendenti, riducendo del 35% gli oneri burocratici entro il 2029 e stimando un risparmio di 6,3 miliardi di euro. Per queste aziende sarà adottato uno standard di rendicontazione volontario.

Tra i pro della riforma ci sono la possibilità di attrarre più investimenti e competere meglio con economie meno regolamentate come Stati Uniti e Cina. Tuttavia, i contro includono il rischio di minare la fiducia nelle politiche ambientali e sociali dell’UE, compromettendo il ruolo di leadership sulla sostenibilità e potenzialmente ostacolando gli obiettivi del Green Deal. La limitazione degli obblighi di due diligence potrebbe ridurre la pressione sulle aziende a migliorare le condizioni di lavoro e ambientali nei paesi in via di sviluppo.

Mentre la riforma potrebbe rafforzare il mercato europeo e aumentare la competitività, rischia anche di creare un precedente di deregulation che potrebbe indebolire la credibilità delle politiche di sostenibilità dell’UE.

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Data:

9 Maggio 2025

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