In una lunga intervista rilasciata a The Atlantic , il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump , si è autoproclamato il salvatore dell’Ucraina , rivendicando il proprio ruolo nella resistenza del Paese contro l’invasione russa. Nonostante il conflitto con la Russia sia ancora in corso e un cessate il fuoco definitivo sembri lontano, Trump ha sottolineato il suo contributo cruciale nel sostenere l’Ucraina, pur mantenendo un atteggiamento critico nei confronti del suo leader, Volodymyr Zelensky .
“Io ho dato le armi per fermare i tank”
Trump ha dichiarato di essere stato determinante nel fornire all’Ucraina le armi necessarie per contrastare l’avanzata russa. “Sono stato io a dare loro i Javelin che hanno distrutto i carri armati russi,” ha affermato, riferendosi ai missili anticarro che hanno giocato un ruolo chiave nella difesa ucraina.
Secondo il presidente, il momento cruciale è stato quando i carri armati russi si sono trovati impantanati nel fango a pochi chilometri da Kiev. “Se quei carri armati avessero raggiunto Kiev, la guerra sarebbe finita in un giorno,” ha detto, sottolineando che il suo intervento ha impedito la caduta della capitale ucraina.
Trump ha anche citato il primo ministro della Norvegia, definendolo “una persona estremamente rispettabile” , che avrebbe riconosciuto il ruolo decisivo del presidente americano nel prolungare la resistenza ucraina. “Sto rendendo un grosso servizio all’Ucraina, ci credo,” ha aggiunto.
Le Armi Contro Putin: Non Solo Munizioni
Alla domanda su come gli Stati Uniti reagirebbero se Vladimir Putin si mostrasse poco incline al dialogo, Trump ha risposto che il sostegno all’Ucraina non deve necessariamente tradursi in armi convenzionali. “Non si deve parlare per forza di armi con munizioni. Possono essere armi con sanzioni, con sanzioni bancarie. Ci sono tante altre armi,” ha spiegato, suggerendo un approccio più ampio e strategico per esercitare pressione sulla Russia.
Tuttavia, Trump ha fatto una distinzione netta tra il popolo ucraino e il suo leader, Zelensky. “Non sono per forza dalla parte di Zelensky, ma sono dalla parte degli ucraini,” ha dichiarato, ricordando i momenti difficili avuti con il presidente ucraino.
La Lite con Zelensky: Un Episodio Teso alla Casa Bianca
Trump ha rievocato uno scontro avvenuto il 28 febbraio alla Casa Bianca, quando Zelensky avrebbe insistito per ottenere ulteriori garanzie di sicurezza. “Tutto quello che doveva fare era stare zitto. Aveva raggiunto il suo obiettivo,” ha detto Trump, criticando l’atteggiamento del leader ucraino.
Secondo il presidente americano, Zelensky avrebbe minimizzato l’aiuto ricevuto dagli Stati Uniti, affermando che l’Ucraina aveva combattuto da sola. “Vi abbiamo aiutato con 350 miliardi di dollari e l’Europa vi ha aiutato con molto meno denaro,” ha ribattuto Trump, esprimendo fastidio per la mancanza di riconoscimento.
“Questa è la Guerra di Biden”
Trump ha concluso l’intervista con una critica diretta all’amministrazione Biden, attribuendo al suo successore la responsabilità del conflitto in corso. “Questa è la guerra di Biden. Non voglio farmene carico. Non sarebbe mai dovuta accadere. Non sarebbe mai iniziata,” ha dichiarato, ribadendo che sotto la sua presidenza la situazione sarebbe stata gestita diversamente.
Secondo Trump, la guerra è ormai agli sgoccioli: “Durerà più o meno una settimana. Siamo agli ultimi colpi,” ha detto, lasciando intendere che una risoluzione potrebbe essere imminente.
Un Leader Divisivo tra Elogi e Critiche
Le dichiarazioni di Trump riflettono il suo stile unico e controverso, che mescola autocelebrazione, pragmatismo e critiche dirette. Da un lato, il presidente rivendica il merito di aver sostenuto l’Ucraina in un momento cruciale, dall’altro non esita a sottolineare le difficoltà nei rapporti con Zelensky e a criticare l’approccio dell’amministrazione Biden.
Mentre il conflitto in Ucraina continua a evolversi, le parole di Trump offrono uno spaccato delle dinamiche complesse che caratterizzano la politica estera americana e il ruolo degli Stati Uniti come mediatori in uno dei conflitti più drammatici del nostro tempo.
La sua visione, seppur divisiva, pone interrogativi sul futuro della guerra e sul ruolo che la leadership americana continuerà a giocare nella ricerca di una pace duratura.