Ancora una volta in Italia si è compiuto un passo indietro. C’è chi continua a dire no all’indipendenza e alla possibilità di scelta che le donne hanno conquistato il 22 Maggio del 1978, giorno in cui, in Italia, è entrata in vigore la legge 194: questa, garantita dallo Stato, ha depenalizzato e disciplinato l’accesso all’interruzione di gravidanza, salvando la vita di centinaia di donne e quella di molti bambini che un futuro non l’avrebbero mai avuto. Il 4 Ottobre 2018 l’Italia ha compiuto un grande passo indietro mettendo sotto attacco 40 anni di diritti, dopo il caso dell’approvazione al Comune di Verona di una mozione leghista anti-abortista, trasformandola magicamente, con l’appoggio del sindaco Federico Sboarina, in “Città a favore della vita”. La mozione 434, passata grazie anche all’appoggio della capogruppo del Pd Carla Padovani, nota per aver espresso posizioni critiche sulle unioni civili e sui gay, prevede dei finanziamenti rivolti ad associazioni cattoliche con l’obiettivo di promuovere iniziative contro l’aborto. L’obiettivo del “Comitato No 194”, organizzazione antiabortista fondata nel 2009 dall’AVV. Pietro Guerini, è abrogare con un referendum la 194, sostituendola con una legge che penalizzi donne e medici con la reclusione da 8 a 12 anni in caso di interruzione volontaria di gravidanza.
Anche Papa Francesco, durante l’udienza generale dello scorso 10 Ottobre, ha tuonato prevedibilmente contro l’aborto come atto contro la vita, paragonando una donna che sceglie di interrompere la sua gravidanza all’“affittare un sicario per risolvere un problema”. Salvaguardare la legge 194 è diventata una battaglia di protesta che vede in prima linea associazioni femministe come “Non Una Di Meno”, presenti anche durante la riunione del consiglio comunale di Verona. Le attiviste, con indosso copricapi e mantelli rossi, sono state trattenute nell’androne del consiglio comunale prima che venissero loro riconsegnati i documenti, sottratti senza una motivazione. Non hanno voluto sentir ragioni i 21 voti a favore che hanno portato la mozione, alla fine, ad essere approvata. La 194 è una legge nazionale, tuttavia lascia libera scelta ai comuni, come avvenuto a Verona, di poter mettere in discussione 40 anni di conquiste.
A dire no all’aborto, secondo la Laiga – Libera Associazione Italiana Ginecologi per l’applicazione della legge 194, sarebbero quasi il 90% dei medici, specie se si tratta di aborti dopo la dodicesima settimana. Nei sette ospedali di Roma che eseguono aborti terapeutici, i medici disposti a farlo, però, sono soltanto due, e tre su sessanta, invece, al Secondo Policlinico di Napoli. Per non parlare della situazione tragica nel resto del Sud Italia che vede interi ospedali obiettori di coscienza, con la costrizione di rivolgersi alle cliniche private o, soprattutto per le immigrate, a pratiche clandestine o al mercato nero delle pillole abortive. Il tema dell’aborto ha fatto clamore mediatico anche a Ferrara, dove l’esponente di Fratelli d’Italia Alessandro Balboni, ha ricalcato la mozione approvata nella città Veneta, proponendo “iniziative per il sostegno alla maternità e alla prevenzione delle condizioni che portano all’aborto”. In risposta a Balboni c’è la dura posizione della segretaria comunale Ilaria Baraldi: “Eccoci servita la nostra pillola di oscurantismo quotidiana, con la riproposizione della solita idea di donna soggetto debole che va paternalisticamente tutelata. Una congerie di presunzioni perfettamente in linea col fetore nazionale. Sia chiaro: Ferrara non è Verona”. Moralisti e obiettori di coscienza a parte, la legge 194 va rispettata e la sua applicazione deve continuare ad essere garantita dal nostro Stato, perché tutt’ora in vigore.
(Foto dalla pagina Facebook dell’associazione “NON UNA DI MENO”: si ringrazia)