Nel XXI secolo, l’unica ragion di Stato è il rafforzamento delle istituzioni dello stato di diritto con la separazione dei poteri, la veridicità e la giustizia. Umiliarli per ottenere voti è letale: significa praticare una “politica estrattiva” lontana anni luce dal bene comune e distruttiva della democrazia.
È in crisi la democrazia così come l’abbiamo conosciuta, intesa come partecipazione attiva, diretta, come movimento popolare interessato alle sorti della comunità. Si logorano e crollano le fondamenta del confronto libero e aperto, le istituzioni parlamentari e assembleari vengono giudicate o una perdita di tempo o costose ed inefficaci.Prevale il fascino di risposte semplici a problemi complessi, si fa strada la teoria della forza, prevalgono rancore e rabbia, si ritiene il diverso una minaccia, come se fosse davvero lui il responsabile del nostro malessere. A questo si aggiunge la perdita di contatto diretto tra le persone e la crisi della società di mezzo, dei partiti e sindacati, anche a causa degli strumenti messi a disposizione dalla rivoluzione tecnologica.
Le sfide che aspettano l’ Europa al suo interno e poi nelle relazioni internazionali, si fanno reali, in una geopolitica in formazione. Non sarà Trump l’eccezione, non sarà Putin l’eccezione, la rarità saranno i leader socialdemocratici e liberali. Il nuovo ordine sorgerà da qui, avrà questi fattori fondanti, una virata nella storia dell’umanità destinata a tracciare la rotta del XXI secolo.
Viviamo in tempi di cambiamenti geopolitici. In un mondo sempre più interconnesso, le dinamiche e le organizzazioni internazionali istituite a metà del XX secolo non sono più efficaci e sulla scena internazionale emergono nuovi attori che cercano il controllo egemonico di questa nuova Guerra Fredda. Proviamo a percorrere alcune delle sfide che dovremo affrontare nel 2025 in quest’era di intelligenza artificiale e decarbonizzazione.
La filosofa Adela Cortina osserva quanto sia letale minare le istituzioni dello stato di diritto per ottenere voti. In tempi di emotività compulsiva, polarizzazione e post-verità, come possiamo non essere attratti dalla prospettiva di governanti disposti a lavorare per il bene comune, partendo da un senso di imparzialità? Il problema è che dietro questi politici ci sono esseri umani che prendono decisioni basandosi sui risultati di algoritmi.
È necessario riconoscere la differenza tra l’utilizzo di sistemi intelligenti quando si prendono decisioni e la delega a questi sistemi di decisioni che hanno un impatto significativo sulla vita delle persone e della natura. Questa negligenza nelle responsabilità è immorale e illegale.
L’intelligenza artificiale è uno strumento utile, ma la vita pubblica è nelle mani degli esseri umani e, affinché le democrazie funzionino, una comunicazione veritiera è essenziale, cioè che i governanti e l’opposizione dicano ciò che pensano, ciò che intendono fare e ciò che effettivamente fanno. Eppure, non è sempre così: mentire è diventato una cosa normale, senza alcuna conseguenza negativa.
L’Europa
Nella Guerra Fredda scatenata dal controllo egemonico del mondo tra Cina e Stati Uniti in termini economici, tecnologici e politici, l’Europa è in una posizione di debolezza. I tre vettori che l’hanno sostenuta, l’energia a basso prezzo del gas russo, una fabbrica e un mercato cinesi a basso costo e un sistema di difesa americano, tutti e tre sono caduti e l’Europa deve quindi riconsiderare la propria autonomia, soprattutto per ragioni di sicurezza. La Cina si è da tempo posizionata di fronte alle due grandi sfide dell’umanità: il cambiamento climatico e l’intelligenza artificiale. E da mercato e fabbrica di prodotti a basso costo è diventata un concorrente.
Secondo i rapporti Draghi e Letta, la soluzione contro questa debolezza è di procedere verso una maggiore integrazione, almeno nei settori strategici. Ma politicamente stanno crescendo i movimenti di estrema destra che propugnano l’opposto: più nazione e meno Europa.
Vediamo allora quali sono i temi che più domineranno il tempo che ci apprestiamo a vivere.
1.Nelle società come quelle europee, caratterizzate da bassi tassi di natalità e da un elevato invecchiamento della popolazione che rappresentano una sfida demografica importante, l’immigrazione rappresenta un’importante opportunità per il nostro continente, tenendo conto appunto dell’evoluzione della popolazione e della proiezione di ricchezza e benessere. Dobbiamo cambiare le politiche sull’immigrazione e recuperare l’idea di aiuto allo sviluppo, ma abbiamo bisogno di più unità e integrazione europea, perché questo non può essere fatto paese per paese. La politica migratoria dovrebbe combinare il controllo delle frontiere e la migrazione legale con il pieno rispetto dei diritti umani e dei valori umanistici, che costituiscono l’asse centrale del progetto di civilizzazione europeo.
La chiusura delle frontiere, il discorso sull’omogeneità culturale e il rifiuto degli immigrati sono diventati materiale politico ad alto voltaggio nelle mani dei partiti estremisti. Da una prospettiva progressista, è doloroso vedere il danno che hanno fatto ai valori umanistici ed alle ideologie socialdemocratiche, che sembrano essersi arresi intellettualmente a coloro che guidano questi discorsi di rifiuto, chiusura delle frontiere e odio verso chi è diverso. È altrettanto doloroso constatare l’incapacità dell’Unione Europea di rispondere adeguatamente a decisioni politiche come quelle prese da Giorgia Meloni in Italia. Un’Unione Europea sana dovrebbe aprire una procedura sanzionatoria contro l’Italia per aver perseguito politiche contrarie ai suoi principi e valori fondanti.
In una recente intervista a Luca Rondi, autore con Lorenzo Figoni di “Gorgo CPR”, libro sui luoghi di trattenimento del cittadino straniero in attesa di esecuzione di provvedimenti di espulsione, edito da Altreconomia di Ettore Macchieraldo e Valentina Valle B., pubblicato da Pressenza IPA il 14.01.2025, si descrive accuratamente il fallimento totale della politica dei rimpatri. La finalità dei CPR dovrebbe essere quella ma, in realtà, i dati riportati fanno emergere che solo il 16% delle persone che dovrebbero esserlo vengono rimpatriate. Come dice l’autore Luca Rondi, è follia pensare che una politica efficace di rimpatrio possa essere, in primo luogo possibile e, in secondo, auspicabile.
Alla domanda dell’intervistatore: La questione del fallimento della politica dei rimpatri non è, in realtà, funzionale a mantenere una quota di manodopera nel mercato del lavoro illegale, in nero, da sfruttare? Non potrebbe essere molto funzionale avere questo esercito di riserva di lavoratori?
Luca Rondi risponde: L‘irregolarità è generata da un sistema che rende la richiesta d’asilo l’unica via di regolarizzazione possibile nel nostro Paese. Il non avere un documento, che spesso viene visto erroneamente come una colpa, spinge le persone in situazione di vulnerabilità. Anche sul luogo di lavoro, se non hai né un contratto né un permesso di soggiorno, sei doppiamente ricattabile. Si stimano 500 mila persone che sono in Italia ma restano invisibili per lo Stato, ma non per datori di lavoro spregiudicati (…) Anche chi ha una visione “chiusa” sull’immigrazione, anche chi è razzista, dovrebbe essere di fatto contro i CPR, perché i CPR non raggiungono il loro obiettivo, sono un enorme spreco di denaro pubblico e rendono le nostre città più insicure.
A cosa serve il CPR? – si chiede. Poiché le persone che ci mettiamo dentro non (le consideriamo) nostri fratelli, nostre sorelle, non sono bianche ma arrivano da altri paesi -soprattutto alcuni- ci permettiamo di fare a loro quello che non faremmo mai a noi. Abbiamo creato questo mostruoso sistema parallelo di detenzione.
L’esistenza e le pratiche del CPR hanno un valore simbolico, in quanto pretenderebbero di essere una forma di deterrenza per impedire le partenze. Tuttavia: Di fronte alle condizioni di violenza sistematica che vivono nei loro paesi, non è di certo un CPR, né in Italia né in Albania, che cambia la volontà di proseguire nel viaggio. (…) Chissà quanti sanno che cos’è il Centro per migranti in Albania. Io credo pochi. Quindi è anche una grande bugia raccontarci che questo previene le partenze.(…) Il messaggio è molto più questo che quello della deterrenza. Significa dire: sei in un posto dove devi stare zitto, non essere nessuno, non avere diritti e così via.
Il parallelismo – osserva Ettore, l’intervistatore – con i manicomi che viene fatto nel libro, è molto azzeccato. I manicomi erano dei luoghi in cui le persone non avevano un’identità, non avevano neanche diritti finché non è arrivato Basaglia e la riforma che è stata fatta alla fine degli anni ’70. Il CPR è un manicomio che si basa su una selezione che è appunto etnico-razziale. L’Avvocato Veglio definisce l’esistenza dei CPR proprio un rito di separazione su base etnica. Questo è un dato di fatto: in queste strutture ci vanno solo le persone straniere. E poi c’è il tempo sospeso, ci sono gli psicofarmaci, c’è l’impossibilità di avere tutelata la propria salute, tantissimi punti di connessione con i manicomi…anche architettonicamente.
Osserva Valentina, l’altra intervistatrice: Ma la vostra voce non è una voce isolata. Perché nessuno ascolta questa voce? Non sarà che abbiamo raggiunto un tale livello di barbarie che ci porta a voler assistere a uno spettacolo macabro in cui si fa male a qualcun altro per sfogare le nostre frustrazioni? (…) Riprendendo la domanda di Ettore su come ribaltare la narrazione sui CPR io invece chiedo: è un problema di narrazione o è un problema che qualsiasi narrazione utilizziamo, c’è dall’altra parte un desiderio di punire e far soffrire? Risponde Luca: Sicuramente l’indifferenza è diffusa e anche l’accettazione di qualsiasi rimedio per questo grosso problema dell’immigrazione. Il nostro lavoro è smontare la narrazione che sta alla base di tutto questo.
Questo libro mostra come sia slittato il concetto di “accoglienza”, come un centro di detenzione sia stato trasformato nel linguaggio comune in un “centro di accoglienza”, conferendo a questa parola un significato estremamente fuorviante, che con i CPR non c’entra niente. Aggiunge Luca: Una delle più belle iniziative sui CPR è stata proprio lanciata dalla rete Mai Più Lager-No ai Cpr, Asgi e dalla società italiana Medici e Migrazioni. È stata lanciata una campagna che ricorda il “E mi non firmo” di Basaglia che invita i medici a non convalidare le richieste di idoneità per la vita ristretta nei Cpr che permettono l’ingresso delle persone nelle strutture. (…) L’Organizzazione mondiale della sanità sottolinea come le strutture di detenzione amministrativa siano appunto patogene di per sé. Sicuramente sui medici c’è da fare un grande lavoro anche di consapevolezza e informazione. (…) È vero che sapere quello che succede nel CPR è molto difficile, lo abbiamo raccontato anche nel libro quanto tempo c’è voluto, quanto sforzo in termini di richieste, però grazie al lavoro di tante e tante oggi quelle strutture non sono più “buchi neri”: sappiamo quello che succede e dopo aver guardato nel gorgo è necessario cambiare rotta.
2. Quanto vale la vita? Stiamo vedendo che il cambiamento climatico uccide. C’è un costo economico in termini di infrastrutture, perdite nell’agricoltura, di edifici e di interi quartieri e paesi, come è avvenuto in tante zone dell’Emilia-Romagna, l’alluvione DANA in Spagna e i roghi a Los Angeles in California. La transizione energetica non è facile e non sarà rapida, perché implica il ripensamento di molti elementi dell’attuale modello economico, energetico, sociale e politico e dobbiamo accelerarla.
Ci sono progressi nella tecnologia e nella finanza, perfino nella legislazione, ma l’aspetto sociale nel suo complesso è carente. Non possiamo permettere che i piani per le energie rinnovabili restino fermi o vengano rallentati. Per questo è necessario anche un cambio sulla sensibilità politica su un tema tanto decisivo per il presente e futuro del pianeta.
3.L’accessibilità agli alloggi e il diritto alla casa richiede un intervento statale urgente» L’alloggio non è più un diritto fondamentale. La situazione è molto grave, soprattutto per i giovani: non solo i prezzi degli affitti non sono moderati e non esiste un patrimonio di edilizia popolare accessibile per loro, paragonabile a quello di altri paesi europei, ma i loro stipendi sono bassi. Per gli studenti, anche abitare nella residenza universitaria, è proibitivo.
È un dato di fatto che una delle cause del malessere attuale – di cui i populismi approfittano – è la crisi dello stato sociale. Nelle circostanze ormai consolidate di speculazione immobiliare incontrollata, l’accessibilità degli alloggi è una di quelle sfide a cui i governi non rispondono o lo fanno con regolamentazioni timide che non vengono mai applicate.
È urgente un intervento statale che guardi al lungo termine, ma che sia in grado di attuare misure a breve termine, come: a) un maggiore controllo dei prezzi, b) la costruzione di alloggi sociali o la riduzione degli affitti temporanei e degli appartamenti turistici. Il diritto alla casa è un diritto fondamentale e c’è un dovere etico e politico di garantirlo, ma ciò non è stato fatto perché il mercato è molto potente e non c’è abbastanza coraggio politico per porre limiti a questo diritto. Finché non si troverà un accordo che unisca la volontà politica e imprenditoriale di cambiare il modello e non verranno messe in atto misure di controllo efficaci per garantire il rispetto delle normative, le proposte saranno di scarsa utilità. Parlarne e scriverne è importante.
La verità nei media. L’ intelligenza artificiale
Il ruolo della veridicità e dei media è centrale. Secondo l’ultimo rapporto sui rischi del World Economic Forum, il rischio di disinformazione è il più grave che dobbiamo affrontare come società. I lettori hanno perso fiducia nei media, le aziende hanno sempre più interesse a vendere i loro prodotti e servizi attraverso il social network e, a poco a poco, il principale agente di una democrazia costituzionale, quel quarto potere, la libera stampa, si sta offuscando.
Con l’aumento della disinformazione, i fact-checkers hanno cercato di svolgere un argine per la moderazione e veridicità dei contenuti, ma è di questi giorni la notizia che Meta rinuncia al programma di fact-checking ridimensionando drasticamente l’intervento su temi politici e sociali quali, ad esempio, l’immigrazione e il ‘genere’. Zuckerberg ha inoltre aggiunto che la piattaforma collaborerà “con il presidente Trump per difendersi dai governi stranieri che perseguitano le aziende americane intimando loro di censurare di più” (work with President Trump to push back against foreign governments going after American companies to censor more), preconizzando così un allineamento con le posizioni del tycoon a meno di due settimane dal suo ritorno alla Casa Bianca.
Dal punto di vista pragmatico, dobbiamo impegnarci nell’insegnamento. Da un lato, con le aziende: come gestiscono i rischi della disinformazione e quale livello di impegno sociale hanno nei confronti della democrazia, in particolare, dell’ecosistema dell’informazione. Dall’altro lato, con i lettori, affinché possano impegnarsi in un giornalismo di qualità, se non vogliamo che la disinformazione, le bufale e gli pseudo-media dominino la sfera pubblica. Dobbiamo prendere coscienza della fragilità della democrazia liberale. Il ruolo della veridicità e dei media è centrale: in fin dei conti, la veridicità è un processo che ha molto a che fare con i giornalisti, i lettori e una società civile veramente impegnata
Non si tratta di censura e di limitare la libertà di espressione. È importante non confondere il rispetto della libertà di espressione con il rispetto del contenuto di tale libertà, poiché non tutte le opinioni — liberamente espresse — sono rispettabili: possono essere false, calunniose, criminali o semplicemente stupide.
Ma ciò che colpisce più profondamente la democrazia è la campagna contro l’Illuminismo, in cui coincidono sia la destra che la sinistra. Una delle conseguenze è il discredito delle verità e dei valori universali. I partiti nazionalisti, reazionari e antilluministi negano l’universalità delle verità, perché collegano la verità alla propria cultura, nazione, religione o lingua.
Allo stesso modo in cui i nazionalisti reazionari negavano le verità universali, perché solo la nazione o il popolo avevano accesso alla loro verità, i movimenti postmoderni o woke negano la possibilità che un popolo possa comprenderne un altro o un gruppo sociale un altro. Se ognuno ha la propria verità, il dialogo, il dibattito e il pensiero critico sono impossibili.
Da ultimo, dobbiamo essere sufficientemente umani da essere all’altezza della tecnologia che stiamo sviluppando. L’intelligenza artificiale si sviluppa in assenza di regole comuni. Dobbiamo impegnarci per stabilire una governance all’interno di un quadro in cui siano presenti una serie di principi etici, come è stato fatto in materia ambientale. La tecnologia è un vettore fondamentale del potere e la geopolitica è determinata dalla tecnologia. La Cina lo ha capito molto bene fin dall’inizio, motivo per cui ha compiuto sforzi enormi per rispondere a interessi geopolitici nei quali non si adatta a quanto vuole l’Occidente e ha un suo programma.
Pertanto, è importante procedere verso un quadro il più possibile adattabile e comune, in cui allineare lo sviluppo tecnologico, pur essendo rigorosi nell’applicazione e nell’uso di queste tecnologie (raccolta dati, privacy, sicurezza d’uso). La realtà è già ibrida. Non potremmo comprendere la vita senza iper-connettività e digitalizzazione. Ma dobbiamo ricercare l’equilibrio e riorganizzare la nostra vita, che non sarà più intesa esclusivamente in termini di lavoro e presenza fisica. Ciò richiede cambiamenti nei processi organizzativo: la formula sta nell’avere organizzazioni flessibili e adattabili, con leaders che capiscano di cosa si tratta.
Si tratta di un brutale cambiamento di paradigma. Dobbiamo trovare una cultura collaborativa che faciliti gli sforzi e sfrutti gli strumenti a vantaggio di tutti. Dobbiamo essere esseri umani capaci di utilizzare la tecnologia che sviluppiamo e, per farlo, dobbiamo formarci costantemente e comprendere che viviamo in un’epoca complessa che ci offre l’opportunità di risolvere problemi complessi.
(Continua)